Opinioni & Commenti

Mani pulite, la via sbagliata per un giudizio sereno

di Romanello Cantini

In questi giorni in cui si sta tanto discutendo se riabilitare il Craxi «statista» rispetto al Craxi condannato in tribunale rispolverando gira e rigira il vecchio assunto machiavellico per cui si valuta il fine e non i mezzi forse si è scelta la via sbagliata anche per cercare di dare un giudizio sereno sulla vicenda di Mani Pulite a quasi dieci anni di distanza dal suo inizio.

Discutere di Mani Pulite non significa assolvere con la cancellina del tempo e la presunta assoluzione hegeliana della storia chi è stato punito in base alla legge, ma tenere d’occhio soprattutto la vicenda di chi è stato condannato e di chi è uscito innocente da quella tempesta. Perchè semmai è proprio la troppo grande sproporzione fra inquisiti e condannati che impedisce i far coincidere tutta la vicenda di Mani Pulite con una salutare e correttissima bonifica giudiziaria del malcostume imperante nel nostro paese.

Sette anni dopo il terribile anno 1993 per quanto riguarda ed esempio la Dc l’elenco dei condannati non è proprio all’altezza della raffica di avvisi di garanzia che allora si abbatterono sullo Scudo Crociato. I nomi più noti di chi ormai non solo è stato condannato, ma ormai ha già scontato la pena sono quelli dell’ex-ministro dei lavori pubblici Giovanni Prandini condannato a sei anni e quattro mesi, di Arnaldo Forlani condannato  a due anni e quattro mesi già scontati in affidamento ai servizi sociali e del povero Saverino Citaristi bersaglio a suo tempo di ben 64 avvisi di garanzia come segretario amministrativo della Dc e condannato a diciotto anni di reclusione che solo l’età avanzata e le pessime condizioni di salute gli hanno permesso di evitare.

Ma  anche rimanendo fra i nomi eccellenti sono forse meno le condanne che le assoluzioni. Fra queste stranota è quella dell’onorevole  Andreotti prima da parte del tribunale di Perugia e poi  da quello di Palermo. Ma altrettanto significativa è l’assoluzione di Antonio Gava dopo essere passato per sei mesi di arresti domiciliari, otto anni di processi con altrettanti contemporanei interventi per problemi di salute e infine 200.000 euro di risarcimento per l’ingiusta detenzione pochi giorni prima della sua morte un anno e mezzo fa.

Allo stesso modo, dopo essere stato assolto, è stato risarcito con 100 mila euro l’ex-sindaco di Roma Clelio Darida per tre mesi di detenzione a Regina Celi.

Anche l’ex presidente dell’Iri Franco Nobili fu tenuto per settantatre giorni a san Vittore prima di essere definitivamente assolto  nel 1999. Pochi giorni fa è stato assolto definitivamente assolto anche Calogero Mannino dopo ventitrè mesi passati a Rebibbia e altrettanti agli arresti domiciliari e quattro processi durati diciassette anni. L’elenco delle assoluzioni più o meno clamorose potrebbe continuare con i nomi dell’ex presidente della Regione Lombardia, Bruno Tabacci, degli ex- ministri Riccardo Misasi e Remo Gaspari.

E per quando riguarda un quadro più generale  fra l’elenco impressionante di 88 parlamentari democristiani inquisiti nel 1993 già da una indagine condotta dieci anni 62 di costoro risultavano o assolti o con i proprio caso archiviato.

I casi di incriminazione con successivo riconoscimento di innocenza non ha risparmiato nemmeno la nostra regione. Quattro consiglieri regionali, Francesco Colucci (Psi), Marco Marcucci (Pds). Piero Pizzi (dc) e Paolo Benelli (Psi) furono a suo tempo incriminati e prosciolti così come i deputati democristiani Raffaele Tiscar e Piero Angelini quest’ultimo oggetto di tre indagini da cui è uscito con due assoluzioni e una archiviazione.

Ciò non toglie che la magistratura abbia colto nel segno in non pochi casi se confrontati con la correttezza assoluta che sempre e a tutti i politici si deve chiedere. E non si può rimproverare alla magistratura di essere andata a caccia di pesci troppo importanti. Semmai gli si può far carico di avere steso una rete a strascico troppo indiscriminata su tutta la classe politica con la conseguenza di dover  poi ributtare in mare troppi pesci  ormai purtroppo boccheggianti. Ma proprio per questo lato dolente e in fondo oscuro della vicenda la riabilitazione giudiziaria dei riconosciuti colpevoli è  la via peggiore anche per cercare di elaborare un discorso sereno, ma anche critico su Mani Pulite.  In fondo nello stesso partito socialista c’era un caso  davvero importante e scandaloso da cui partire. Quello dell’ex-segretario ottantenne Giacomo Mancini accusato di concorso in associazione mafiosa  nel 1993 e assolto solo nel 1999.