Toscana

Così cambia il clima. Anche in Toscana gravi danni

Un’estate sotto l’acqua e il maltempo. Chi ha pagato il prezzo più grande è la Russia che conta 58 morti, quasi tutti turisti, travolti dalle inondazioni che si sono verificate nelle zone di villeggiatura del Mar Caspio. Le alluvioni hanno travolto anche l’Austria, dove sono morte sette persone in due giorni. Numerosi i danni: ponti crollati, ferrovie bloccate, cittadine isolate dall’acqua. Salisburgo è stata dichiarata zona disastrata. Situazione critica anche in Germania dove il centro di Dresda è stato inondato dalle acque dell’Elba. Le immagini di Praga allagata hanno fatto il giro del mondo. Nonostante i sacchi di sabbia e il lavoro di contenimento, la furia del fiume Moldava ha inondato piazze, strade, case e scantinati. Sedici le vittime provocate dalle inondazioni.

Ma che sta succedendo? Ci dobbiamo abituare a convivere con le alluvioni? Lo abbiamo chiesto al professor Giampiero Maracchi, docente di climatologia all’Università di Firenze.«Purtroppo sì – risponde il climatologo –, ma è almeno da dieci anni che lo sappiamo. L’unica novità sono le alluvioni estive. Il clima, in Europa, si sta tropicalizzando e questo vuol dire che i fenomeni saranno sempre più intensi».Da Johannesburg, dove è in corso il Summit mondiale sull’ambiente, arriva l’appello degli scienziati: «Bisogna mettere fine al riscaldamento della terra per bloccare disastri ambientali come le inondazioni che hanno devastato il Centro Europa». Il monito arriva in particolare da Robert Watson, capo del pool di scienziati della Banca mondiale: «Non bisogna identificare ogni evento con i cambiamenti climatici. Ma quello che si può dire – spiega Watson – è che in questo tipo di mondo questo tipo di cose diventeranno sempre più prevalenti». Watson aveva pronosticato un aumento della temperatura della terra attorno a 5,8 gradi centigradi in questo secolo: un cambiamento che a suo giudizio potrebbe portare a problemi climatici ancora più estremi, favorendo sempre più le inondazioni. «Un tipo di evento – conclude Watson – che diventa più presente in un pianeta riscaldato.Maracchi conferma: «Il riscaldamento del pianeta è un dato di fatto ed è connesso con lo sconvolgimento del quadro climatico. A questo punto non resta molto da fare se non adattarsi. Indietro non si torna, o perlomeno ci vorrebbero almeno 40 o 50 anni per tornare ad una situazione normale se ora smettessimo tutti di inquinare».

L’innalzamento della temperatura terrestre è dovuto al cosiddetto «effetto serra», determinato dall’eccessiva presenza di particolari gas chiamati anche «gas serra»: vapore acqueo, anidride carbonica, metano, ecc. Ma come avverte l’ultimo dossier di «Famiglia oggi», dedicato all’educazione ambientale, l’«effetto serra» non c’entra nulla con il cosiddetto «buco nell’ozono», l’altro termine ormai sulla bocca di tutti.

«Buco nell’ozono» è l’espressione con cui si indica la riduzione dello spessore dello strato di gas ozono nell’atmosfera sopra il Polo Sud e il Polo Nord a causa soprattutto dell’immissione nell’atmosfera di clorofluorocarburi, ovvero dei composti chimici allo stato gassoso utilizzati principalmente nei frigoriferi, nelle schiume e nelle bombolette spray. La funzione dello strato di ozono negli strati alti dell’atmosfera, a circa 20 mila metri di altezza (stratosfera), è quella di schermare la superficie terrestre dai raggi ultravioletti provenienti dal sole. Senza questo strato arrivano sulla terra una quantità molto maggiore di irradiazioni ultraviolette, che hanno un effetto particolarmente dannoso sulle persone soprattutto a livello di tumori della pelle.

