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Il Natale «sbianchettato» a scuola

Proviamo a immaginare cosa sarebbe la mensa scolastica dei nostri figli se i cuochi dovessero sottostare ai gusti di ogni genitore. «Mio figlio non mangia verdura»: via fagiolini e cavolfiori. «Mio figlio è vegetariano»: via braciole e petti di pollo. «Al mio bambino piace solo la pasta in bianco». Ecco, pasta in bianco per tutti. Pensiamo a cosa sarebbero i libri di storia: «A me non piace che studi l’antica Roma, perché è il modello a cui si ispira l’imperialismo americano»: via Giulio Cesare. «Il medioevo è un periodo troppo violento»: via castelli e cavalieri. «Non mi piace la Rivoluzione francese»: zac, ghigliottinata. Ecco, libri in bianco per tutti.

Eppure ogni anno quando si arriva a Natale nelle nostre scuole succede puntualmente qualcosa del genere. Sparisce il presepe, spariscono Gesù bambino e gli angioletti dagli addobbi. Stavolta è toccato ai canti di Natale che a qualcuno sono sembrati troppo… natalizi. È successo alla scuola elementare Ambrosoli di Ugnano dove pare che gli insegnanti, su richiesta di un genitore, abbiano «sbianchettato» i testi di alcuni canti preparati per il recital di Natale togliendo riferimenti a Betlemme, ai pastori, alla nascita di Gesù. Ecco: Natale in bianco per tutti.

Quando succedono queste cose, in genere ci si nasconde dietro la presenza di alunni stranieri. Nonostante il presidente della comunità islamica di Firenze, Izzedin Elzir, si sgoli da anni a ripetere che i musulmani non hanno niente contro il presepe e che anzi trova giusto che i bambini, qualsiasi sia la loro appartenenza culturale o religiosa, conoscano usanze e tradizioni del luogo in cui vivono. La realtà è che dietro queste decisioni c’è il desiderio di qualcuno di marcare la «laicità» della scuola, dove per «laicità» si intende la cancellazione di qualsiasi riferimento religioso.

Dispiace che la scuola si pieghi a queste richieste, abdicando completamente al suo ruolo di agenzia educativa. Dispiace che insegnanti e dirigenti rinuncino a spiegare a questi genitori che conoscere l’origine storica del cristianesimo è un’esigenza culturale, serve ai loro figli per capire tanti aspetti della realtà che ci sta intorno: usanze e tradizioni come quelle legate al Natale, ma anche Giotto, Dante, Mozart.  Viene da chiedersi cosa farebbero queste maestre se dovessero portare i bambini a visitare gli Uffizi: chiederebbero di coprire Madonne e Crocifissi per non urtare le «sensibilità culturali» di qualcuno?

Se le classi scolastiche sono «plurali» e contano bambini di culture e religioni diverse, invece di cancellare ogni religione, rispettiamole tutte, ognuna nella sua libertà: parliamo del Natale dicendo cos’è il Natale, senza nascondere Gesù dietro stelline e rami d’abete. E magari quando sarà il momento spiegheremo anche cos’è il Ramadan che il compagno di classe musulmano sta celebrando, o il Bar Mitzvah che l’amico ebreo si prepara a festeggiare. Cosa è meglio per i nostri figli: libertà religiosa o «pasta in bianco» per tutti?