Toscana

Attacco alla Libia, i dubbi dei cattolici

Dopo i giorni di «Odyssey Dawn» («Odissea all’alba») condotta da un gruppo di Paesi «volenterosi» (così è stato tradotto un po’ impropriamente il termine inglese «willing»), sulla base della risoluzione Onu n. 1973, del 17 marzo 2011 per imporre una «no-fly zone» sul Paese e porre fine allle violenze delle truppe «lealiste» contro i ribelli, il 31 marzo è arrivata «Unified Protector», sotto la guida della Nato. Clicca qui per la nostra diretta. Sei favorevole o contrario? Vai al sondaggio L’appello del Papa: «Si fermino le armi»

I commenti

Le troppe contraddizioni della «legalità internazionale» (di Franco Vaccari)Non è così che si fa «ingerenza umanitaria» (di Romanello Cantini) Le rivoluzioni in Nord Africa e la miopia di chi investe sul presente e non sul futuro (di Romanello Cantini)Dalla Siria allo Yemen un monito ai dittatori (Riccardo Moro)«Di fronte alle notizie, sempre più drammatiche, che provengono dalla Libia, cresce la mia trepidazione per l’incolumità e la sicurezza della popolazione civile e la mia apprensione per gli sviluppi della situazione, attualmente segnata dall’uso delle armi. Nei momenti di maggiore tensione si fa più urgente l’esigenza di ricorrere ad ogni mezzo di cui dispone l’azione diplomatica e di sostenere anche il più debole segnale di apertura e di volontà di riconciliazione fra tutte le Parti coinvolte, nella ricerca di soluzioni pacifiche e durature». Questo l’appello lanciato domenica 27 marzo da Benedetto XVI, al termine dlel’Angelus in piazza San Pietro. Abbiamo chiesto ad alcuni dei responsabili toscani di associazioni e gruppi ecclesiali un giudizio sull’intervento militare in Libia. Mcl:Iniziativa pensata e gestita maleE’ evidente che non si può mai gioire di fronte a una guerra e che ogni vita debba essere difesa e rispettata. Occorre però non travisare la realtà confondendo l’aggredito con l’aggressore: Gheddafi è un dittatore con trascorsi da terrorista. Detto ciò non sfugga a nessuno che l’iniziativa internazionale contro la Libia è stata realizzata male, è partita in ritardo e con evidente disorganizzazione. Divisa persino sulla leadership della missione: con grandi difficoltà a trovare l’intesa su a chi spetti la guida delle operazioni militari, con gli Stati Uniti decisi a cedere il comando e con una Francia sempre arrogante. Bombardare la Libia è stato un salto nel buio, necessario per porre al riparo gli insorti della vendetta del tiranno, che stava per riprendere il controllo totale del territorio. Adesso non resta che sperare che i ribelli si organizzino per far cadere il regime, un epilogo della missione diverso dal rovesciamento del regime del Rais rappresenterebbe un pesante insuccesso per l’Occidente e per la comunità internazionale. Diva Gonfiantinipresidente regionale Mcl Azione Cattolica:Un sofisma dire che non è guerraL’ Italia non poteva restare neutrale, ma avrebbe potuto e dovuto contribuire a chiarire meglio i metodi e gli obiettivi di questa operazione, che con qualche sofisma si vuol passare come un’azione militare e non come una guerra. Troppe questioni restano ancora incerte anche agli occhi degli osservatori e degli esperti. Si dice ad esempio che non si vuole eliminare Gheddafi. Ma allora si punta a dividere la Libia in due? Credo che questa sarebbe la soluzione più destabilizzante per tante ragioni. L’Italia si troverebbe di fronte due staterelli in permanente conflittualità. Mi pare che in questa situazione sia del tutto assente una strategia politico-diplomatica, e anche quella militare è stata gestita finora con molta improvvisazione e assenza di coordinamento tra gli Stati che partecipano. Auspico che il Governo italiano dimostri maggiore fermezza nell’imporre una strategia per il proseguimento di questa operazione. Paolo Nepidelegato regionale dell’Azione cattolica Acli:L’operazione torni sotto l’egida dell’OnuEsprimo solidarietà ai manifestanti libici in quanto si riconosce il diritto fondamentale di un popolo a lottare per la propria libertà, a trovare finalmente una propria dimensione democratica rovesciando un «dittatore di fatto» come il Colonnello Gheddafi capace di reprimere nel sangue ogni dissenso e di minacciare la comunità internazionale. Si comprendono quindi le preoccupazioni che hanno dato vita alla risoluzione ONU, condividendone gli obiettivi mirati alla salvaguardia della popolazione civile. Si rimane purtroppo sorpresi dagli strumenti utilizzati per raggiungere la pace libica, dalla frettolosa iniziativa militare di «stati volenterosi» alla quale il nostro paese ha preso parte, equiparando i bombardamenti alle capacità della diplomazia.

