Toscana

Famiglia e fisco, il fenomeno delle false separazioni

Ne è convinto Carlo Di Iorio, 60 anni, abruzzese trapiantato a Roma, laureato in giurisprudenza e revisore legale, una lunga esperienza di dirigente dell’Agenzia delle entrate (è stato anche a capo della direzione regionale della Toscana dal febbraio 2005 al febbraio 2006), uno dei fondatori di Lef, associazione per la legalità e l’equità fiscale.

«Sì – dice Carlo Di Iorio –il fisco è un elemento sempre più decisivo anche nella scelta del tipo di rapporto legale tra persone dello stesso nucleo».

Di Iorio ha fatto un suo «studio», pubblicato sulla rivista telematica «Fisco Equo». Una premessa: è necessario che il reddito percepito dal contribuente che sostiene il nucleo sia di importo significativo per determinare un risparmio d’imposta apprezzabile. Nel caso di un imponibile di 80 mila euro si può arrivare a risparmiare anche 5 mila euro. Ecco come.

«Il signor Francesco (nome di fantasia) da sempre ligio ed onesto contribuente – scrive l’esperto –  possiede un reddito complessivo annuo di 80.000 euro, l’unico della famiglia, composta dalla moglie, priva di redditi, e da due figli studenti. Ipotizziamo che Francesco e sua moglie, (…) spinti e convinti dalle intuibili ragioni di convenienza manifestate dall’immancabile amico furbo e bene informato, decidano di separarsi (pro forma) consensualmente, concordando un assegno annuale di mantenimento di 20.000 euro al coniuge e di 7.500 euro per ognuno dei due figli. Attualmente Francesco (che per semplicità di calcolo non dispone di oneri deducibili o detraibili), commisura l’imposta ad un reddito imponibile di 80.000, euro, costituito per 79.335 euro da lavoro dipendente e per 665 euro da un immobile “a disposizione” (rendita catastale di 500 euro aumentata di 165 euro, pari ad un terzo). Non può fruire di detrazioni per il coniuge e figli a carico in quanto il suo reddito supera il limite di 75.000 euro e pertanto paga una Irpef di 27.570 euro, cui si aggiungono addizionali comunali e regionali (ipotizzate al 2%) di 1.600 euro, per un totale di 29.170 euro. In caso di separazione consensuale Francesco decurterà dal proprio reddito l’importo di 20.000 euro corrisposto al coniuge (importo che diventerà tassabile per quest’ultimo), non potrà fare lo stesso per l’ammontare di 15.000 corrisposto per i due figli (comunque non tassabile per questi ultimi), ma potrà usufruire (come anche la moglie) delle detrazioni d’imposta per i figli a carico. Nella nuova situazione fiscale Francesco avrebbe un imponibile di 60.000 euro e pagherebbe una imposta Irpef corrispondente di 19.270 alla quale vanno aggiunte le addizionali comunali e regionali (2%) per un importo di 1.200 euro e sottratte le detrazioni per i due figli a carico per un importo di 364 euro. L’imposta dovuta sarebbe di 20.106 euro. Il coniuge invece con un imponibile di 20.000 euro pagherebbe una imposta Irpef corrispondente di 4.800, addizionali comunali e regionali (2%) per 400 euro e godrebbe di detrazioni per i due figli a carico per 655 euro. L’imposta dovuta sarebbe di 4.545 euro. Considerando i due coniugi “separati” avremmo una imposta complessiva di 24.651 euro contro i 29.170 pagati in precedenza dal solo Francesco con un risparmio d’imposta di 4.519 euro».

«Per chiudere il cerchio, non potendo più risiedere ufficialmente (ma di fatto continuerà a farlo) insieme alla propria moglie (separata) ed ai due figli, Francesco trasferirà la sua residenza nell’immobile sinora tenuto “a disposizione” (…). In tal modo, si accorgerà di realizzare altri risparmi d’imposta. Infatti la nuova casa, costituendo per lui “abitazione principale”, non sarà più soggetta ad imposte erariali (prima scontava, all’aliquota del 43%, un’imposta IRPEF di 286 euro ed all’aliquota del 2% addizionali comunali e regionali di 13 euro, il tutto per complessivi 299 euro), e non sarà soggetta nemmeno ad Ici (prima, ad una aliquota del 7 per mille, l’abitazione incideva per circa 350 euro). Tra l’altro, presentando al (nuovo) Comune di residenza apposita istanza, otterrà una riduzione della Tarsu perché il proprio nucleo familiare risulterà composto da una sola persona e tale minor esborso, diverso a seconda di quanto stabilito dal relativo regolamento comunale, di norma sarà almeno pari (quando non sarà superiore) all’aggravio derivante dal contestuale venir meno della riduzione prima spettante quale titolare di abitazione “a disposizione”. Alla fine del conto, tralasciando la Tarsu, il signor Francesco risparmierà 5.168 euro (4.519 + 299 + 350). Il che vorrà dire aver aumentato il proprio stipendio netto mensile di 430,66 euro per dodici mensilità. Ma non finisce qui, perché a seguito della separazione per il signor Francesco ci saranno anche altre positive conseguenze, e cioè: Francesco, per la sua “nuova prima casa” pagherà i consumi (energia elettrica, gas etc…)  in base alla tariffa agevolata per “residenti”; i due figli avranno buone possibilità di fruire, a causa del relativamente basso reddito della madre, di diverse agevolazioni (sussidi scolastici, borse di studio, viaggi premio, soggiorni estivi, etc…)».

