Toscana

5 per mille, una firma utile

Chiariamo subito una cosa. Il «5 per mille», introdotto in via sperimentale dalla Finanziaria 2006 non ha nulla a che vedere con il più conosciuto «8 per mille». Quest’ultimo, destinato alle confessioni religiose, rimane tale e quale al passato. In più, chi invia la propria dichiarazione dei redditi (sotto qualsiasi forma, modello Unico, 730, Cud) può destinare un 5 per mille delle proprie tasse Irpef ad associazioni di volontariato, onlus, associazioni di promozione sociale e di altre fondazioni e associazioni riconosciute. Oppure, e questo è il secondo caso, al finanziamento della ricerca scientifica e delle università. O ancora, terza possibilità, al finanziamento della ricerca sanitaria. Una quarta opzione, infine, è per le attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente.

A differenza di quanto accade per l’«8 per mille», solo chi firma in uno dei quattro riquadri presenti sui moduli della dichiarazione dei redditi (e che corrispondono a quei quattro ambiti) devolverà la sua quota di tasse. Per questo il governo italiano ha stimato in circa 260 milioni di e il risultato massimo, ben sapendo che ci saranno tanti che non firmeranno per nessuno.

La cifra teoricamente disponibile dovrebbe essere molto più alta, attorno ai 720 milioni di euro, dato che nel 2003 l’«8 per mille» fruttò 1.167 milioni di euro.

Per le prime tre opzioni, oltre la firma (che serve già a devolvere il «5 per mille» a quegli ambiti) occorre scrivere anche il codice fiscale dell’ente destinatario (se si vuole darlo a qualcuno di preciso). Sono ben 29.164 le organizzazioni no-profit che si sono candidate per accedere al «5 per mille». Sembrano tante ma sono solo il 10% degli aventi diritto (su 235 mila enti non profit). Scorrendo gli elenchi del primo ambito vi troviamo tutte le organizzazioni di volontariato più famose, ma anche buona parte delle onlus cattoliche, dalle Misericordie alle Caritas, dai Centri di aiuto alla Vita a tanti circoli parrocchiali o alle associazioni laicali. Il rischio è quello della dispersione. A molte di queste onlus arriveranno pochi spiccioli e chissà quando. Ecco perché alcune diocesi hanno scelto di privilegiare una sola onlus, per lo più nel campo dell’assistenza.

L’intervista: Paolo Pezzana (Caritas)«Una scommessa da vincereMa aspettiamo segnali chiari»di Patrizia CaiffaQuali potenzialità e quali i rischi del 5 per mille, il meccanismo che permetterà ai contribuenti, dalla prossima dichiarazione dei redditi, di destinare parte delle imposte a favore del Terzo settore e del volontariato (da non confondere con l’otto per mille destinato alle Chiese o allo Stato)? Abbiamo rivolto alcune domande a Paolo Pezzana, sociologo, esperto della Caritas italiana sulle politiche sociali. L’esito della misura, innovativa e sperimentale in Europa, dipenderà a suo avviso «da scelte politiche più ampie» e «il prossimo governo sarà chiamato a dare segnali chiari in tal senso, sin dai suoi primi atti», in modo da avere «una nuova stagione di economia civile e di partecipazione».

Chi usufruirà dello strumento del 5 per mille? A cosa serve?

«Esaminando l’elenco ministeriale si rileva che la platea dei soggetti accreditatisi è ampia e rappresentativa, certamente assai più ampia del consesso di chi aveva salutato con favore il varo di questa misura. Il non profit italiano è ormai una realtà produttiva consolidata ed estesa (sempre stando ai dati Istat, supera per addetti il settore bancario); tuttavia, non è mai stato oggetto di alcuna seria politica industriale e attualmente, per svolgere le proprie funzioni, non può certo contare sulle sole risorse pubbliche che derivano dai contributi e dalle convenzioni. Per non snaturarsi il non profit ha allora bisogno di contare su un significativo apporto di risorse private, che non sostituiscano quelle pubbliche; scopo di queste ultime è anzitutto garantire servizi che incorporano i diritti dei cittadini, mentre le prime servono per integrarle, in un’ottica di sussidiarietà e potenziamento della funzione pubblica. Favorire una tale raccolta di risorse è il compito di politica industriale che il non profit attende dalle istituzioni, coinvolgendo responsabilmente e dal basso la comunità. I due obiettivi devono e possono convergere».

Avrà successo? Quali sono i rischi?

