Opinioni & Commenti

Giovani e incidenti stradali, una sfida alla morte per dare un senso alla vita

di Bruno Frediani

Aumenta in modo sempre più preoccupante il numero dei giovani che muoiono o subiscono gravi danni per incidenti della strada. Come combattere questo fenomeno? Come arginarlo?

Quando gli adulti e le istituzioni si pongono questi quesiti, cercano immediatamente rimedi e risposte quasi come se la preoccupazione di agire e di trovare subito soluzioni fosse dettata dal bisogno di non pensare, di non mettersi in discussione e di non modificare quell’apparente equilibrio nel quale si sono assestati.

Si dice, per esempio, che i giovani muoiono perché escono troppo tardi dalle discoteche, e allora si cerca un rimedio immediato: «anticipiamone la chiusura». Oppure: «ci vuole più educazione stradale nelle scuole», come se i giovani morissero perché non conoscono il codice della strada.

Esperienze condotte da anni nella prevenzione di comportamenti a rischio, come l’abuso di droghe, hanno ampiamente dimostrato l’inefficacia di metodi basati sull’informazione circa gli effetti dannosi delle sostanze stupefacenti e la dissuasione al consumo. Sembra, anzi, che una tale informazione induca ancora di più i giovani alla trasgressione. Dovremmo allora domandarci: perché i giovani tendono a trasgredire? Ma la trasgressione non riguarda solo i giovani. Sono numerose le persone che hanno anche rilievo e visibilità nella società che si fanno vanto di trasgredire norme e valori ritenuti affermati. Per restare nel nostro tema, proprio in questi giorni, sono rimasto colpito dalla notizia di un deputato italiano al Parlamento europeo che si è vantato pubblicamente di divertirsi, alla sera, a percorrere con la sua potente automobile a 316 km l’ora tratti di autostrade tedesche sulle quali non c’è limite di velocità.

Interrogato se non avverta la responsabilità civile e morale dell’esempio, il parlamentare europeo ha affermato che non ha infranto nessuna legge e che il suo compito non è quello di dare esempi e di comunicare valori, ma di promuovere leggi giuste.

È solo un esempio fra tanti di quanto oggi da parte degli adulti e delle istituzioni si tenga un atteggiamento rinunciatario e riduttivo del proprio ruolo e delle proprie responsabilità rispetto alle giovani generazioni.

I giovani avvertono questo orizzonte chiuso e che alla loro generazione viene negata la possibilità di un futuro migliore: «manca loro il respiro». I giovani non avvertono il pericolo della trasgressione, perché sono troppo impegnati a cercare questo «respiro», un senso, cioè, per la propria esistenza e identità. Corrono lungo le strade, perché, incalzati da una profonda angoscia, cercano in quel gesto particolare, che può anche uccidere, quella considerazione che non trovano da nessun’altra parte. La corsa in moto o in auto assume il significato di una lotta contro quel fantasma grigio che cerca di racchiuderli e di soffocarli dentro una uniformità e una omologazione che non li afferma.

Troppe promesse fatte dalla società non vengono mantenute. Vengono confinati in ruoli di consumatori e spettatori, nei quali non riscuotono alcuna ammirazione, di cui, invece, vanno alla ricerca. Essere ammirati equivale a sentirsi tutelati, ad avere garantita una sopravvivenza, un ruolo. In mancanza della stima di sé, si cerca l’ammirazione degli altri.

I giovani passano dalla condizione di ammirazione quasi eccessiva di cui godono in famiglia durante l’infanzia, ad una non-considerazione sperimentata nell’adolescenza e nella giovinezza, perché il mondo che trovano a quelle età è fatto di promesse non mantenute, di assenza di luoghi di aggregazione, un mondo in cui le istituzioni locali li ignorano, la scuola insegna le materie e rinuncia a educare e a fare cultura, la famiglia fornisce solo beni e prestazioni materiali, le chiese danno solo servizi liturgici e catechetici…

Proviamo a pensare la scuola,la parrocchia e il territorio che mettano al centro la vita dei giovani, animando le loro esistenze, facendo conoscere loro non solo il proprio specifico, secondo una logica autoreferenziale, ma modelli culturali, stili di vita e comportamenti che elevano lo spirito e facilitano le relazioni, gli scambi interpersonali e l’autorealizzazione. Ma per questo è necessario un cammino fatto di ricerca e non solo di affermazioni, di impegno per la promozione dell’alternativa e non solo per la conservazione dello status quo, di ricerca sincera del bene comune e non del proprio. Solo così i giovani potrebbero uscire da quella platea dove sono stati relegati e scoprire che si può essere ammirati per un impegno ed una lotta che hanno un senso.

Allora forse quella mano stretta intorno all’acceleratore o al volante si allenterà e un giovane non cercherà più rabbiosamente ammirazione sfidando la morte, ma la troverà affermando la vita.