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Se ai cattolici in Italia resta il contropiede

Non si tratta di scaricare le responsabilità di questa situazione su di un mondo, quello occidentale, in cui l’opzione religiosa è sempre meno valorizzata. Né si deve applicare il detto evangelico per cui bisogna guardare la trave nel proprio occhio piuttosto che la pagliuzza in quello altrui. Non servono, oggi, né il vittimismo né l’autocompatimento.

Ciò che bisogna fare piuttosto – usando una metafora calcistica proprio nel momento in cui sembra non ci siano affatto problemi a disputare alcune partite del campionato nel giorno di Pasqua – è giocare in contropiede. Il contropiede, come si sa, è la tattica calcistica che si usa quando la squadra avversaria gioca all’attacco. Non ci si limita a stoppare l’altro attaccante, a marcarlo stretto, a cercare di togliergli la palla, ma – una volta ottenutone il possesso – si cerca con un lancio di saltare gli avversari e di servire un giocatore affinché faccia goal. Invece di concentrarsi su colui che si ha davanti, in altre parole, si cerca di renderlo inutile nell’economia del gioco, di tagliarlo via. Non si bada al presente, ma si apre uno sguardo al futuro.

Il trainer che predilige il contropiede ha qualcosa del profeta. Di solito a giocare in contropiede è il team più debole. Fa catenaccio e poi cerca la ripartenza.

Inoltre, affinché il contropiede sia efficace, bisogna che l’attaccante della squadra che lo pratica non finisca in fuorigioco. Ci dev’essere ancora qualche avversario da saltare, con un gesto atletico, prima di tentare il tiro in porta. Che cosa c’entra il contropiede con la situazione dei cattolici oggi, nel nostro paese? Anche noi dobbiamo giocare in difesa: lo sappiamo bene. Ma non possiamo inseguire ogni giocatore – non vorrei chiamarlo «avversario» – che si presenta nella nostra metà campo: è difficile bloccarli tutti, e prima o poi qualcuno va a segno. Meglio aprire altri scenari; meglio un lancio lungo per andare là dove il campo è più sguarnito.

Aprire scenari significa aprire nuove possibilità di senso. Con un’avvertenza, però. Non è possibile stare davanti al portiere in attesa che la palla arrivi. Sarebbe troppo facile fare goal. Ecco perché esiste la regola del fuorigioco. Bisogna invece impegnarsi per saltare l’ultimo giocatore: bisogna prenderlo sul serio e mostrare la sua debolezza con la nostra abilità. Questo ci evita di ricadere nella tentazione del fondamentalismo. Fondamentalisti sono coloro che l’altro non lo rispettano, e lo vogliono solo annientare. Fondamentalisti sono coloro che vanno verso il loro obbiettivo senza discutere, senza guardare in faccia nessuno. Da ciò dobbiamo guardarci: altrimenti a chi già non ci vuol bene diamo un’arma in più.