Toscana

Allarme a Prato, esplode il caso cinesi

di Gianni RossiLa vicenda ha suscitato clamore e polemiche. E non poteva essere altrimenti: migliaia di cinesi in fila – meglio sarebbe dire in strada – mandano in tilt un intero quartiere di Prato. L’episodio che ha fatto salire la tensione in città risale a mercoledì 4 settembre. Il consolato cinese di Firenze, senza chiedere autorizzazione alle autorità locali, ha allestito una sorta di ufficio distaccato per svolgere pratiche inerenti alla sanatoria. Un’iniziativa evidentemente non improvvisata, visto che dalla notte precedente decine di cinesi, venuti anche da altre regioni d’Italia, hanno bivaccato in strada per guadagnarsi i primi posti. Dura la presa di posizione del prefetto Abramo Barillari e del sindaco Fabrizio Mattei, che – dopo aver cercato per tutto il giorno di gestire la situazione – hanno impedito al console cinese di ripetere l’operazione nei giorni successivi, così come inizialmente programmato, ritenendo illegittimo che autorità consolari possano svolgere attività amministrative al di fuori delle sedi proprie.

Per Prato è l’ultimo campanello di allarme. Le cifre ufficiali parlano di 7.000 residenti cinesi, ma i clandestini, a giudizio di molti, sono più del doppio. Forse più di ventimila persone su una popolazione di 177.000 abitanti, a cui si aggiungono altri 15.000 stranieri di diverse nazionalità tra regolari e non. Illegalità, sfruttamento di manodopera fino alla vera e propria schiavitù, alloggio in condizioni del tutto precarie sono i problemi tipici della presenza cinese a Prato. E anche il vescovo Gastone Simoni ha richiamato più volte l’attenzione su fenomeni che ritiene non tollerabili.

Ora, a complicare una situazione già difficile, sono giunte le sanatorie della Bossi-Fini. Prima quella per badanti e colf, poi quella per lavoratori subordinati. E davanti alle Poste gli orientali si sono messi subito in coda per il ritiro del cosiddetto kit. «I cinesi pur di regolarizzarsi – dicono alla Caritas diocesana – sono disposti a tutto. E la nuova normativa (già discutibile su molti punti) sta creando un vero e proprio caos: i kit per la regolarizzazione sono stati distribuiti prima del regolamento attuativo. Il rischio è che si sia messo in moto un meccanismo non più governabile, illudendo migliaia di persone e creando un giro di denaro incredibile». Cinesi disposti a tutto, anche – come sospettano in molti a cominciare dall’assessore alle politiche per l’integrazione Andrea Frattani – ad aggirare la legge. Per questo sono alla mercé dei loro connazionali datori di lavoro, che per concedere il consenso ad ogni passaggio della regolarizzazione, impongono lauti pagamenti. Il Comune annuncia di impegnarsi, per quanto di sua competenza, nelle procedure di controllo, ma lo fa in modo polemico: «Come mai una rappresentanza straniera si è arrogata un diritto non suo in presenza di un governo di centrodestra che aveva promesso “tolleranza zero?”. Probabilmente si respira un’atmosfera per cui le regole valgono poco. La Bossi-Fini provoca soltanto un’illusione di severità».

In città sono in molti a criticare la legge: basta fare un salto alla Caritas per rendersi conto dei problemi che si trovano davanti, tanto per fare un esempio, le signore che vogliono regolarizzare una badante per il marito infermo o imprenditori che non sanno cosa potrebbe succedere se il lavoratore cambiasse il lavoro mentre alloggia nella casa da loro fornita. Già, proprio questo requisito della sanatoria rischia di rivelarsi un problema grave per Prato. La gran parte dei cinesi vive infatti negli stanzoni: quale alloggio potranno fornire gli imprenditori orientali ai loro dipendenti connazionali?

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Siti utili:

Caritas Italiana

Dossier nuova legge Croce blu di Lucera

Ministero dell’Interno

Servizio immigrati del Progetto Arcobaleno

Sportello giuridico immigrazione della Caritas Italiana