Opinioni & Commenti

Omosessualità sovraesposta e società naturale fondata sul matrimonio

di Andrea Fagioli

Da Bersani a Cecchi Paone a Cassano, tutte le occasioni sono buone per tornare a parlare dell’omosessualità. Anche il nostro Consiglio regionale è tornato sul tema dando involontariamente l’opportunità all’assessore Cristina Scaletti di riaffermare «convintamente» la scelta di concedere il patrocinio della Regione al primo «Toscana pride» che il prossimo 7 luglio a Viareggio riunirà, come si legge in un comunicato ufficiale della Giunta regionale, il «popolo lgbtqi (lesbiche, gay, bisex, transex e intersesso)».

Il primo dato, pertanto, è che la questione è sovraesposta. Bastano le affermazioni dell’opportunista di turno per montare e far montare casi, complici giornalisti che dovrebbe avere un po’ più di rispetto se non per gli altri almeno per se stessi e la loro professione. Fatto sta che una risposta da «Bar Sport» (sbagliata, ma sincera) finisce per fare più notizia (di gran lunga) dei milioni di fedeli radunati intorno al Papa per festeggiare la famiglia, quella per noi vera, quella fondata sul matrimonio tra uomo e donna.

Anche alcuni nostri lettori, però, a testimonianza della cortina fumogena che sovrasta questa materia, ci criticano da fronti opposti perché insistiamo nel dire no ai matrimoni gay, mentre dichiariamo degne di attenzione, da un punto di vista strettamente civile, quelle coppie eterosessuali non sposate ma stabili e con figli.

Vogliamo ribadire ancora una volta, forti di documenti a suo tempo prodotti anche dai vescovi della Toscana, che la famiglia, «società naturale fondata sul matrimonio», deve essere adeguatamente valorizzata, sostenuta e favorita dalle Istituzioni e non può mai essere equiparata ad altre forme di convivenza, non per un discorso confessionale, ma perché riveste «un ruolo essenziale nel cammino della nostra società» in quanto primaria esperienza della socialità umana, luogo naturale per la procreazione e l’educazione dei figli, esperienza privilegiata di solidarietà tra le generazioni.

Con questo non si nega che il legislatore debba tener conto di situazioni nuove. Le convivenze però esprimono una tipologia molto varia e non hanno nei fatti una natura omogenea: «Altro, ad esempio, è l’unione tra un uomo e una donna, tanto più se hanno figli, altro è l’unione di persone omosessuali». Proprio questo rende impossibile una disciplina unitaria pur non mettendo in discussione «i diritti-doveri inalienabili e costituzionali di ogni persona».

Certe forme di convivenza vanno considerate, ma nell’ottica dei diritti personali e lasciate al diritto civile e alla valutazione dei giuristi. Potrebbe essere un esempio quello che è successo per Viareggio dove alla convivente di una delle vittime del disastro ferroviario, vista l’eccezionalità del caso, è stata riconosciuta l’elargizione in un primo tempo negata in quanto il convivente non aveva ultimato le pratiche di divorzio. Sarebbe bastato non rivendicarlo subito come un significativo passo in avanti sulla strada di un indiscriminato riconoscimento delle coppie di fatto. Cosa che invece hanno fatto in tanti.