Toscana

Cibo per tutti: si parte combattendo gli sprechi

«Sarà per tutti noi – volontari, ragazzi impegnati nel Servizio civile, cittadini che avranno voglia di intervenire – un momento di formazione e di presa di consapevolezza attorno ai grandi nodi proposti dalla campagna: le relazioni tra i popoli mosse dal tema cibo, le speculazioni finanziarie, il cambiamento degli stili di vita e la lotta allo spreco come risorse necessarie per costruire ovunque un accesso al cibo giusto, sano e sufficiente per tutti». Donatella Turri, direttrice della Caritas di Lucca e responsabile del Gruppo educazione alla mondialità di Caritas toscana, spiega così a Toscanaoggi l’iniziativa del 13 marzo, a Firenze. Una giornata per aumentare la consapevolezza su questi temi. Ma non solo. «La campagna – aggiunge – è sostenuta a livello nazionale da molte sigle che abbiamo invitato e coinvolto anche a livello regionale. Speriamo che la loro presenza e la partecipazione delle Istituzioni ci consenta anche di approfondire dei percorsi di collaborazione future per trovare insieme risposte adeguate anche in Toscana sul tema dell’accesso al cibo quale diritto esigibile».

La campagna «Cibo per tutti» è stata lanciata a livello nazionale un anno fa… C’è stata una sensibilizzazione nelle parrocchie? Ho l’impressione che di questi temi se ne parli poco…

«Fin qui, i temi della campagna hanno lavorato molto, ma sotto traccia. Il tema “cibo” fa parte del DNA della nostra comunità ecclesiale. Il supporto alimentare alle famiglie e alle persone in difficoltà, per esempio, è una delle risposte più diffuse e tradizionali che le comunità organizzano per contrastare la povertà e le marginalità sociali. Eppure, ha proprio ragione, spesso dei molti temi collegati al cibo si parla poco o si tace. Spesso non c’è consapevolezza della complessità che si esprime nel nostro piatto. Si tengono lontani i problemi collegati alle situazioni di deprivazione severa di molte regioni del mondo, si considerano qualcosa di molto distante».

Si fa fatica a coglierne le implicazioni con il nostro quotidiano…

«Ugualmente si fa fatica a interrogarsi sui meccanismi che regolano la produzione, la distribuzione, il consumo, lo spreco del cibo anche nei nostri territori. Noi siamo invece convinti che oggi sia assolutamente necessario sollevare di nuovo una discussione consapevole, attenta, appassionata nelle nostre comunità riguardo al “cibo”. Solo questa presa di coscienza può guidarci nel cercare insieme risposte credibili, autentiche alla povertà alimentare sia in termini globali che locali».

Siamo abituati a pensare che la fame sia un problema che riguarda certe aree del terzo mondo, invece aumentano anche in Toscana le famiglie che sono prive di un’alimentazione sufficiente…

«È proprio così. I dati che le Caritas raccolgono in ognuna delle Diocesi toscane tra coloro che si rivolgono ai Centri di ascolto raccontano la realtà di tanti che fanno fatica a soddisfare pienamente i propri bisogni alimentari. Come il dossier 2014 sottolineava bene già nel titolo, spesso a spingere ai margini sono la disoccupazione e la precarietà abitativa. Anche la povertà alimentare, in crescita nel nostro territorio, è la conseguenza di processi di impoverimento complessi, che sottostanno a diversi fattori: la perdita del lavoro, l’indebitamento, una presa in carico della povertà da parte delle Istituzioni parziale e spesso poco coordinata e insufficiente».

Con conseguenze gravi…

«La conseguenza è che anche nelle nostre città l’accesso al cibo per molti non è garantito in maniera adeguata e non solo tra coloro che si trovano nella cosiddetta “povertà estrema”, ma anche a molte famiglie collocabili piuttosto nella “fascia grigia del disagio” a causa della perdita recente di occupazione, di rotture familiari. Il dato tragico, poi, è che sempre più spesso sono i bambini a trovarsi esposti a questo rischio. Le Nazioni Unite definiscono il diritto all’accesso come “la possibilità di accedere al cibo in maniera regolare, permanente, libera a cibo quantitativamente e qualitativamente adeguato, corrispondente alle tradizione, in grado di sviluppare una vita serena, sana, degna sia individualmente e collettivamente”. Può forse immaginare quanto siamo lontani… Molte delle famiglie che si rivolgono ai Centri di Ascolto Caritas oggi mangiano cose a buon mercato, che si cucinano facilmente e chiedono poco gas per essere cotte. Sostanzialmente pasta e dolci di fabbricazione industriale».

Poi c’è il rovescio della medaglia.. anche da noi si spreca tanto cibo…

«È uno scandalo diffuso delle nostre società. Pensi che secondo gli ultimi dati una quantità di cibo tra il 30 e il 50% dell’intera produzione mondiale sarà gettato prima di arrivare sulle nostre tavole. Contemporaneamente quasi 1 miliardo di persone soffrono di malnutrizione cronica. Queste due realtà non possono coesistere senza porci dei gravi, gravi problemi di coscienza».

