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Il Porcellum è morto, non ci sono più alibi

Bisognerà avere ancora pazienza. Lo scarno comunicato della Corte costituzionale dice con chiarezza che questo parlamento è pienamente legittimo e dunque abilitato a legiferare e nello stesso tempo che non può essere sciolto almeno fino alla pubblicazione della sentenza. Che verosimilmente ritaglierà la legge Calderoli – che Sartori ribattezzò Porcellum – in modo che resti comunque applicabile appunto in caso di scioglimento anticipato.

L’incognita è se nei prossimi mesi le forze politiche saranno in grado di maturare un accordo «in positivo» per un nuovo testo condiviso o alcune riusciranno a coalizzarsi per “imporne” uno. E questo è il vero punto. La decisione della Consulta – una sorta di extrema ratio del sistema – infatti è proprio il segno della grande debolezza di tutti gli attori.

Si respira il clima di vent’anni fa, quando per cambiare la legge elettorale servì una spinta esterna (allora il referendum). Ma, allora come ora, lo strumento è “abrogativo”, cioè interviene a modificare la normativa esistente, non può definirne una nuova. A meno che la nuova non risulti semplicemente dall’abrogazione della vecchia e sia scritta “sotto dettatura”, come il cosiddetto Mattarellum nel 1993.

Così la palla ritorna al Parlamento e ai partiti. Con tutte le incognite e le contraddizioni: si parla tanto di bipolarismo, ma i poli usciti dalle urne e confermati – per quel che vale – dai sondaggi, sono infatti almeno tre, senza considerare quello, maggioritario ormai, dei non votanti.

Un sistema elettorale ideale non esiste. Per questo anche nella nostra Costituzione saggiamente si è deciso di non costituzionalizzarne uno – come pure qualcuno all’epoca voleva per il sistema proporzionale. I sistemi elettorali possono essere cambiati proprio per rispondere a una duplice esigenza: da un lato rappresentare le opinioni e le forze politiche e dall’altro garantire la governabilità. Sono due esigenze tendenzialmente contraddittorie, che tuttavia devono essere composte, pena lo stallo e dunque la decadenza del sistema: salvo in Francia in tutti i principali paesi europei governano oggi delle coalizioni.

Non possiamo chiedere ai sistemi elettorali di costruire artificialmente quello che non esiste in politica. Per questo la Corte ha bocciato un premio senza soglia minima di voti effettivamente raggiunti, disfunzionalità patente man mano che ci si allontani appunto da un bipolarismo più o meno assoluto.

La scelta del sistema elettorale non è un affare tecnico: è una questione eminentemente politica, uno degli atti qualificanti della (buona) politica. Che ovviamente deve tenere conto del quadro generale: che oggi è quello della crisi: gli italiani sono assai preoccupati per il presente e per il futuro.

Sì, possono indulgere alla protesta, spesso non ingiustificata. Ma attendono buon governo. Senza incaponirsi sulle etichette: proporzionale, maggioritario. Serve che il sistema rappresentativo funzioni, a costi molto, molto più bassi di quelli che oggi sopportiamo.