Opinioni & Commenti

Il monastero di clausura, dove si vive la familiarità con il mistero

Nei nostri giorni l’esistenza delle claustrali da una parte sembra divenut più familiare a molti e il suo significato pare via via meglio compreso e valorizzato; dall’altra, conserva quell’aura di «mistero» che se non cessa di dare occasione a distorsioni e banalizzazioni, comunica anch qualcosa di profondamente vero.

Perché il mistero c’è. È alla radice dell’esistenza di ciascuno. Di fronte al mistero la mente si smarrisce per la propria inadeguatezza, ma il cuore si dilata nell’esperienza.

Le claustrali sono chiamate a familiarizzare col mistero. Questo mistero che chiamiamo Dio, lo crediamo rivelato nei gesti e nelle parole di Gesù il Cristo, lo ascoltiamo raccontato lungo i secoli da innumerevoli uomini e donne che gli hanno dato forma con le scelte, la testimonianza, con il dono di sé.

La familiarità col Mistero non si improvvisa nè avviene per incanto, ma si nutre dello «stare insieme», della risposta all’appuntamento che Dio dà a ciascuno. E alcuni «luoghi» sono privilegiati: la sua Parola da leggere, da meditare, in cui «specchiarsi»; l’Eucaristia celebrata, da cui lasciarsi insegnare a essere donne vere, donne «pasquali»; i «piccoli della terra» che bussano alla porta, nei quali riconoscere Gesù, come lui stesso ha indicato («Queste cose fatte a uno di questi miei fartelli più piccoli le avete fatte a me»).

Il monastero è una particella di mondo, eppure la claustrale è lì per abbracciare a colpo d’occhio – l’occhio interiore – l’universo. Nel monastero il tempo è cadenzato uniformemente, eppure la claustrale è lì per accogliere nel cuore e nella sua propria vita il tumultuare della storia – quella dell’umanità e quella del singolo – tenendola insieme come momento dell’eternità già iniziata.

Il monastero è il luogo dell’incontro. Dell’incontro con Dio, sì, certamente: un incontro mai scontato, per molti forse problematico ma non per questo da ignorare e minimizzare. Perché è l’incontro con la Vita, con l’Amore, con la Gioia.

La claustrale apprende dai salmi il linguaggio di questo incontro: parole di tenerezza e di audacia, i gratitudine e di sconcerto, di lode, di sofferenza, di stupore. Con i salmi si sa osare: «Signore, svegliati, vienimi incontro e guarda». Sembra forse dormire Dio oggi nell’esperienza di tanti?

In monastero, la preghiera delle claustrali non si stanca di rammentare a Dio le sue promesse (Isaia 62, 6-7) anche a nome di chi non pare interessato al loro compiersi. E a lui presenta il grido di chi si affida alla intercessione di queste donne a ciò dedicate per missione ricordando che sempre «la grazia del mio Dio mi viene in aiuto», non per magia ma per fedeltà.

Dio è fedele; perciò ha senso che le claustrali «rimangano» sempre in quel luogo, stagione dopo stagione, aperte all’incontro con ogni realtà del cuore umano con cui entrano in risonanza perché possa vibrare alle frequenze del cuore di Dio.

*Clarissa