Opinioni & Commenti

Serie proposte per il futuro oltre i populismi arrembanti

C’è un Paese, in Europa, in cui si moltiplicano i populismi. E quel Paese, purtroppo, si chiama Italia. Ad altre latitudini c’è n’è magari uno, ed è già troppo. Qui se ne contano almeno quattro e l’aria si sta facendo irrespirabile per la democrazia rappresentativa.

Gli ultimi vent’anni hanno visto all’opera un populismo dalla formidabile potenza di fuoco che ha dominato la scena politico-parlamentare. Un populismo dalle antiche radici antipolitiche, che ha prodotto un movimento trasformatosi in partito personale. Naturalmente parliamo di quella creatura tutta particolare che è stata Forza Italia, poi ribattezzata Popolo delle Libertà. E domani chissà… Il Berlusconismo ha vissuto di promesse a buon mercato e di miraggi collettivi, ben veicolati da un formidabile apparato comunicativo che ha avuto il suo punto di forza nel carisma personale del leader.

A fianco del Berlusconismo, il Leghismo di marca bossiana. Un populismo a forte trazione identitaria e territoriale, con un universo di riferimento mitologico, con tentazioni secessioniste e mai celate venature razziali e antimeridionali.

C’è poi il Dipietrismo, dal nome del suo leader, l’ex magistrato di Mani pulite, Antonio Di Pietro. Da lui la spinta al giustizialismo più esasperato che, come vediamo in questi giorni, non risparmia nessuna persona e nessuna istituzione. Lungi da noi il voler negare il diritto-dovere della magistratura a indagare, restano aperti tutti i quesiti relativi all’uso politico e distorto della giustizia.

Per finire il quadro, ecco il Grillismo. Il fenomeno populista più recente, meno consumato, forse destinato a cambiare la geografia politica italiana. Forte di un formidabile radicamento nella Rete, è la quintessenza dell’antipolitica. Unico programma pervenuto: la coventrizzazione della politica italiana.

Oltre l’elemento ricorrente della presenza di un capo carismatico dal potere sostanzialmente padronal-dispotico sulla propria organizzazione, c’è un elemento che fa da collante fra i quattro populismi italici: l’uso spregiudicato dei media per costruire il consenso. La tv per i primi tre e il web per il quarto.

Ora, dinanzi alla possibilità che l’Italia si avvii, nel giro di pochi mesi, alla più aspra campagna elettorale fra populismi arrembanti, sarà il caso che qualcuno torni a parlare di popolo al popolo. Con parole di verità e accettando la sfida esigente del realismo. Sappiamo bene che è molto difficile, ma c’è qualcuno che ha ancora le riserve morali per farlo. Quel qualcuno ha le proprie radici ben radicate nella storia di questo Paese e non ha mai dimenticato di essere un popolo che, in quanto cristiano, non può amare i populismi. Ovviamente non basta diffidarne, ma a tutti va chiesto: qual è il posto del popolo nel vostro progetto-Paese? Poiché la risposta non è facile, ci permettiamo un suggerimento: chi afferma che la sovranità popolare è la fonte del suo mandato a governare è già a buon punto. Ma non basta. Deve anche rinunciare alle scorciatoie: promesse irrealizzabili, delegittimazioni dei propri avversari, sospetti e sentimenti di odio sparsi a piene mani. Noi che siamo una porzione di popolo (cattolico, naturalmente) aspettiamo risposte di verità. E qualche seria proposta per il futuro che sposi il principio di realtà.