Sport

Da Capo Verde in Valdarno con un sogno: le Olimpiadi di Rio 2016

Un arcipelago di isole disposte a semicerchio nell’Oceano Atlantico: questa è la Repubblica di Capo Verde (reddito medio 150 euro al mese). Dieci isole come le dieci stelle gialle che ne formano la bandiera nazionale insieme al blu, rosso e bianco. Da qui è partito il sogno.

Lo staff della nazionale capoverdiana è tutto toscano: dal team manager Piergiorgio Scaramelli, originario di Massa e da 20 anni residente a Capo Verde; al direttore tecnico Giulio Simonelli, lucchese, fino al tecnico Luca Panichi, montevarchino e anello di congiunzione tra la città valdarnese e la repubblica africana. “Sono stato coinvolto in questa bellissima esperienza umana e professionale a cui ho aderito con entusiasmo – spiega Panichi, una vita dedicata all’atletica -. Capo Verde è un luogo ricco di bellezze naturali in cui è presente anche molta povertà. Ma a fianco della povertà materiale c’è tanta ricchezza umana”. E la sfida professionale è arrivata in un momento particolare della sua vita. “Da tre anni sto affrontando la mia battaglia contro il cancro. Ma da cattolico, da uno che crede che la corsa sia un mezzo per avvicinarsi a Dio, non potevo dire di no a questa avventura. E’ una “chemioterapia naturale” di vita, di passione, di forza”.

Ed è un’avventura fatta di impegno e passione ma senza un ritorno economico. “Noi tutti dello staff abbiamo firmato un contratto da zero euro – sottolinea -. Gli unici rimborsi previsti sono le trasferte per le gare internazionali. Il governo di Capo Verde e la federazione locale hanno pagato il biglietto di viaggio agli atleti ma non è previsto altro”. E grazie alla solidarietà e all’impegno di molti è stato possibile portare i ragazzi in Italia. “Gli impianti dove ci alleniamo li ha messi a disposizione il Comune di Montevarchi. Ringrazio don Mauro Frasi della Caritas diocesana per l’accoglienza e gli sponsor e l’associazionismo locale che ci hanno permesso questa ospitalità”.

Ma chi sono gli atleti capoverdiani? Si tratta di ragazzi che vivono e si allenano nelle isole dell’arcipelago. E spesso alternano gli allenamenti con il lavoro. Uno dei capitani, Daniel Cabral, è un poliziotto; Orlando Tavares Silva è un fuciliere e guardia del corpo del presidente della repubblica capoverdiana; Alexandro Varela lavora 12 ore al giorno in un villaggio turistico per pochi soldi. Poi ci sono l’altro capitano Soares Da Gama, Spencer Aricson e Nataniel Moreira. “Tutti ragazzi buoni, generosi, pieni di speranza”. E sono degli atleti naturali, con il talento per la corsa, anche se nel loro paese le strutture per allenarsi sono poche. Come limitate sono le risorse economiche disponibili: spesso corrono con scarpe usate perché mancano i soldi per comprarne di nuove. “Tutto quello che riusciamo a fare richiede grandi sacrifici personali, anche economici” aggiunge Panichi.

Il sogno della squadra è raggiungere il traguardo delle Olimpiadi di Rio de Janeiro del 2016. Nel frattempo l’impegno è rivolto alla preparazione delle tappe intermedie: oltre ai mondiali di Francia ad Annecy è prevista a settembre la partecipazione al mondiale di 100 km in Olanda. “Avere portato sei atleti in Italia (a cui presto se ne aggiungeranno altri due) è già un primo traguardo. L’esperienza tecnica e umana che fanno qui ha un grande valore”.

E le speranze per il futuro sono tante. “A livello personale essere diventato allenatore di una nazionale di atletica leggera del settore fondo è un sogno realizzato dopo tanti anni di attività – conclude Panichi -. Partiamo da Montevarchi fiduciosi, con i nostri sogni, le nostre speranze sportive, umane e di vita. Come diceva una canzone: noi siamo piccoli ma cresceremo”.