Opinioni & Commenti

Il Crocifisso nei luoghi sanitari, un simbolo che può essere onorato da credenti e non credenti

di Enrico Rossiassessore regionale al Diritto alla salute

Ho sempre guardato con grande attenzione alla figura del Cristo. Forse il mio modo di pensare a questa straordinaria persona è stato segnato dal momento storico in cui si è svolta la mia formazione giovanile. E quindi dall’interesse che tanti giovani dimostravano, e che ancora dimostrano, per chi è capace di pronunciare parole nuove e di rovesciare il paradigma dominante. Ho visto e vedo in lui un grande rivoluzionario, colui che ha fatto scandalo proclamando gli uomini uguali, sfidando un mondo in cui l’eguaglianza era concetto lontanissimo dalla mente umana e in cui, al contrario, si praticava la schiavitù come uno dei perni dell’organizzazione politica e sociale.

Cristo proclama tutt’altra verità, dice beati i poveri, gli umili, i miti, i perseguitati. In un mondo permeato di violenza predica l’amore per il prossimo, alla sopraffazione contrappone la comprensione e il perdono. Sovverte consapevolmente un mondo e va incontro innocente ed inerme alla tortura e a una condanna infamante.

Conosco bene la potenza dei simboli. La loro forza trasforma le menti e trascina i popoli. E so anche che, durante il suo percorso storico, ogni simbolo raccoglie nella densità della propria sfera valori e riferimenti diversi.

Così la croce, nelle diverse forme, è stata oggetto nel corso della storia di una molteplicità di interpretazioni. Segno di disonore e punizione di ladri e banditi per i romani di allora, diventa nel corso del tempo simbolo di gloria e di trionfo. Il legno viene coperto di oro, pietre preziose, testimonianza di ricchezza e potere. Viene brandita come spada con cui combattere e distruggere i nemici, innalzata come confine che marca il territorio.

Ma in tutta la storia resta anche un piccolo segno di speranza portato semplicemente sul cuore, riconoscimento fraterno, passaporto in terra straniera. E se interpreto la croce, anzi, il Cristo crocifisso, come il simbolo di una indicibile sofferenza, di una sconfitta riscattata dall’uomo con l’estremo dono di sé, come segno di fraterna eguaglianza nella condizione umana che sfida ogni convenzione e potere, perché toglierla alla vista? Un simbolo così forte non va né imposto né bandito.

Ho a lungo frequentato luoghi sanitari, che sono luoghi di sofferenza e di difficile impegno umano e professionale, oltre che parte cospicua dell’attività della pubblica amministrazione. Ospedali, rianimazioni, hospice, residenze per anziani. Non sempre, per le ragioni più diverse, il crocifisso è presente. Quello che si cerca di fare, con buon senso, nelle nostre strutture è dare risposte rispettose della cultura e della spiritualità di ciascuno, senza offendere e senza far sentire escluso nessuno.

La cosa che i nostri pazienti chiedono soprattutto è, prima ancora di buone cure, quella di essere accolti, ascoltati, informati, aiutati senza riserve, senza distinzioni. Questo noi dobbiamo loro e se manchiamo in qualcosa o falliamo dobbiamo scusarci e rimediare. Chi opera in queste strutture, se ha fede, crede che comunque il Dio che si è fatto uomo guarda le sue azioni e scruta nel suo cuore. Chi, come me, non crede, se opera bene onora quell’uomo crocifisso, e con lui il suo prossimo e se stesso.

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