Opinioni & Commenti

Più che le persone sarebbe bene rottamare certe idee e gli estremismi

Su questa terra, tutta la storia del potere è stata segnata dalla rottamazione di persone. Fiumi di sangue hanno bagnato il suolo dell’Europa. Popoli interi si sono trucidati in nome dell’odio per il nemico: un regnante un governante o un leader, non ha importanza. Ciò che conta è che la storia dell’uomo è segnata dal binomio amico-nemico.

E neppure l’età moderna, pur con tutti i suoi contrappesi giuridici, sembra sfuggire alla regola antichissima dell’odio incastonata nel cuore dell’uomo. Basti pensare all’odierno conflitto fra il presidente americano Donald Trump e il dittatore nord coreano Kim Jong-un, che stende sul mondo intero una nube scura di diffidenza, imprevedibilità e persino di terrore legato alla possibilità di un’escalation nucleare.

Tutto questo dovrebbe indurci a indirizzare il nostro sguardo verso le idee che, di volta in volta, dovrebbero essere espulse dall’immaginario collettivo, soprattutto quando la storia ne abbia dimostrato la forza distruttrice nei confronti dell’umanità. E in vista di una campagna elettorale italiana che non nasconde affatto la sua dimensione conflittuale, vale la pena esercitarsi nella rottamazione delle idee che non dovrebbero più trovare spazio nel dibattito politico, se non nel senso della repulsione e del definitivo abbandono. L’elenco non può partire che dagli opposti estremismi di fascismo e comunismo. Due orrori dell’ideologia creatrice di regimi e Stati, capaci di procurare un’infinita lista di sofferenze all’umanità: guerre con milioni di morti, repressioni senza pietà contro le popolazioni, asservimento dei popoli a dottrine liberticide, assoggettamento a tiranni sanguinosi, povertà e distruzione.

Il secolo breve che ci siamo lasciati alle spalle ha visto l’ergersi e poi il crollare di due grandi Moloch, due possenti ideologie capaci di mortificare l’umanità e di privarla dei suoi diritti alle libertà, tutte le libertà, a partire da quella religiosa. Così come ha prodotto l’indottrinamento forzato e l’asservimento a una ideologia di morte e di persecuzione che ha visto nella tragedia della Shoah e dei Gulag il più alto livello di disumanità. Poiché non c’è negazionismo che tenga, rottamare le idee di fascismo e comunismo è un dovere civile.

Eppure, la realtà restituisce il risorgere anche nel nostro Paese di comportamenti, parole d’ordine e nostalgie che meriterebbero l’oblio definitivo. E persino il riaffacciarsi nostalgico in talune formazioni politiche, per ora ai margini del gioco politico. Non di meno, ci sono altre idee che pure dovrebbero trovare ostacoli più forti di quelli che oggi vengono eretti nelle nostre società e nel nostro dibattito pubblico. Ne individuiamo, ad esempio, altre due: populismo e mercatismo. Se il primo consiste nell’esaltazione del rapporto fra il popolo e il leader politico, rendendo inutile ogni tipo di intermediazione propria della democrazia rappresentativa; il secondo è la resa incondizionata alla logica del liberismo e dunque del mercato, in assenza di regolamentazione e di controllo pubblico.

Entrambe queste idee hanno trovato spazio e carburante nei processi di globalizzazione che hanno investito il mondo contemporaneo e i cui effetti negativi si cominciano a intravvedere: dall’indebolimento delle democrazie rappresentative all’impoverimento delle classi popolari, dalla polarizzazione della ricchezza nelle mani di pochi alla riduzione dell’individuo a semplice consumatore. Anche queste due idee sono oggi sottoposte a un profondo vaglio critico e appare quanto mai necessario dotarsi di idee nuove per governare un mondo che porta con sé tutti i segni premonitori dell’entropia.

Ma per essere concreti, forse è bene suggerire una rottamazione necessaria in vista delle elezioni politiche: basta con il finanziamento pubblico in deficit delle promesse elettorali. Cioè con quella pessima idea che mette sulle spalle delle future generazioni altri debiti pubblici difficili da saldare. Rottamare le idee sbagliate, dunque, può essere anche una funzione virtuosa della politica e del governo.