Opinioni & Commenti

Tra pubblico e privato le tante paure del nostro tempo

La paura è il sentimento dominante del nostro tempo. A stilare un piccolo elenco delle nostre paure vengono i brividi. La paura dei genitori per i figli. La paura dei giovani di crescere. La paura di perdere il lavoro o di non trovarlo. La paura di vivere in un quartiere, paese, città, nazione che non garantiscono la sicurezza personale per sé e per i propri cari. La paura di non trovare un amico, un compagno, un amante, uno sposo. La paura di ritrovarsi senza radici e senza storia. La paura della miseria e della povertà (anche relativa). La paura della solitudine e dell’abbandono. La paura di essere invisibili. La paura delle malattie, della non autosufficienza  e della morte. La paura dell’eterno anonimato. La paura della criminalità e della violenza. La paura del terrorismo e del fanatismo religioso. La paura del diverso e dello straniero. La paura dell’immigrato. La paura del futuro. La paura di non avere un futuro. Un mix inesorabile di paure in cui il personale e il privato si intrecciano inesorabilmente con il sociale, il pubblico, il comunitario e il politico.

Solo chi ha percezione di quanto pesino oggi la rarefazione delle relazioni personali, lo scadimento del Welfare, la deprivazione sociale che frena ogni spinta al comunitarismo, la vittoria della globalizzazione con tutto il suo portato di individualismo e relativismo, può valutare adeguatamente il montare delle paure nella vita del nostro Paese.

Dinanzi al fenomeno delle paure è inevitabile chiamare in causa le responsabilità della politica. E chiedersi perché la politica sia incapace di governare le paure. La risposta forse va cercata in quel processo epocale che ha indotto le classi dirigenti mondiali ad accettare, senza esercitare il proprio spirito critico, la globalizzazione (in cui l’individuo è il centro a discapito della comunità) con tutti i suoi corollari, a partire dal trasferimento della responsabilità della sicurezza dallo Stato all’individuo. Prove tangibili di questo trasferimento sono l’esplosione (anche in Italia) del possesso di armi per difesa personale, come la diffusione di polizie private e di polizze assicurative per i reati contro il patrimonio e le persone. In un mondo così concepito è evidente che l’uomo e la donna sono destinati alla solitudine. Enfaticamente definiti «padroni» del proprio futuro (o meglio della possibilità di conquistarsi con enorme fatica il futuro), ma nei fatti irrimediabilmente soli nella società dell’io che rifiuta il noi. Ma l’uomo solo non può che alimentare le proprie paure, mentre giorno dopo giorno cerca una rassicurazione vitale.

Ovviamente non vogliamo esasperare la riflessione, ma tutto sembra evocare Thomas Hobbes e il suo «homo homini lupus». Il cui superamento era affidato, dal filosofo britannico, all’azione legislativa e coercitiva dello Stato moderno. Fa perciò impressione che oggi la politica, certa politica e certi politici, pensino di poter cavalcare le paure per conquistare il potere. Ma chi garantisce ai cittadini che tutto questo porti, nel tempo della globalizzazione, a un reale conseguimento della sicurezza e a un miglioramento delle condizioni reali di vita? Si tratta, purtroppo, di un processo mondiale che vede invischiate tutte le grandi democrazie, vecchie e nuove. L’Europa sta scontando il prezzo politico della paura nei Paesi dell’Est emersi alla democrazia dopo la caduta del Muro di Berlino, ma anche la Gran Bretagna con la Brexit, l’Austria e la Germania nelle urne… tutte hanno pagato pegno. La deriva populista americana è sotto gli occhi di tutti e all’appello è attesa l’Italia. Un autentico banco di prova sulla frontiera mediterranea del Continente.

La prossima campagna elettorale italiana avrà al centro le paure degli italiani. L’immigrazione insieme con la difesa personale, il crollo del Welfare come la mancanza di lavoro saranno certamente i cavalli di battaglia degli «imprenditori della paura». In tanti oggi evocano la ricetta della speranza come antidoto alle scorciatoie suggerite dalla paura globalizzata. Forse sarà utile interrogarsi, senza remore e preconcetti, su  cosa intendiamo oggi per speranza. Per i credenti, ad esempio, la speranza è una Persona. Legittimo chiedersi cosa sia la speranza per le donne e gli uomini del nostro tempo individualista, relativista e laicista. Magari provando a cercare, insieme, le nostre speranze. Quelle di tutti.