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Renzi paga la mancata risposta alle esigenze del Paese

Se gli stessi posti di lavoro corrispondessero a contratti a tempo indeterminato, dice il Censis, la crescita non sarebbe all’attuale 0,9%, ma all’1,8. Il doppio. Se poi recuperassimo anche l’evasione, arriveremmo al 9%. Percentuali cinesi. È su questo che è inciampato il governo Renzi: non ha risposto alle esigenze del Paese. Non ha dato certo brioches al posto del pane, ma non ha nemmeno capito su quale campo si sarebbe giocata la vera partita.

Negli Stati Uniti Hillary Clinton ha lasciato abbandonati a se stessi il ceto medio impoverito e la classe operaia, e della questione si è impossessato Trump: la risposta è sbagliata, ma il problema è reale. Renzi si è unito così alla lunga lista dei politici di centrosinistra che ha dimenticato la propria cultura politica, sia essa la socialdemocratica o il personalismo cristiano. In più, a molti le sue riforme non piacevano nemmeno nel merito, e le urne le hanno bocciate. Tanto lavoro per nulla. Ora deve resistere alla tentazione delle urne anticipate.

Pensare che il 40% di consensi del referendum siano suffragi in favore della sua persona è un errore che potrebbe essergli fatale: in politica l’accumulazione delle volontà altrui non esiste, come invece esiste in economia l’accumulazione della moneta. L’Italia ha bisogno di stabilità e il Pd deve dimostrare una volta di più cultura di governo. L’idea che ricorrere alle urne a primavera possa rilanciare il partito rischia di rivelarsi un ulteriore passo falso. C’è semmai bisogno di fermarsi, riflettere, trovare soluzioni condivise ad un’emergenza economica che non si è per nulla allentata negli ultimi tempi.

Sergio Mattarella ha fatto sapere che esistono scadenze, istituzionali e non solo, che è bene rispettare. Vale per la legge di bilancio, oggi, ma anche la primavera è densa di appuntamenti. Correre ha già portato alla debacle referendaria. Perseguire nell’errore potrebbe dare una mano ai veri populismi, che possono assumere la forma di consensi a forze la cui consistenza si sta rivelando essere scarsa, alla prova dell’amministrazione delle grandi città. Vincere l’impulsività (o peggio, un freddo calcolo celato dietro un’apparente impulsività) conferirebbe a Renzi la grandezza dell’uomo di Stato. Se c’è una speranza che i socialisti hanno di battere il populismo del Front National alle presidenziali francesi, questa scaturisce dalla capacità di Hollande di fare un passo indietro. Sarebbe sciocco chiedere a Renzi di fare lo stesso – la sua storia è decisamente diversa – ma ugualmente il premier potrebbe uscire dall’attuale fase con un colpo di reni e una mossa a sorpresa. È la sua specialità, del resto. E questa mossa sarebbe quella di continuare ad assumersi le sue responsabilità. Se non da presidente del Consiglio, almeno da segretario del partito di maggioranza relativa.