Opinioni & Commenti

Iran, per Ahmadinejad un trionfo inaspettato

di Romanello CantiniBisogna ammettere che in questa sorprendente vicenda delle elezioni iraniane stampa e commentatori hanno fin dall’inizio offerto degli oroscopi rivelatisi uno dopo l’altro fallimentari. Si è temuta all’inizio una grande estensione di massa e la partecipazione al voto ha poi superato il limite decente del 60%. Si è previsto poi un ballottaggio per il candidato moderato Akbar Hashemi Rafsanjani e il candidato innovatore Mostapha Moin e si è avuto invece un ballottaggio tra il primo e l’ignorato candidato conservatore Mahmood Ahmadinejad. Per finire si è scommesso sulla vittoria al ballottaggio di Rafsanjani ed ha vinto a sorpresa Ahmadinejad, il sindaco di Teheran di cui fino a due settimane fa nessuno aveva dato notizie come terribile concorrente. Sembra quasi che i mass media occidentali abbiamo adottato il metro di giudizio della borghesia di Teheran per cui quello che in fondo conta sono i centimetri di velo che si riducono sulla fronte delle donne iraniane senza andare a misurare l’umore dell’Iran più profondo, quello delle classi sociali più infime e delle popolazioni più periferiche che sono quelle che hanno votato per Ahmadinejad sperando in un miglioramento del loro tenore di vita dopo otto anni di presidenza del “riformatore” Mohammad Khatami durante i quali è cresciuta povertà, inflazione e disoccupazione.Ora il trionfo inaspettato di Ahmadinejad che, ventisei anni fa, fu fra coloro che presero in ostaggio gli americani nell’ambasciata di Teheran e, un anno dopo, si arruolò volontario nella guerra contro l’Iraq, costituisce una sfida per molti e soprattutto per gli Stati Uniti che si aspettavano da questo appu ntamento elettorale un risultato meno disastroso almeno dal loro punto di vista. Dopo aver tanto puntato sulle pianticelle di democrazia che attecchirebbero nel mondo islamico dall’Afghanistan all’Iraq, alla Palestina, al Libano ora in Iran si ha un risultato che va esattamente nella direzione opposta a quella sperata a Washington.

Il neopresidente iraniano appena eletto ha espresso per la verità, nonostante i timori, posizioni relativamente moderate che su due questioni cruciali non ha lasciato dubbi. La prima è quella del petrolio per il quale Ahmadinejad ha dichiarato che l’Iran non si farà condizionare da nessuno. L’Iran ha infatti su questo piano un’assoluta posizione di forza come seconda riserva di oro nero mondiale dopo l’Arabia Saudita. In un momento in cui il prezzo del petrolio sta crescendo, l’Iran può trovare alleati non solo nel Venezuela dell’antiamericano Chavez e nella Russia di Putin che già collabora al nucleare persiano, ma anche nelle nuovi grande potenze emergenti come la Cina e l’India che sono sempre più grandi consumatrici e poverissime produttrici di energia. In questo quadro il presunto isolamento di Teheran di cui si parla a Washington in questi giorni è e sarà sempre più un auspicio anziché una realtà.

La seconda questione grave su cui Ahmadinejad ha già promesso che l’Iran non tornerà indietro è quella della produzione dell’energia nucleare considerata soprattutto come un fattore di prestigio e potenzialmente trasformabile in arma nucleare con il processo di arricchimento dell’uranio che sembra già iniziato. L’eventualità di un armamento nucleare iraniano è di fatto una sfida in rotta di collisione con Israele che non ha mai tollerato che nascesse un’altra potenza atomica in Medio Oriente come Tel Aviv dimostrò a suo tempo bombardando il reatt ore nucleare di cui si era dotato Saddam Hussein. Ma per trattare su questo piano con l’Iran oggi non basta più il premio di consolazione dell’ammissione all’Organizzazione mondiale del commercio promesso dagli Stai Uniti o la proposta di collaborazione in altri programmi produttivi avanzata dall’Europa in cambio della rinuncia all’opzione nucleare. Ora c’è bisogno di una diplomazia e di un dialogo che prendano in considerazione quella sorta di orgoglio nazionale che è il responsabile numero uno della vittoria del nuovo presidente iraniano.