Toscana

Acqua sempre più salata, servizio idrico al collasso?

di Simone Pitossi

Bollette sempre più salate, modalità di gestione delle tariffe assolutamente non trasparenti e poco chiari, applicazioni di canoni, disparità tra zona e zona. Insomma, il servizio idrico in Toscana è in una situazione di confusione. E non stiamo di noccioline. Ecco un po’ di numeri dell’acqua del rubinetto: trentamila chilometri di acquedotti, dodicimila di fognature, 1150 potabilizzatori, 820 depuratori, per un totale di 1800 addetti, 500 milioni di euro di investimenti fatti e oltre 3 miliardi da fare.

TARIFFE A FORFAIT. Il primo a denunciare alcuni casi non regolari è stato il Difensore civico regionale Giorgio Morales. La prima questione riguarda i «contatori a lente tarata» a Forte dei Marmi (Lu) e il conseguente pagamento della bolletta idrica non sulla stima del consumo effettivo – «come peraltro prevede la legge», sottolinea Morales – ma a forfait. In secondo luogo il problema dei migliaia di utenti nel territorio dell’Ato 1 (Lucca, Massa Carrara e parte di Pistoia) che non sanno se pagare o rispedire le bollette al mittente a Gaia, il gestore del servizio idrico, che nelle ultime settimane ha richiesto il pagamento di somme di vario importo (in alcuni casi anche salate, si va da un minimo di 70 ad un massimo di 850 Euro) riferite a consumi del 2006 e indicate come conguagli (in bolletta il consumo è indicato «0»).

AUMENTI ESAGERATI. C’è poi la questione delle tariffe, come sottolinea dal capogruppo Udc in Consiglio regionale Marco Carraresi. «Ormai – spiega – con i rincari dell’acqua siamo all’assurdo. L’Ato parla del 6,5% di aumento, chi ha fatto i conti denuncia rincari dall’8 al 21 per cento». Facendo un po’ di conti vediamo cosa succede. A causa della modifica della fascia nella quale si applica la tariffa agevolata (nel 2006 era prevista per consumi fino a 100 metri cubi, nel 2007 è stata ridotta a 80, nel 2009 viene ulteriormente ridotta a 60) chi consuma 75 metri cubi nel 2009 pagherà il 21% in più rispetto al 2008 (da € 108,21 a € 130,98); chi consuma 150 metri cubi pagherà invece il 15,19% in più (da € 246,92 a € 284,43); chi consuma 200 metri cubi pagherà 11% in più (da € 402,57 a € 447,23); infine chi consuma 250 pagherà 8,40% in più (da € 616,52 a € 668,32). «Poi – continua – c’è la novità della sentenza della Corte Costituzionale che esenta dal pagamento della quota di depurazione quegli utenti che non sono allacciati ai depuratori. Loro non pagheranno, e dovranno essere rimborsati, ma gli oneri ricadranno sugli altri utenti. E non si capisce se la stangata sulle tariffe già ricomprenda questi aumenti, oppure si preparano ulteriori, ben più gravi rincari».

TROPPE DIFFERENZE. Come è evidente la disparità di trattamento tra zona e zona. «Confrontando le tariffe tra i diversi Ato – sottolinea Carraresi – si notano forti differenze: un’utenza domenstica che consuma 60 metri cubi annui spende circa 68 euro nei comuni dell’Ato 1 (Massa) e dell’Ato 3 (Firenze), più di 81 nell’Ato 6 (Grosseto e Siena), 88 nell’Ato 2 (Lucca), oltre 92 nell’Ato 5 (Livorno) e più di 115 nell’Ato 4 (Arezzo). E le differenze proseguono, con criteri difformi, anche per le fasce di consumo più alte: e si va dai 428 euro di spesa per un’utenza domestica che consuma 350 metri cubi annui nei comuni montani della zona di Massa agli 820 euro nell’Ato 3 di Firenze». E le previsioni per i prossimi anni non lasciano tranquilli. «In cinque anni – lancia l’allarme Carraresi – l’Ato 1 prevede un incremento tariffario di circa il 37%, l’Ato 2 del 31, l’Ato 3 di circa il 25%, del 36,6% per l’Ato 4 (dove nel decennio si prevede l’esatto raddoppio delle attuali tariffe), il 16,4%per l’ato 5 e il 35,3% in più per le tariffe dell’Ato 6». Il problema, secondo il capogruppo Udc, è stabilire con quali criteri. «Forse – si chiede – perché alcune zone prevedono maggiori investimenti? Non sembrerebbe, a leggere le tabelle degli investimenti dei singoli Ato: dove le cifre, ed anche le dimensioni delle perdite nella rete acquedottistica, non sembra correlata con i diversi livelli di investimento. Ad esempio l’ATO 5 che investe di meno e risulta aver minori perdite di rete, e quindi meno costi, per quale ragione applica tariffe più alte?». Domande che devono avere risposte. «Anche perché – conclude Carraresi – si parla di rimborsi molto consistenti che dovranno essere distribuiti ai cittadini esentati dalla quota di depurazione, e di ammanchi, nei bilanci altrettanto consistenti. Si rischia cioè di portare al collasso l’intero sistema della gestione della risorsa idrica in Toscana».

