Toscana

Consultori, una realtà da rilanciare

I consultori familiari hanno trent’anni, ma non se la passano troppo bene. Diffusi a macchia di leopardo sul territorio, devono fare i conti anche con le carenze di organico e con i tagli della Finanziaria. Ma i problemi sono più a monte. Nati nel 1975, tre anni prima della legge che ha reso legale l’aborto, avrebbero dovuto essere un «servizio di assistenza alla famiglia e alla maternità», «nel rispetto delle convinzioni etiche e dell’integrità fisica» delle persone. Ma fin dall’inizio si sono orientati piuttosto verso i bisogni dei singoli individui e in senso prettamente sanitario. Risultano privilegiate infatti le prestazioni medico-ginecologiche e pediatriche, la prevenzione della gravidanza attraverso la contraccezione, nonché il rilascio del documento per l’aborto volontario. Da tempo si parla di «rilanciarli» e una proposta di revisione della legge 405/1975 è ferma in Parlamento. In Toscana nel 2004 i consultori pubblici erano 204, ma solo 17 di tipo «principale», cioè con ostetrica, ginecologo, psicologo e assistente sociale. I dati li ha forniti recentemente l’assessore regionale alla sanità Enrico Rossi: «Nel 2004 nei consultori familiari su un totale complessivo di 283.302 prestazioni ostetrico-ginecologiche le visite e i colloqui pre IVG risultano 2.660 e le certificazioni 2.021, a fronte di 58.518 prestazioni relative al percorso nascita e 108.637 pap test. Nei consultori per adolescenti su un totale complessivo di 16.897 prestazioni ostetrico-ginecologiche le visite e i colloqui pre IVG risultano 399 e le certificazioni 250, a fronte di 8.021 visite e consulenze per contraccezione e 1.331 prestazioni relative al percorso».

Insomma per Rossi, che pure si lamenta del loro progressivo «depotenziamento», non è vero che i consultori sono dei dispensatori di certificazioni per l’aborto, come aveva accusato il ministro della sanità Francesco Storace. È però innegabile che in Toscana il 40,3% delle certificazioni per l’Ivg (6 punti in più della media nazionale) vengono dai consultori e soprattutto che in Toscana è anomalo il dato delle «Ivg urgenti», con la percentuale record del 27,7%, quando la media italiana è del 10% e regioni vicine come la Liguria (4,1%), l’Umbria (2,6%) e il Lazio (8,5) sono ben al di sotto. L’art. 5 della legge 194 prevede che quella settimana di possibile «ripensamento» per la donna che ha deciso di abortire possa essere eliminato solo nel caso di una «dichiarazione d’urgenza». In altre parole il ricorso massiccio a questa procedura è un modo per non fare prevenzione. «Salvo poche lodevoli eccezioni – commenta il capogruppo dell’Udc in consiglio regionale, Marco Carraresi, che ha presentato anche una proposta di legge per riqualificare i consultori – risulta che nell’80% dei casi non solo alla donna non viene prospettata alcuna alternativa all’aborto, ma non viene neppure chiesto il motivo della sua domanda di Ivg».

