Toscana

Da Firenze le religioni chiedono pace per la Terra Santa

«Andiamo oltre» è il claim di questa seconda edizione del festival: oltre il fanatismo, oltre la paura, oltre i pregiudizi, ha sottolineato Twal. «Dobbiamo lavorare – ha aggiunto – non tanto per frenare una cultura di morte, quanto per costruire una cultura basata sul rispetto e la fiducia reciproca».

Riguardo al conflitto israelo-palestinese, «la Chiesa Cattolica – ha ricordato – condanna ogni violenza, ogni terrorismo compiuto da gruppi o singole persone». Ma ha anche affermato che «l’occupazione militare israeliana fa male all’occupato come all’occupante» e che «Israele ha vinto tutte le guerre contro gli arabi, ma non ha mai vinto pace e sicurezza». La Terra Santa, ha detto ancora, «non potrà mai essere proprietà esclusiva di un popolo, siamo tutti condannati a vivere gli uni accanto agli altri. Su questa terra vivremo insieme o moriremo insieme: adesso sembra più probabile morire insieme. Ma non possiamo rassegnarci, dobbiamo continuare a sperare e a lavorare per costruire un futuro nuovo. Un giorno anche i capi politici capiranno il senso di questa terra, e allora potremo far festa insieme». D’altra parte, ha aggiunto con una punta di amarezza, «noi capi religiosi possiamo parlare e incontrarci, ma se la politica non è con noi perdiamo tempo».

A dialogare con il patriarca Twal, il rabbino e filosofo Adin Steinsaltz che ha parlato delle difficoltà del dialogo tra le religioni, dove a differenza del dialogo in campo commerciale o economico non si può dare un prezzo alle cose: «Molto dipende – ha detto – da quanto siamo disposti a tollerare a vicenda, teologicamente e praticamente. Quando ho incontro Benedetto XVI – ha ricordato – gli ho detto: come ebreo posso accettare che tu vada in cielo, seppur a modo tuo, come tu puoi accettare che io vada in cielo a modo mio». Riguardo al terrorismo dell’Isis, invece, secondo il rabbino «non somiglia alla religione, è un movimento nichilista che non ha niente a che vedere con l’Islam».

Parole simili a quelle pronunciare dal Rabbino capo Ashkenazita di Gerusalemme, Aryeh Stern, in una intervista realizzata da Maurizio Molinari, che è stata trasmessa in apertura dell’incontro. «In Israele – ha detto – c’è spazio per le religioni. L’estremismo e la violenza non hanno ruoli da svolgere nè ragione di esistere: nessun principio cristiano, ebraico o islamico giustifica la violenza contro innocenti. Dio vuole che le nazioni vivano in pace».

In questa prima giornata del Festival, con lo sguardo tutto rivolto a Gerusalemme, l’organizzatrice della manifestazione Francesca Campana ha voluto ricordare il «sindaco santo» Giorgio La Pira, che vedeva in Firenze un riflesso della Gerusalemme celeste. Ma ha ricordato anche che «questo per Firenze è l’anno del nuovo umanesimo», richiamando il tema a cui sarà dedicato il Convegno ecclesiale nazionale del prossimo novembre. «Siamo un festival delle religioni – ha quindi affermato – che dice che prima di qualunque religione c’è l’uomo, la sua dignità profonda che va difesa a tutti i costi, oggi più di sempre». Non è mancato il saluto del sindaco Dario Nardella, secondo cui «la missione che la città ancora oggi sente come autentica, che appartiene a questa comunità, è una missione di pace e dialogo».

La giornata inaugurale prevede, nel pomeriggio, la testimonianza del patriarca di Alessandria d’Egitto Tawadros II (Teodoro II), Papa della Chiesa Orientale Copta. Molti gli appuntamenti in programma nei tre giorni dal 15 al 17 maggio: tra gli incontri di venerdì 15 maggio spicca una intervista, alle 11,30 nel Cenacolo di Santa Croce, con Meriam Yahia Ibrahim Ishag, la giovane cristiana sudanese condannata a morte per apostasia, poi scarcerata. Ma non mancheranno le occasioni per approfondire altri temi, come il dialogo su Dio e l’uomo tra Zygmunt Bauman e Stanislaw Obirek. Il programma generale è sul sito www.festivaldellereligioni.it