Ma quanti sono i Francesco d’Italia?

«La sensazione  è che le separazioni simulate siano numerose, più di quanto si possa ragionevolmente immaginare, per cui sarebbe auspicabile su tali fattispecie una intensificazione dei controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria. E se poi dai riscontri operativi la sensazione dovesse trovare conferma, forse potrebbe rivelarsi utile subordinare la deducibilità della spesa alla effettività del suo pagamento (all’uopo prevedendo la tracciatura del relativo assegno/bonifico) in modo da scoraggiare in radice comportamenti anomali e da facilitare i controlli del fisco sulla reale destinazione ed utilizzazione delle somme».

Per capire il fenomeno – denuncia l’Associazione nazionale famiglie numerose – sarebbe sufficiente vedere quante separazioni non si trasformano in divorzi…

«E questa può essere una buona chiave di lettura da cui partire per indagare. È vero che ci sono casi di ricomposizioni  familiari, come di ex coniugi che, una volta separati, non procedono verso il divorzio per evitare di sostenere ulteriori spese legali. Ma lo ripeto: sono convinto che le separazioni di convenienza siano davvero molte».

Distinguiamo le separazioni false da quelle vere: queste ultime portano gli ex coniugi sul lastrico…

«Sottoscrivo».

Dall’Irpef all’Isee, tutti i vantaggidei «furbetti» del «quoziente fai da te»Lo chiamano quoziente familiare fai da te, anche se con l’originale «qf» – che tanto piace a molti cattolici – non ha niente a che vedere: è la paradossale scelta di molte coppie di separarsi sulla carta per risparmiare sul fisco e trarne vantaggi nelle prestazioni erogate dai Comuni. Per capire come tutto ciò sia possibile, ci siamo rivolti a Livio Marchi del Centro di assistenza fiscale (Caaf) della Cisl di Pisa. Ecco un utile vademecum.

IRPEF. L’IRPEF è l’imposta sul reddito delle persone fisiche, in sostanza quanto paghiamo direttamente all’erario pubblico sulla base dei redditi di cui abbiamo disposto durante l’anno solare. Per calcolare l’IRPEF, alla somma di tutti i redditi dobbiamo dedurre alcune tipologie di spesa, individuate dalla normativa fiscale, tra le quali l’assegno di mantenimento al coniuge separato o divorziato, cifra stabilita dalla sentenza del giudice, con esclusione degli alimenti versati per i figli.

Facciamo, dunque, l’esempio di un contribuente, unico percettore di un reddito pari a euro 31.309,00 annuo, e che ha a suo carico la moglie, un figlio maggiorenne, un figlio minorenne e possiede la casa dove abita. L’IRPEF da lui versata all’erario nel 2010 è stata pari a euro 5.571, cui occorrono sommare 282 euro di addizionale regionale e 250 euro per l’addizionale comunale, per un totale di euro 6.103,00. Ipotizziamo che il nostro contribuente si separi dalla moglie e versi a quest’ultima un assegno di mantenimento pari a 2.400 euro l’anno. Rimanendo invariate le detrazioni a lui spettanti, può portare ulteriormente in deduzione gli alimenti (solo quelli per il coniuge); quindi il risultato sarà: IRPEF 4.659 euro, addizionale regionale 240 euro e addizionale comunale 231 euro, per un totale di 5.130 euro. Il risparmio è di 441 euro.

