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#TwitterBlockinTurkey: spegnere la luce non oscura la realtà

Non è la prima volta che la Turchia impedisce l’accesso ai social network. L’ultimo, in ordine temporale, è stato lo stop a Twitter, Facebook e YouTube a seguito della pubblicazione delle foto del magistrato Mehmet Selim Kiraz, preso in ostaggio dagli estremisti del «Fronte rivoluzionario per la liberazione del popolo» e ucciso nell’assalto delle teste di cuoio. Nel marzo 2014, invece, il servizio di microblogging era stato oscurato dopo le minacce ricevute dal presidente Erdogan, protagonista di alcune intercettazioni telefoniche compromettenti uscite su Twitter. Durante un comizio, Erdogan aveva annunciato: «Sradicheremo Twitter. Non mi interessa quello che potrà dire la comunità internazionale. Vedranno così la forza della Turchia». Dalle parole ai fatti, la strada era stata breve.

La strage di Suruc è l’ennesimo esempio del tentativo di controllare la Rete. In segno di solidarietà con i 32 giovani che sono morti al confine siriano, nel Sud Est della Turchia, migliaia di persone sono scese in piazza per manifestare contro lo Stato Islamico. Le foto delle vittime dell’attentato sono presto diventate un simbolo in internet: #suructakatliamvar è stato l’hashtag più cliccato dopo la carneficina. Di hashtag in hashtag, #TwitterBlockinTurkey è stato in cima alle tendenze di milioni di utenti in tutto il mondo. Un monito per chi crede che sia sufficiente spegnere la luce per nascondere la realtà.