Opinioni & Commenti

La riscossa del cristiano normale, alla faccia di monti e circoli

di Umberto Folena

Io cerco di essere un cristiano. Ci provo. Dovrebbe bastare: il nome «cristiano» è una bell’impresa portarselo in spalla così com’è, senza la zavorra di aggettivi supplementari. Eppure pare che non basti. Prendiamo Fausto Bertinotti. Le cronache solerti ci hanno ragguagliato sul suo week-end sul Monte Athos, lui comunista libertario nella repubblica monastica guidata da un abate eletto a vita, proibita al genere femminile, con i vespri cantati e la preghiera mattutina alle 5,45. Che succede? Bertinotti, ci ammoniscono, è un uomo in ricerca; come se i cristiani lisci, invece, avessero già trovato tutto quello che c’è da trovare e la verità fosse qualcosa che si acchiappa una volta per sempre e si conserva nel taschino.

E Giuliano Ferrara? Rispondendo a un lettore, sul Foglio, scrive: «Noi pensatori giudaici e cristiani». E l’altro «ateo devoto», Marcello Pera? Domenica scorsa, nell’articolo (titolo: «Per l’Europa il vero nemico è la Chiesa») che segnava il suo ritorno sulla prima pagina della Stampa, scriveva: «L’odio contro la Chiesa e le sue gerarchie (…) e l’apostasia del cristianesimo è ciò su cui oggi si basa la Chiesa». Abbastanza apocalittico per un ateo, sia pure devoto. Teocon di qua, teodem di là.

Ma non basta. Nel centrosinistra sessanta politici cristiani firmano un robusto richiamo alla «laicità», cosicché chi credeva di essere laico cristiano è costretto a ripensarci e, solo perché dà retta al Papa e ai vescovi, a scoprirsi l’etichetta «clericale» cortesemente appiccicata addosso: grazie di cuore. Da quelle parti c’è Romano Prodi che un dì neanche troppo lontano si definì «cristiano adulto», evidentemente per distinguersi da quelli che per lui non lo erano: saranno stati «infanti», «adolescenti», «bacucchi». Grazie bis, ne sentivamo il bisogno.

Ci domandiamo: ma i cristiani normali, quelli a cui non viene in mente di diramare comunicati anche perché nessuno se li filerebbe, quelli che non avvertono la missione storica di impartire lezioni di autentica cristianità agli altri, questi cristiani miti tra cui ci iscriviamo volentieri, che devono pensare? A una cosa sola: a essere buoni cristiani e basta, sull’Athos come in parrocchia, in Parlamento come a casa nostra, nei circoli intellettuali (bolognesi e non) come nei nostri mille piccoli gruppi. Umili, ma anche orgogliosi di essere cristiani normali. E poi magari la storia la facciamo noi più di loro.