Auspico un chiaro ritorno di tutta l’operazione sotto l’egida dell’ONU, unico organo capace di tutelare nel miglore modo possibile il popolo libico in questa difficile situazione. Non posso fare a meno di infine di fare mie le parole del Santo Padre: «nei momenti di maggiore tensione si fa più urgente l’esigenza di ricorrere ad ogni mezzo di cui dispone l’azione diplomatica e di sostenere anche il più debole segnale di apertura e di volontà di riconciliazione fra tutte le Parti conivolte, nella ricerca di soluzioni pacifiche e durature».

Federico Barnipresidente regionale Acli Comunione e Liberazione:Dare risposte alla domanda di libertàPenso che le parole più realistiche e le più umanamente intelligenti, in uno scenario così difficile da capire per noi, vengano ancora una volta dalla Chiesa «esperta in umanità». L’emergenza immediata è espressa dall’appello del Papa «a quanti hanno responsabilità politiche e militari, per l’immediato avvio di un dialogo, che sospenda l’uso delle armi».Certo, come ha ricordato il card. Bagnasco, non possiamo rimanere inerti dinanzi alle stragi perpetrate da dittatori feroci contro il proprio stesso popolo reo solo di aspirare ad una maggiore libertà. Ma la risposta, soprattutto oltre l’emergenza immediata, non può essere la guerra e non dico questo da pacifista unilaterale – giacchè pacifista non sono – ma semplicemente sulla base della esperienza recente in cui le guerre non hanno mai risolto i mali per i quali sino state avviate. Saremmo ciechi se non osservassimo con attenzione positiva e rispetto profondo quello che sta succedendo nel nordafrica; stiamo assistendo all’esplosione di una domanda di libertà che, se vissuta lealmente, non potrà che aprire nuovi spazi al dialogo e alla convivenza – e vi sono già segni di questo –. Se questi spazi, invece, saranno occupati dagli unici soggetti che oggi sembrano attrezzati ed organizzati – gli eserciti, da un lato, e i movimenti fondamentalisti, dall’altra – allora la prognosi deve cambiare. Andrea Simonciniresponsabile regionale Cl Agesci:Intervento troppo frettolosoCome scout crediamo nel dialogo e nella costruzione della pace, riconoscendoci nel messaggio evangelico non possiamo pensarla diversamente. La situazione in Libia, quello che sta facendo Gheddafi con i civili ci preoccupa. Allo stesso tempo pensiamo che l’intervento internazionale sia arrivato in un arco troppo breve, probabilmente dettato dall’eccessivo protagonismo di alcuni Stati. Non c’è stato prima nessun tentativo di mediazione né di diplomazia. Questo ci lascia molto perplessi. Crediamo che il dialogo sia sempre doveroso e non possiamo far finta di niente. Questo non è accaduto e si è scelto subito il ricorso alla forza. Matteo Spanòresponsabile regionale Agesci