A Johannesburg si parla anche di questo, mentre i cambiamenti climatici non sono strettamente compresi nell’agenda del Summit. Invece, a giudizio di molti esperti, la questione è strettamente legata ai temi in discussione e dovrebbe spingere tutti i Paesi ad agire in fretta per evitare ulteriori disastri.A.F.

La Toscana paga i danni del maltempo

DI ANDREA BERNARDINI«Per i danni del maltempo stiamo facendo una mappatura della situazione perché il quadro non è uniforme: in alcune zone della Toscana si segnalano danni da grandine, in altre i danni sono venuti dal vento, in altre ancora i danni sono venuti da piogge di grande intensità».

A parlare è Antonio Sangiorgi, direttore di Coldiretti Toscana. «Una volta verificato l’entità dei danni provvederemo ad inoltrare la richiesta per il riconoscimento dello stato di calamità naturale – prosegue Sangiorgi – che scatta, secondo la legge nazionale, quando è accertata la perdita superiore al 35% della produzione lorda vendibile. Ed in talune aree questa soglia è stata sicuramente superata».

«Ma l’iter per il riconoscimento della calamità naturale è sin troppo lungo», gli fa eco il presidente della Coldiretti di Pisa (una delle aree maggiormente colpite dal maltempo) Massimo Camillieri: «Un raccolto completamente distrutto può determinare una crisi aziendale, mentre l’intervento dello Stato risulta generalmente assai tardivo e si concretizza spesso in limitati sgravi fiscali».

L’arrivo, anche nelle regioni mediterranee, di un clima tipicamente tropicale, deve far crescere, secondo Camillieri, la «cultura dell’assicurazione. Ma anche le agenzie di assicurazione – lamenta il sindacalista pisano – almeno fino ad oggi sembrano non voler investire più di tanto in agricoltura, anche perché non sdno sufficientemente sostenute dallo Stato».

«Insomma – conclude Camillieri – oggi forse ancor più che in passato, l’agricoltore ha un solo riferimento cui affidarsi: la Divina Provvidenza».

I danni provincia per provincia

Un inverno siccitoso, un giugno torrido, un luglio piovoso ed un agosto dove a pioggia e grandine si è associato il vento forte, che ha assunto in alcune occasioni il carattere di vere e proprie trombe d’aria. «Stagioni così anomale stanno creando non pochi problemi alle attività agricole – commenta la presidente regionale di Coldiretti Alessandra Lucci – alcune colture, come il famoso fagiolino zolfino, sono andate quasi completamente perse a causa della siccità nella fase di fioritura. Problemi anche per colture di grande importanza come l’olivo che si presentava in piena fioritura ed ha sofferto per il caldo torrido durante l’allegagione. In alcune aree del pisano il caldo umido di luglio ha determinato forti attacchi di peronospora (non più trattabile perché a ridosso della raccolta) su meloni e pomodori con ingenti perdite di prodotto, fino al 60-70%, e milioni di produzione completamente persi».

Arezzo – Grandine sul tabacco Kentuchy (serve per la produzione del sigaro toscano). 3800 ettari danneggiati su 4000. Dieci milioni di euro il danno. Danni anche su produzioni di ortofrutta.

Lucca – Il vento forte ha danneggiato le serre soprattutto a Viareggio e Massarosa. Sono state scoperchiate le serre con teli in plastica che proteggevano fiori ed ortofrutta.

Firenze – Una tromba d’aria si è abbattuta in agosto nella zona della Val di Sieve, risalendo da Bagno a Ripoli fino alla Rufina. Sono state danneggiate le serre, abbattuti alberi, fortemente danneggiati alcuni vigneti. Il vento forte ha fatto anche danni nel Mugello scoperchiando capannoni. Sono segnalati nella zona della Rufina danni a vigneti per la grandine.

Pisa – Le forti pioggie creano problemi nelle operazioni di raccolta soprattutto delle barbabietole che in questa area avvengono in modo anticipato rispetto al resto del paese. Con la raccolta ritardata si perde una parte del prodotto. Le forti pioggie fanno calare il grado zuccherino.