Toscana

Ecomostri, ce ne sono anche in Toscana

DI MARCO LAPIHa fatto indiscutibilmente… rumore (oltre che polvere), ma è stata anche altamente spettacolare, la demolizione del corpo centrale dell’«ecomostro» barese di Punta Perotti, la cosiddetta «saracinesca», sbriciolatosi come un castello di sabbia grazie alle cariche esplosive perfettamente disposte al suo interno. Entro la fine del mese sarà fatta piazza pulita anche la parte restante del complesso che da oltre dieci anni «oscurava» il lungomare del capoluogo pugliese.

In senso metaforico, invece, l’evento di domenica 2 aprile ha fatto rumore non solo perché ripreso da tutti i media, ma anche perché ha contribuito a riportare alla memoria gli altri «ecomostri» disseminati lungo la Penisola.

A censirli ci ha pensato Legambiente. «Dopo quello di Punta Perotti – ha ricordato il presidente nazionale Roberto Della Seta – ci sono almeno altre 16 emergenze, altri 16 ecomostri che dovrebbero seguire la sorte del complesso immobiliare abusivo del lungomare barese, a partire dalle case fuorilegge nell’area archeologica della Valle dei Templi di Agrigento, dalle ville abusive di Pizzo Sella, la collina del disonore di Palermo, dallo scheletrone di Palmaria, che sfregia il paesaggio di Portovenere in Liguria, dai mattoni non autorizzati a Giannutri, nel Parco dell’Arcipelago Toscano. Più in generale poi è necessaria una nuova stagione della legalità che consenta di contrastare e mettere fini al fenomeno abusivismo che ancora oggi, anche grazie ai condoni e talvolta alla complicità delle amministrazioni locali, vede spuntare dal niente ogni ora 3 nuove costruzioni fuorilegge».

La nostra regione dunque non è indenne e oltre a Giannutri, ricordata da Della Seta, «vanta» (si fa per dire) a Procchio, sul litorale settentrionale elbano, uno scheletro di cemento, attualmente posto sotto sequestro, che sorge poco lontano dal mare e che, stando alle intenzioni dei suoi costruttori, doveva essere un «centro servizi» con albergo ed appartamenti per un totale di 20 mila metri cubi. Il complesso, avviato poco dopo l’alluvione del 2002 in area che avrebbe invece dovuto essere sottoposta a moratoria per rischio idraulico, è divenuto il simbolo della cosiddetta «Elbopoli», l’inchiesta sulla corruzione nell’isola.

A Giannutri, invece, una lunga fila di fatiscenti immobili in cemento armato, per un totale di circa 11 mila metri cubi, sovrasta da una ventina di anni l’insenatura dello Spalmatoio, in pieno Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano. L’attuale amministrazione del Giglio (comune da cui Giannutri dipende) ha avviato un tavolo di confronto con Legambiente che dovrebbe portare all’abbattimento degli scheletri esistenti, mentre l’acquisizione di alcune proprietà dell’isola da parte del Ministero dell’Ambiente sembra finalmente preludere a un futuro di salvaguardia dalla speculazione.

«Questi ecomostri, che come si vede spesso sfregiano le aree protette – ha affermato ancora Roberto Della Seta – si affiancano purtroppo ad altri 140 mila edifici completamente fuorilegge, costruiti spesso nelle aree più pregiate del Paese».