Toscana

Allarme rosso: è la fine per il pomodoro aretino? Rischia di scomparire una produzione di punta

La coltura del pomodoro, fortemente radicata in Valdichiana, rischia di scomparire.  “Accordi commerciali negativi come quello tra Unione Europea e il Marocco, che ha provocato l’invasione di pomodori con una crisi senza precedenti della produzione nazionale,e l’aumento del 680 % le importazioni di concentrato di pomodoro dalla Cina, stanno rendendo la vita impossibile ai nostri produttori. Tutto questo visto anche che, partendo dal dato nazionale, il pomodoro è il condimento maggiormente acquistato dagli italiani e  che nel settore del pomodoro da industria sono impegnati in Italia oltre 8mila imprenditori agricoli che coltivano su circa 72.000 ettari, 120 industrie di trasformazione in cui trovano lavoro ben 10mila persone, con un valore della produzione superiore ai 3,3 miliardi di euro”. Sono parole di Tulio  Marcelli, presidente di Coldiretti Toscana e Arezzo, a proposito di un problema che sta creando conseguenze pesantissime anche direttamente sui produttori dell’aretino.La situazione difficilissima viene descritta direttamente dalle parole di due produttori di pomodoro della Valdichiana aretina. Partiamo da Pietro Rampi, titolare della società agricola Valdichiana di Foiano, 110 ettari, di cui una metà destinati a colture tradizionali e l’altra metà alle orticole. “Fino a pochi anni fa in Valdichiana – spiega Rampi –  si coltivavano circa mille ettari a pomodoro da industria. Oggi siamo a circa a 150 ettari. Anche noi, come azienda, abbiamo ridotto tantissimo di anno in anno, basti pensare  che nella scorsa stagione avevamo a pomodoro 36 ettari e quest’anno siamo passati a 12, un terzo dello scorso anno”. “La questione fondamentale – spiega –  è quella del prezzo, che oggi non arriva quasi a coprire neanche i costi di produzione, per cui noi imprenditori possiamo soltanto, in attesa di tempi migliori sul mercato, produrre a prezzo di costo. Per far rinascere il settore del pomodoro occorrerà prima possibile tornare ad una programmazione efficace che consente anche la definizione di prezzi certi e remunerativi per i produttori”.“E’ ovvio – conclude Rampi – che il resto del terreno agricolo a nostra disposizione viene destinato ad altre coltivazioni e  in particolare noi ci stiamo impegnando anche in aree nuove oltre alle altre colture tradizionali del territorio, come ad esempio a produzione di meloni e d cocomeri. Si tratta di prodotti che in Valdichiana hanno una grande storia, e che ci stanno aprendo anche positivi spazi sul mercato estero”.Antonio Rossiello, invece, è titolare dell’agriturismo La Colmata a Montagnano che ha un ampio spazio dedicato alle colture industriali come il pomodoro, anche qui con difficoltà crescenti: “Nella nostra Valdichiana – afferma Rossiello – la situazione è ormai insostenibile, con i costi di produzione che hanno di fatto superato il prezzo sempre più basso al quale viene pagato il prodotto. L’invasione di prodotto dall’estero è legata ad uno processo storico di globalizzazione che la rende purtroppo inevitabile”.“Tutto ciò – insiste il produttore aretino –  ha conseguenze dirette e pesantissime sul mercato. Basti pensare che, la conserva cinese che arriva qui sconta costi di produzione sono del 70% bassi rispetto ai nostri”. “Per non chiudere bottega, allora – conclude Rossiello –  le risposte sono di due tipi:  la prima è la diversificazione, visto che noi abbiamo pian piano promosso altre 14 differenti produzioni agricole, puntate anche su nicchie di qualità  e di valorizzazione del prodotto tradizionale attraverso il progetto Coldiretti”.Secondo Mario Rossi, direttore di Coldiretti Arezzo, “la globalizzazione ha portato al fatto che situazioni internazionali apparentemente lontane hanno ormai conseguenze immediate, dirette e pesanti sui nostri territori, e anche i nostri produttori di pomodoro da industria, che ha una forte e valida tradizione in Valdichiana, vedono le quotazioni di mercato notevolmente ridotte rispetto allo scorso anno”.“Con l’aumento delle importazioni – spiega ancora il direttore  – è cresciuto peraltro il rischio di frodi con il pomodoro marocchino venduto come italiano. Il risultato è che le quotazioni al produttore agricolo sono praticamente dimezzate rispetto allo scorso anno su valori inferiori ai costi di produzione che sono insostenibili e mettono a repentaglio il futuro delle coltivazioni delle nostre imprese. Per questo Coldiretti chiede che la Commissione Europea attivi urgentemente le clausole di salvaguardia previste dall’accordo con Marocco, vista la grave perturbazione di mercato creata dall’eccessivo aumento delle importazioni, che rischia di mettere in ginocchio l’economia e le opportunità di lavoro di interi territori”.