Opinioni & Commenti

Il caso Alitalia metafora del Belpaese

di Giovanni Pallanti

Il caso Alitalia è una metafora dell’Italia degli ultimi decenni. Quando il mondo era diviso in tanti Stati nazionali e le compagnie di bandiera, soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale, erano diventate l’emblema e il motore delle Nazioni più industrializzate. Una Compagnia aerea come Alitalia, negli anni ’60-’70 del secolo scorso, ha rappresentato un ottimo biglietto da visita della italianità nel mondo. Con la globalizzazione dei mercati e con l’apertura delle frontiere è arrivata la crisi anche per Alitalia.

Il governo Prodi aveva quasi raggiunto un accordo con Air France che si sarebbe accollata il deficit del bilancio Alitalia mettendo in mobilità quasi un quarto dei dipendenti della Compagnia.

Il personale di terra, gli assistenti di volo e i piloti sono quasi ventimila unità. I sindacati fecero fallire l’accordo con Air France insieme all’on. Berlusconi che, da capo dell’opposizione, sosteneva che Alitalia non doveva essere venduta allo straniero. Dopo le elezioni politiche di pochi mesi fa Berlusconi è tornato alla guida del Governo e ha favorito la formazione di una cordata di imprenditori italiani per l’acquisto di Alitalia. Questi imprenditori sono guidati da Roberto Colaninno che già è stato protagonista di alcuni affaires imprenditoriali, come l’acquisto di Telecom, con fini altamente speculativi sul piano finanziario, e poi con l’acquisizione della Piaggio di Pontedera dove il rag. Colaninno ha messo i panni dell’imprenditore, senza se e senza ma.

Certamente la presidenza di questa cordata di imprenditori (Cai) con Colaninno è riuscita ad avere l’appoggio di Berlusconi e di Massimo D’Alema che è sempre stato un sostenitore delle iniziative economiche di Roberto Colaninno il cui figlio, deputato del Pd, è il ministro allo Sviluppo economico del Governo ombra guidato dal leader dell’opposizione Walter Veltroni.

L’ Alitalia, quando faceva parte del gruppo Iri, aveva concesso notevoli vantaggi ai piloti che sono, oggi, circa 2mila. La cordata di Colaninno glieli ha fortemente ridotti nel piano industriale per il rilancio di Alitalia presentato ai Sindacati. I piloti e la Cgil non hanno firmato l’accordo che invece è stato sottoscritto da altri tre importanti sindacati: Cisl, Uil e Ugl.

Il Governo Berlusconi aveva costituito con il commissariamento dell’Alitalia affidato ad Augusto Fantozzi una bad company che si è accollata tutti i debiti della vecchia gestione Alitalia. A Colaninno e soci sarebbe rimasto solo la polpa dell’affare. Un privilegio molto grande che rientra nella tradizione tutta italiana di socializzare i debiti delle grandi compagnie industriali salvaguardando la privatizzazione dei profitti. Se Alitalia verrà salvata, privatizzandola, questo peccato d’origine nessuno lo potrà sottovalutare. In buona sostanza, dello Stato, finanziato con le tasse di tutti, hanno bisogno, in questa vicenda, sia gli industriali che vorrebbero comprare la Compagnia di bandiera, sia il sindacato dei piloti (Anpac) sia la Cgil.

Ecco la metafora italiana: lo Stato fa male ad intervenire quando non tutela i miei interessi.

Fuor di metafora, speriamo, a questo punto, che Alitalia non fallisca e che venga trovata una soluzione congrua, per tutti, visto il contesto di questa vicenda.