Tariffe per refezioni scolastiche e asili nidi, tasse universitarie, bonus energia. Per calcolare le tariffe dovute ai comuni per usufruire dei servizi mensa delle scuole o degli asili nido, per ottenere contributi sociali (aiuto per l’affitto o bonus energia), per stabilire l’ammontare delle tasse universitarie, dal 1999 è stato istituito l’ISEE, un sistema di calcolo della situazione economica che tiene conto oltre che del reddito ai fini IRPEF del nucleo familiare, anche del patrimonio mobiliare e immobiliare. La base principale del calcolo dell’ISEE è la famiglia, ovvero tutti coloro che compongono lo stato di famiglia anagrafico. Nell’ISEE devono confluire tutti i redditi e i patrimoni dei membri, senza nessuna esclusione, anche se tra di essi non vi è alcun rapporto di parentela o di affinità. A questa regola fa eccezione il caso in cui uno dei coniugi abbia residenza altrove e quindi faccia parte di un altro stato di famiglia anagrafico: quest’ultimo dovrà necessariamente essere inserito nell’ISEE del coniuge pur avendo diversa residenza. Di questa eccezione non si tiene conto se il coniuge è separato o divorziato (sempreché la sua residenza sia altrove).

Prendiamo il caso di una famiglia monoreddito composta da padre, madre, 1 figlio maggiorenne e 1 minorenne. I due coniugi hanno una casa di abitazione di proprietà. Il reddito del padre è di euro 24.500 euro, egli ha aperto anche conto corrente bancario dove tiene 4.000 euro; la madre ha un libretto di risparmio alla posta con 2.000 euro. Dovendo pagare l’asilo nido e le tasse universitarie e volendo richiedere il bonus energia per il gas e l’energia elettrica, la famiglia compilerà l’ISEE, che sarà pari a euro 11.651.  Nel caso in cui i coniugi si separino e i figli rimangano con la madre l’ISEE sarà pari a euro 42 euro. La differenza del risultato ISEE comporterà un notevole risparmio nelle tariffe e nelle tasse universitarie (stabilite, rispettivamente, dal comune di Pisa e dall’università di Pisa): da euro 254,30 al mese nel caso in cui la coppia sia unita a zero nel caso in cui la coppia sia separata;  da euro 3,45 a zero per i buoni pasto delle mense scolastiche; nessuna differenza, per la frequentazione dell’università: in entrambe i casi i genitori non dovranno sborsare niente.  Inoltre, se la famiglia resta unita, non ha diritto al bonus energia (perché il limite ISEE per usufruirne è di euro 7.500), se invece risulta separata, potrà ricevere annualmente 103 euro di sconto sulla bolletta del gas e 124 euro sulla bolletta dell’energia elettrica.Prendiamo il caso di una famiglia con un figlio minore e uno maggiorenne, dove entrambi i coniugi hanno un reddito (di 25.000 euro a testa), la casa di abitazione di proprietà intestata a lui e lei e 4.000 euro a testa sul conto corrente. L’ISEE sarà pari a euro 28.392. Nel caso di separazione o divorzio e l’allontanamento di uno dei due coniugi dal nucleo familiare, l’ISEE sarà pari a 14.586 euro.

Di conseguenza, le tariffe e tasse oscilleranno in questo modo: da 374,30 euro a 286,80 euro per l’asilo nido, da 4,10 euro a 5,40 per i buoni pasto. La spesa per la frequenza del ragazzo all’Università non cambierà perché i genitori, uniti o separati, rientrerebbero, in entrambi i casi, nella fascia di ISEE che va da euro 17.000 a 40.000, così come non avranno in nessun caso diritto al bonus energetico.

«Da questi due esempi – commenta Livio Marchi (Caaf Cisl) – si evince un effettivo risparmio sostituendo alla famiglia tradizionale una situazione di separazione o di divorzio. Tuttavia la convenienza reale del risparmio deve tener conto anche di altri aspetti quali le spese legali per lo scioglimento del matrimonio, le spese per una seconda residenza (obbligatoria solo nel caso dell’ISEE), la situazione reddituale personale dei due coniugi, ecc. Potrà capitare, quindi, che in presenza di redditi maggiori sia maggiore anche la convenienza alla separazione tra i coniugi».

Ma quanto costa una separazione consensuale? Secondo Paolo Puglisi, consigliere dell’Associazione nazionale famiglie numerose «il costo per la pratica di separazione davanti al giudice è di circa 1500/2000 euro totali, una cifra che non scoraggia chi intende investire in una separazione fittizia per risparmiare di fronte al fisco; del resto l’avvocato, se la separazione è consensuale, non è obbligatorio, è sufficiente scaricare la richiesta e depositarla in tribunale».

