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Sentenza Forteto, una svolta storica su responsabilità e complicità

Il guru del Forteto, Fiesoli, è stato condannato a 17 anni di carcere. La motivazione della sentenza dei giudici Bouchard, Zanobini e Bilosi è di 980 pagine e dimostra oltre ogni ragionevole dubbio, come ci fosse nel Forteto, da parte di Fiesoli e i suoi complici, «il ricorso alle punizioni fisiche e psicologiche, quale strumento di correzione, educazione ed instradamento verso le regole della comunità; la denigrazione, l’emarginazione, l’isolamento, condotte anche accompagnate da aggressioni fisiche, a fronte di ogni forma di distacco dalle regole, operato dalla comunità nel suo complesso, verso il dissenziente o il “ribelle”, giovane o adulto che fosse».

Nella sentenza del tribunale di Firenze si legge che «il Fiesoli aveva intrattenuto rapporti omosessuali con quasi tutti i componenti maschili della prima generazione del Forteto, all’epoca ragazzi appena maggiorenni, sempre giustificati con la necessità di elevazione dello spirito, con il superamento della materialità, con la catarsi che il rapporto orale e anale con lui avrebbe determinato nella persona beneficiata».

Il sistema Forteto, si legge nelle motivazioni, era «perfettamente lubrificato e funzionante e aveva permesso di creare all’esterno un’immagine totalmente distorta della comunità».Il collegio giudicante del tribunale ha chiaramente spiegato quando e perché accadde tutto questo: «Il corto circuito istituzionale dei primi anni ’80, all’interno della magistratura fiorentina, che aveva spinto Giampaolo Meucci, allora Presidente del Tribunale dei Minori di Firenze, in aperta sfida al procedimento penale istruito dal pubblico ministero Carlo Casini, ad affidare un bambino down a Fiesoli quale attestato di fiducia e stima nonostante una custodia cautelare appena cessata e il processo ancora da celebrare per gravissimi fatti di rato commessi in danno di minori proprio nella neonata comunità il Forteto».

Il gesto di Meucci servì a Fiesoli e ai suoi complici per passare alla storia come vittime di una persecuzione giudiziaria. Nulla di più falso. Il processo presso il tribunale di Frenze che ha condannato Fiesoli e i suoi complici si è concluso con una sentenza indicata da tutte le parti sociali e culturali come di straordinaria chiarezza. L’iter del processo è stato duro e contrastato. La difesa del Fiesoli a un certo punto aveva ottenuto una vittoria con la ricusazione del Presidente del collegio giudicante Bouchard avallata dalla Corte di Appello di Firenze. La Corte di Cassazione, chiamata a giudicare la ricusazione dall’Ufficio della Procura generale presso la Corte di Appello di Firenze, guidato dal dottor Tindari Baglione, rigettò quanto deciso dalla Corte di Appello di Firenze e il processo ha potuto continuare sotto la Presidenza del giudice Bouchard.

In questo frangente ci fu un significativo appello alla magistratura italiana in difesa del processo in questione e del giudice Bouchard da parte della società civile fiorentina. Fu steso un appello pubblico il cui primo firmatario fu l’ex Sindaco di Firenze Mario Primicerio e io come secondo firmatario. Di particolare importanza il fatto che il primo a firmare l’appello a favore del giudice Bouchard fosse proprio Mario Primicerio. Alcuni ambienti di destra hanno voluto congiungere idealmente la tragedia del Forteto alla scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani. Anche in questo caso nulla di più falso. Nel giugno scorso il cardinale arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori, nell’esprimere solidarietà alle vittime del Fiesoli, disse che dovevano lasciare cadere ogni comparazione tra il Forteto e don Milani, essendo la scuola di Barbiana tutt’altra esperienza storica e don Milani un esemplare figura di prete che appartiene solo alla storia della Chiesa fiorentina.