Anche perché lo spreco non riguarda solo il cibo…

«Sprecare cibo significa aver prima sprecato l’acqua, la terra, il lavoro che sono stati necessari per produrlo. davvero un paradosso di catastrofica grandezza. Per questo, oggi non si può non lottare contro lo spreco alimentare. La lotta allo spreco deve diventare imperativa del nostro modo di organizzare le società che viviamo. Possiamo evitare lo spreco a tutti i livelli della catena che porta gli alimenti nel nostro piatto: a livello di produzione, a livello di distribuzione e poi al livello del consumatore, di tutti noi».

Facciamo un esempio….

«Pensi alla frutta e la verdura cosiddetta “fuori calibro”, ossia che è troppo piccola o troppo grande per essere venduta… oggi spesso finisce semplicemente tra i rifiuti, viene gettata, pur essendo non solo commestibile, ma ottima… dobbiamo dotarci di regole che salvino tutto questo cibo, inventare nuovi meccanismi per farlo arrivare nei piatti. Come Caritas da anni grazie anche alla Legge del buon samaritano, che equipara al consumatore finale le organizzazioni che distribuiscono gratuitamente cibo, ci siamo movimentati per salvare il cibo dal diventare anzitempo rifiuto nella grande distribuzione e recentemente anche nelle mense, raccogliendo il cibo non distribuito e facendolo arrivare nelle mense dei più poveri. Il Banco alimentare è in prima linea su questo e così molti altri. Ma non basta. Non basterà fino a quando non organizzeremo sistematicamente le nostre città contro lo spreco».

E le singole famiglie cosa possono fare per evitare sprechi in casa?

«In primo luogo è necessario tornare ad essere estremamente consapevoli del valore del cibo ed insegnarlo ai bambini. Che cosa mangiamo, quando mangiamo una fragola, ad esempio? È un frutto? È un fiore?… quali sono le stagionalità delle cose che consumiamo? Quanta acqua serve per crescere la nostra verdura? E quanto consumo di suolo per allevare gli animali? Poi, possiamo darci delle regole piccole, piccole perché i nostri frigoriferi siano “abitati da giustizia”: fare la spesa in maniera più oculata, con l’occhio non tanto alle offerte, quanto alle reali necessità della famiglia. Avvicinarsi a forme di consumo consapevole e condiviso come i Gruppi di acquisto solidali, per esempio, incoraggiare la filiera corta. E poi imparare a utilizzare gli avanzi in maniera creativa. e così via».

C’è qualche esperienza significativa e virtuosa da segnalare in Toscana?

«Già in molte diocesi si sperimenta da tempo il modello degli “empori” che hanno sostituito i “pacchi spesa”. Si promuovono esperienze di revisione dei bilanci familiari e degli stili di consumo tra i volontari e con quanti chiedono aiuto ai centri di ascolto. Si incoraggia la produzione diretta, la filiera corta, l’agricoltura sociale. Si combatte lo spreco attraverso la raccolta del non utilizzato, si organizzano in maniera locale risposte alimentari. I grandi temi che ruotano oggi attorno al tema cibo sono quelli della “relazione” e della “resilienza” (reagire in maniera positiva agli eventi traumatici, ndr) La sfida per le comunità è quella di farsi promotrici di risposte che curino la povertà alimentare anche come sintomo di meccanismi di esclusione complessi e stratificati e se ne facciano carico incoraggiando la relazione con quanti si trovano nel bisogno e la loro capacità di reagire. Sempre di più il tessuto Caritas cerca di allontanarsi dall’assistenzialismo pericoloso e insufficiente per contribuire a creare comunità capaci di inclusione e giustizia».

Tra pochi mesi si inaugura l’Expo di Milano dedicata proprio al cibo… Può aiutare anche le nostre comunità a riflettere su questi temi?

«Ogni occasione è buona. L’Expo ha tanti limiti e tante, tantissime contraddizioni. Gli va però riconosicuto il merito di aver sollevato un tema quello del cibo in maniera complessa e sotto tanti punti di vista. Può diventare per questo un’occasione anche per la nostra Chiesa, purché lo affrontiamo con gli occhi degli ultimi e ci sentiamo spinti a portare la voce degli ultimi sulle agende del nostro impegno e sulle prime pagine della nostra attualità».

La Giornata di studio regionale

«Dire, fare, partecipare per nutrire il pianeta» è il tema della giornata di studio, confronto e programmazione per il diritto al cibo in Toscana, che si tiene venerdì 13 marzo nell’Aula Magna del Seminario di Firenze (Lungarno Soderini, 19. Sarà mons. Riccardo Fontana, delegato Cet per la carità, ad aprire i lavori alle 10. Dopo i saluti di Stefania Saccardi, vicepresidente della Regione, e di Gianni Salvadori, assessore all’agricoltura, la relazione di Antonietta Potente («La globalizzazione dell’indifferenza. Cibo e relazioni di pace»). A seguire una tavola rotonda, moderata da Antonello Riccelli, con Andrea Baranes («La finanza non può scommettere sul cibo»), Luca Falasconi («Cibo e sprechi, invertire la rotta») e Donatella Turri («Garantire il diritto al cibo in Toscana. Un percorso condiviso». Dopo il dibattito, le conclusione sono affidate ad Alessandro Martini, delegato della Caritas toscana. La mattinata si conclude con un buffet «buono, solidale e giusto».