Del resto nel corso della sua audizione davanti alla Commissione Affari sociali della Camera per l’indagine conoscitiva sull’attuazione della legge 194, l’assessore Rossi, a nome anche di tutte le altre regioni, ha negato che gli operatori dei consultori debbano tentare di dissuadere la donna, in quanto la parola «dissuasione» «nella legge non si trova… perché rischia di essere invasiva delle libertà personale». Rossi ha anche sostenuto che l’unica forma di «prevenzione» «consiste nel favorire una procreazione cosciente e responsbaile», perché «l’aborto non è il fenomeno, ma la soluzione che viene data al fenomeno, la gravidanza non desiderata». «Caro Rossi», gli ha risposto pubblicamente Carlo Casini, «secondo te la gravidanza è una malattia che si può prevenire solo con la “contraccezione-vaccinazione”. E se la “malattia” si verifica? Non resta che distruggerla…».Claudio Turrini Livorno: parlano gli operatori dei consultori«Da qui passano 300 ragazzi al mese»di Chiara DomeniciA Livorno un Centro di Aiuto alla Vita non c’è. Quello più vicino è a Pisa, qui operano volontari, medici e personale qualificato per dare vero sostegno. Ci sono stanze per i colloqui con psicologi e medici, si sbrigano pratiche. A Pisa, grazie al progetto «Gemma», sono nati 16 bambini «livornesi». A Livorno ci sono i distretti sanitari e se hai meno di 24 anni ci sono i due consultori per gli adolescenti. Dal consultorio passano quasi 300 ragazzi il mese e chiedono un colloquio con il ginecologo di turno o con lo psicologo. «I ragazzi che incontriamo sono moltissimi – racconta la ginecologa di turno – La maggior parte di loro ci chiede informazioni sulla contraccezione, soprattutto la pillola, che richiede una visita ed alcune analisi. Le famiglie spesso sono al corrente di questa richiesta, o almeno così dicono i ragazzi. Incontriamo anche ragazzine quattordicenni, ma sono pochissime. Qualcuno – continua – ci chiede anche la “pillola del giorno dopo”, diciamo 2 persone su 20 che vengono a colloquio, anche se i casi aumentano a dismisura in estate».

Le richieste di aborto si aggirano intorno al 3%. «Il lavoro più gravoso davanti alla domanda di interruzione di gravidanza – rivela la ginecologa – è quello di informare le famiglie, sia nel caso in cui le ragazze siano maggiorenni che minorenni. Non è mai piacevole compilare un certificato per richiedere un aborto, ma penso non sia nostro compito far loro cambiare idea. Le invitiamo a tornare al consultorio 20 giorni dopo l’operazione e a programmare un metodo di contraccezione; a volte tornano, altre volte no: ognuna ha una storia sua ed una reazione diversa».

Ai distretti invece si rivolgono gli adulti. Ma anche qui la storia non cambia. «Quelle che vengono da noi sono donne che hanno già preso una decisione ed è difficile che cambino idea – confessa un’ostetrica – molto spesso sono straniere ed il fatto di essere rimaste incinte per loro è solo un problema da risolvere. Personalmente non conosco medici che abbiano insistito per far cambiare idea a chi vuole abortire, né so se il personale dei distretti è a conoscenza dei progetti a sostegno alle mamme in difficoltà, l’unica cosa che posso affermare è che ci sono medici che rifiutano di lavorare al distretto anche perché non vorrebbero trovarsi di fronte a situazioni del genere».

La polemica sulla pillola Ru486Storace: «Toscana regina dell’aborto». Rossi: «È falso»La Toscana è «la regina dell’aborto». L’accusa lanciata dal ministro della salute Francesco Storace durante un incontro a Firenze ha innescato una dura polemica con l’assessore regionale alla salute, il ds Enrico Rossi. È stato quest’ultimo, infatti, a dare l’ok all’utilizzo di una legge del 1997 come «cavallo di Troia» per permettere, nell’ospedale di Pontedera, l’aborto chimico con la Ru486, nonostante che il farmaco non sia ancora registrato in Italia. Il ministro – e lo ha annunciato proprio da Firenze – ha poi provveduto a modificare il regolamento di quella legge in modo da ostacolarne l’uso improprio. In pratica si ribadisce che si può importare dall’estero un farmaco non registrato solo per curare una malattia. E l’aborto non è una malattia. «Se avessimo aggirato le leggi vigenti come sembra pensare il ministro – ha replicato Rossi – non ci sarebbe bisogno di cambiarle. Sono passati oltre tre mesi da quando in Toscana si è iniziato ad utilizzare il farmaco Ru 486, il ministro non è intervenuto in alcun modo. Noi abbiamo lavorato nel rispetto della legge». Quanto alla Toscana come «regina dell’incentivo all’aborto», Rossi considera le parole del ministro come «offensive non tanto per l’assessorato ma per tutti gli operatori sanitari della Toscana».

I dati su Consultori e Ivg in Toscana (2004)

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