I SINDACATI. Sulla situazione sono intervenuti anche i sindacati Cgil, Cisl e Uil chiedendo di «bloccare gli aumenti delle tariffe dell’acqua entro i limiti dell’inflazione». «Il costo del servizio idrico in Italia e in Toscana per una famiglia è di circa 250 – 350 euro all’anno – si difende Fausto Valtriani coordinatore della commissione acqua Cispel Confservizi Toscana (l’associazione regionale delle aziende di servizio pubblico) – una cifra che non può essere considerata proibitiva, se non da parte di chi pensa che l’acqua dovrebbe essere, non si capisce perché, gratis. La spesa media familiare negli altri Paesi europei è doppia e in alcuni casi tripla di quella italiana e toscana, e in questi Paesi il servizio idrico funziona, la manutenzione delle reti viene fatta regolarmente, gli standard ambientali rispettati. Se tariffe e prezzi pongono problemi alle famiglie a basso reddito, come gestori ci siamo sempre dichiarati disponibili a dare il nostro contributo a decisioni che devono essere assunte dalle autorità di regolazione, per mitigare questo impatto, con opportune decisioni di tipo tariffario e di welfare, come dimostra il recente accordo stipulato con la Regione per la tutela delle famiglie numerose proprio nel settore idrico».

GRANDE DISPERSIONE. Il caso è approdato anche nella Commissione regionale territorio e ambiente. «La Toscana – afferma il presidente della commissione Erasmo D’Angelis – è stata la prima regione in Italia ad applicare la legge Galli: in pochi anni siamo passati da 190 gestioni diverse a 6 Ambiti territoriali ottimali e 6 soggetti gestori, con una ristrutturazione industriale imponente. Adesso il problema da affrontare è quello degli investimenti. Le nostre reti perdono ancora il 27% dell’acqua che trasportano, c’è bisogno di ammodernare, realizzare nuovi impianti, infrastrutture, invasi, dissalatori. Non si può ricaricare tutto sulla tariffa, ma allora dove troviamo le risorse? Dalla fiscalità generale? Sono questioni che è arrivato il momento di affrontare».

LA SCHEDA

ATO 1 – Toscana Nordprov. Massa + quasi tutta la prov. di Lucca + comuni della montagna pistoiese (Cutigliano, Abetone, ecc.)ATO 2 – Basso Valdarnogran parte della prov. di Pisa + 5 comuni della prov. di Lucca (fra cui Altopascio e Capannori) + i comuni della Valdinievole della prov. di Pistoia (Montecatini, Monsummano, Lamporecchio, ecc.) + 14 comuni della zona empolese, valdelsa e valdipesa della prov. di Firenze (Fucecchio, Empoli, Montelupo, Montespertoli, San Casciano, Certaldo, ecc.) ATO 3 – Medio Valdarnoprov. di Prato + comuni della prov. di Pistoia che non sono negli ATO 1 e 2 (con il Comune di Pistoia) + quasi tutta la prov. di Firenze (esclusi i comuni che sono nell’ATO 2) + 7 comuni della prov. di Arezzo (Montevarchi, San Giovanni Valdarno, Terranuova, ecc.) ATO 4 – Alto Valdarnola prov. di Arezzo (esclusi i comuni che sono nell’ATO 3) + 5 comuni della prov. di Siena (Chianciano, Chiusi, Montepulciano, ecc.) ATO 5 – Toscana Costaprov. di Livorno + 12 comuni del sud della prov. di Pisa (Montescudaio, Pomarance, Volterra, ecc.) ATO 6 – Ombrone:prov. di Grosseto + quasi tutta la prov. di Siena