Toscana

2008, recessione in Toscana

di Ennio Cicali

A prima vista non c’è molto di nuovo: calano le esportazioni –5,5%, produzione industriale –3%, fatturato artigianato –7%, tanti i numeri che denunciano il peggioramento dell’economia toscana,  un profondo senso di disagio e di incertezza per il futuro, preoccupazioni per il reddito e l’occupazione. Questo il quadro tracciato dall’Irpet (l’istituto regionale per la programmazione) nel Rapporto conclusivo per il 2008.

Unico segnale positivo in uno scenario tanto cupo: l’occupazione che, nei primi tre trimestri dell’anno, è aumentata del 2,2% (quasi 35 mila persone) assai più di quanto sia accaduto nelle altre regioni italiane. Ciò è potuto accadere grazie al terziario, perché l’industria ha perso posti di lavoro. Comunque, l’occupazione ha tenuto perché spesso precaria e poco remunerata. Attenzione: nel 2009 potrebbe andare peggio con 10 mila posti di lavoro a rischio, nell’ipotesi che le misure anticrisi funzionino. Altrimenti, nel 2010 i lavoratori mandati a casa saliranno a 25 mila.

Per il resto è buio nero. In particolare le esportazioni, punto di forza dell’economia regionale,  registrano risultati sensibilmente peggiori rispetto alla media nazionale. Vendite all’estero ridotte per tutti eccetto l’agroalimentare (+6%) e la siderurgia (+8,3%); un calo  certamente preoccupante, perché segue due anni di ripresa, e perché la Toscana, dopo le Marche, è la regione del Centro Nord che ha realizzato nei primi nove mesi dell’anno il risultato peggiore. Confermate ancora le difficoltà della moda (–5,5%) e più in generale di tutti i settori più tradizionali della Toscana: in molti casi il valore delle vendite a fine 2008 è inferiore a quello del 2001, confermando il forte ridimensionamento delle quantità vendute.

Il calo di consumi e di investimenti è la causa prima della recessione, ma se questo accomuna la Toscana alle altre regioni, ciò che distingue la nostra regione sono proprio le dinamiche negative sui mercati internazionali, con esportazioni di beni e servizi in calo di circa il 2,2% contro un aumento di circa lo 0,4% a livello nazionale. Per questi motivi il Pil regionale (la ricchezza prodotta in Toscana) dovrebbe subire una contrazione intorno allo 0,8% per il 2008 (dato peggiore degli ultimi tre decenni, escludendo il 1983 quando si ridusse dell’1,3%). I problemi maggiori sono  nel comparto industriale, (–3,5%), e nell’edilizia (–0,7%). Il calo dei consumi influisce anche sul terziario, sia nel commercio, alberghi, ristoranti e trasporti (–0,4%), sia in quello del credito, attività immobiliari e professionali (–0,2%). Solo le altre attività di servizio, comprendenti soprattutto i servizi pubblici, presentano aumenti molto deboli del valore aggiunto. In controtendenza, i buoni risultati dell’agricoltura (+1,7%), trainata dal buon andamento delle vendite all’estero.

«L’analisi dell’Irpet delinea un futuro di accentuata deindustrializzazione in Toscana, che potrà aprire qua e là anche situazioni molto impegnative dal punto di vista sociale – osserva Alberto Magnolfi, presidente del gruppo regionale Fi/Pdl –. Questo perché la copertura degli ammortizzatori non è detto che possa garantire tutte le fasce più deboli ed esposte del mondo del lavoro. In questa situazione è inaccettabile il peso rilevante che nel bilancio regionale hanno gli avanzi di amministrazione, cioè le somme che si stanziano ma non si riesce a spendere concretamente. Una voce che va costantemente aumentando, segno di inefficienza, eccesso di burocrazia e scelte sbagliate. Le somme non spese ammontano nel 2008 a quasi 900 milioni di euro (10% del bilancio regionale) di cui oltre 245 milioni relativi proprio e paradossalmente alla strategia economica».

Imprese: prima di tutto sopravvivere

Molto di quello che si scrive o si legge sulla crisi economica concerne l’andamento delle borse, il mercato dei cambi, gli aiuti dei governi, le sorti del modello «mercatista». La crisi investe tutti, a tutti i livelli. Per verificarne gli effetti reali, Unioncamere Toscana ha condotto un’indagine mirata, dal  26 novembre al 10 dicembre 2008, su un campione di 854 imprese toscane del comparto manifatturiero e dell’estrazione di minerali.

Il deciso peggioramento colpisce soprattutto l’artigianato, il cui saldo aumento-diminuzione passa, tra il 2007 ed il 2008, da -26 a -51 punti percentuali, mentre per le imprese non artigiane il medesimo passa da -15 a -35 punti percentuali.

Peggioramento che interessa non solo quelli che già da tempo si trovavano in forte difficoltà, come il tessile – abbigliamento, l’oreficeria e la carta-editoria, ma anche quei settori che nell’ultimo biennio avevano trainato la ripresa del manifatturiero regionale, come la metalmeccanica, l’elettronica-mezzi di trasporto e la chimica – gomma – plastica.

Secondo gli imprenditori la fase recessiva si protrarrà anche nel 2009. Se infatti la crisi finanziaria ha pesantemente influenzato l’andamento del fatturato per il 2008, molto negativa è la previsione per il 2009. Riguardo agli effetti, il 77% delle imprese ha registrato un calo degli ordini rispetto ai 12 mesi precedenti, il 55% ha ricevuto dai propri clienti la richiesta di una dilazione nei pagamenti, mentre il 28% delle imprese denuncia le aumentate difficoltà di accesso al credito.

Le risposte alla crisi sono orientate prevalentemente ad assicurare la sopravvivenza della propria impresa, in attesa che il quadro generale torni a rasserenarsi. In tal senso il 68% delle imprese ha  razionalizzato i costi di approvvigionamento e di produzione, il 65% ha compresso i margini di profitto mentre il 53% ha ridotto gli ordinativi ai propri fornitori.

Gli imprenditori toscani chiedono interventi immediati: minore tassazione sul reddito delle imprese (per il 91%),  sostegno ai redditi e ai consumi delle famiglie (88%), riduzione dei tassi di interesse passivi applicati dalle banche (87%) e un migliore accesso al credito (81%).

Richiesti anche interventi su questioni che già da tempo nell’agenda politico-istituzionale, come la semplificazione burocratico -amministrativa (88%), il supporto alle spese per investimenti in ricerca e sviluppo e per l’acquisizione di marchi e brevetti (69%), per il sostegno all’internazionalizzazione (65%) e gli investimenti infrastrutturali (62%).

Le istituzioni pubbliche possono svolgere un ruolo importante, consentendo alle imprese di attraversare il tunnel e per farsi trovare pronte al momento in cui l’economia internazionale sarà in grado di ripartire, è il commento di Pierfrancesco Pacini, presidente di Unioncamere Toscana. Dal canto suo il sistema camerale si è attivato per agevolare l’accesso al credito, fattore particolarmente critico per le aziende nelle difficoltà attuali. Con le maggiori risorse stanziate a favore dei fondi di garanzia dei Consorzi Fidi e con quelle per l’abbattimento del costo del denaro preso a prestito, le Camere di Commercio, assieme alla Regione, propongono concreti aiuti al sistema produttivo, per evitare crisi di liquidità e costi finanziari non sopportabili.