«Il 5 per mille, in questa prospettiva, rappresenta una scommessa politica e sarebbe tendenzioso liquidare il modo in cui è stata accolta come ipocrita assalto a una diligenza messa a disposizione solo per convenienza elettorale. Per capire se la scommessa avrà successo occorrerà però tenere d’occhio due coordinate: l’adesione che incontrerà tra i contribuenti (e le relative risorse mobilitate); il modo in cui tali risorse si integreranno con gli investimenti pubblici diretti in welfare, ricerca e innovazione. Gli argomenti per gli scettici non mancano: il nostro sistema ha già conosciuto forme di incentivo fiscale alle donazioni al non profit, come la normativa Onlus, la recente normativa battezzata “Più dai meno versi” e altre misure che di fatto non hanno avuto un seguito significativo nella popolazione».

Quali, invece, gli argomenti a favore?

«Sollecitando il rapporto diretto tra organizzazioni non profit e cittadini, data la peculiare sensibilità solidaristica degli italiani, questa misura può stimolare una nuova stagione di coinvolgimento responsabile della comunità e rappresentare un promettente germe di sussidiarietà fiscale e di efficace allocazione delle risorse pubbliche. Nel panorama europeo il sostegno pubblico al non profit è effettuato – dove c’è – per lo più tramite un’ampia deducibilità fiscale delle donazioni in denaro e in natura, molto diffuse nell’area anglosassone e nordica, o mediante l’accreditamento e la remunerazione di mercato dei servizi prestati. Nessuno sembra avere strumenti analoghi al 5 per mille, che dunque si pone anche come sperimentazione potenzialmente innovativa in ottica europea. Resta, tuttavia, l’esigenza di ben comprendere le finalità, perché non è accettabile un ulteriore alleggerimento del welfare pubblico e universale».

Cosa chiedere allora al prossimo governo, in tal senso?

«Il prossimo governo sarà chiamato a dare segnali chiari, sin dai suoi primi atti. Se, a partire dalle decisioni sul Fondo nazionale per le politiche sociali, non si manifesteranno precise scelte politiche di sistema sul welfare e sul ruolo del Terzo settore, o se il sostegno alle formazioni sociali liberamente costituite dai cittadini verrà devoluto alle capacità di marketing delle organizzazioni stesse, si continuerà a non poter parlare di una politica industriale per il Terzo settore e si dovrà probabilmente dare ragione a chi ha criticato il 5 per mille sin dalle origini. In caso contrario, potremo forse attenderci una nuova stagione di economia civile e di partecipazione».

La schedaQuattro diverse aree di sceltaLa legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266/05) ha previsto per quest’anno, a titolo sperimentale, la destinazione in base alla scelta del contribuente di una quota pari al 5 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche a sostegno di quattro aree:a) volontariato, onlus, associazioni di promozione sociale, fondazioni e associazioni riconosciute;b) ricerca scientifica e università;c) ricerca sanitaria;d) attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente. Nessun onere per il contribuenteIl contribuente può destinare così la quota del 5 per mille apponendo la firma in uno dei quattro appositi riquadri che figurano sui modelli di dichiarazione. È consentita una sola scelta di destinazione. L’esercizio di questa scelta non comporta maggiori oneri di imposta o altro, ma consente semplicemente di destinare una quota dell’Irpef al soggetto prescelto. Il codice fiscale del destinatarioOltre alla firma, il contribuente può altresì indicare il codice fiscale dello specifico soggetto cui intende destinare direttamente la quota del 5 per mille, traendo il codice fiscale stesso dagli elenchi pubblicati sul sito della Agenzia delle entrate (www.agenziaentrate.it) oppure richiedendolo direttamente all’ente medesimo. Non è possibile indicare il codice fiscale nel caso di attività sociali svolte dai Comuni, in quanto la legge stabilisce che si tratti del Comune di residenza del contribuente. Le differenze con l’8 per milleLe scelta di destinazione del 5 per mille e dell’8 per mille non sono in alcun modo alternative fra loro. Esistono, però, alcune differenze tra le due quote dell’Irpef. Rispetto all’8 per mille, la cui scelta è possibile solo se il contribuente ha versato un’imposta in riferimento al 2005, la scelta del 5 per mille è sempre possibile. Il 5 per mille viene erogato solo in presenza di una scelta precisa del contribuente. In caso di firma, ma di mancata indicazione del codice fiscale, la quota dell’Irpef del contribuente verrà suddivisa proporzionalmente in base alle scelte degli utenti.

In assenza di qualunque tipo di indicazione, il 5 per mille non viene però destinato, a differenza dell’8 per mille, che viene comunque assegnato ai vari destinatari in misura proporzionale alle scelte dei contribuenti.

Il sito dell’Agenzia delle entrate con gli elenchi degli enti