LA STORIA«Al diavolo i conti, mi tengo la moglie»

Una ordinaria giornata da padre di famiglia numerosa. Ritiro da scuola le mie figlie Rachele, Irene e Miriam, rispondendo contemporaneamente alle comunicazioni delle maestre, agli inviti che arrivano dalle compagne di classe, alla richiesta di denaro per partecipare ad un regalo di compleanno. Per riconquistare un po’ di buonumore, nel breve tratto che ci separa da casa, accendo l’autoradio e mi sintonizzo su Radio Toscana per ascoltare gli scherzi telefonici di Alessandro Masti, mentre le tre bambine si punzecchiano e si accusano vicendevolmente di chissà quali delitti. Ma è questione di pochi minuti. Appena parcheggiato sotto casa, mi vesto da vigile urbano: da anni non riesco a far capire alle mie figlie che dallo sportello dell’auto o dalla porta di casa, larga 70 cm, non possono uscire od entrare contemporaneamente in tre, zaini compresi.

Sul corridoio d’ingresso mia moglie Valentina, un pancione alla 39ª settimana di gravidanza, mi sussurra ad un orecchio: «Se ci separiamo, possiamo risparmiare anche mille euro l’anno». È un «benvenuto» come un altro. Poi l’occhio mi cade su «Test positivo» l’house organ dell’Associazione nazionale famiglie numerose e in particolare su un pezzo dal titolo «Divorzio e ci guadagno». Capisco tutto. E indago.

Il primo a sollevare il caso è stato Il Sole 24 ore, che in un fogliettone in prima di Marco Bellinazzo («Rinuncia al marito ed avrai la detrazione che ti spetta») racconta la storia di una coppia milanese, sposata da 40 anni; un corto circuito normativo nega alla signora sessantenne la pensione minima e le impone di pagare i ticket in quanto troppo «ricca» per via del reddito del consorte; ma allo stesso tempo – riconoscendola «incapiente», cioé con reddito troppo basso – non le permette di fare il 730 per scaricare scontrini e spese mediche. Unica via d’uscita, appunto, la separazione consensuale. La signora rifiuta, ma – sostengono gli esperti di Lef, associazione di cittadini per un fisco più equo e più giusto – la casistica è assai diffusa e non sono poche le persone che hanno aderito alla separazione consensuale (formale e non reale).

Chiedo ulteriori lumi. Il Centro di assistenza fiscale della Cisl di Pisa mi manda uno studio.  Sì, la separazione «fittizzia», in diversi casi, è conveniente: il coniuge economicamente più debole, che si tiene a carico tutti i figli, può usufruire di maggiori assegni familiari, ha un Isee più basso che gli consente di accedere a tutte le agevolazioni sui servizi, mentre l’altro coniuge può scaricare l’assegno di mantenimento.  Sbotta l’amico avvocato Aldo Ciappi: «Lo so. È uno scandalo»..Ma i padri costituenti, dico io, non scrissero che la «Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia»? «Sì, e invece quarant’anni di cultura divorzista hanno prodotto questi risultati».

L’Associazione nazionale famiglie numerose ha lanciato sul suo sito un sondaggio. Avete mai pensato di divorziare per risparmiare sulle tasse? Il 43,12% dei votanti risponde «sì e lo faremo (o lo abbiamo già fatto)», il 20,07% «no, ma potrebbe essere un’idea». Ma allora. Non credo ai miei occhi. E soprattutto, mi chiedo: ma è legale tutto ciò? «La realtà è che lo Stato ha pochi strumenti per intervenire, – mi dice Moreno Volpi, commercialista obiettore («io a questi giochi non mi presto»)–- come fa ad entrare nel merito di una separazione? Non può certo guardare dal buco della serratura». Durante la notte, finisco per sognare i miei «mille euro»…  Avevo appena visto un’offerta della Prenatal, un kit di accessori sicuramente utili per il bimbo in arrivo.. umh. Rivedo in sogno anche il film «Casomai» di Alessandro D’Alatri, il fitto dialogo tra Stefania Rocca e il suo commercialista: per sbarcare il lunario e far entrare il bambino al nido, la soluzione migliore è, anche in questo caso, la separazione fittizia.

Le 4.30 del mattino. A questo punto, inquieto, non riesco più a dormire e sogno solo un buon motivo per alzarmi dal letto. Ci pensa mia  moglie: «Mi si sono rotte le acque». Di corsa in ospedale. Nasce Daniele. Di ritorno a casa, ritroviamo sul tavolo la pagina aperta di «Test Positivo». Ci mettiamo a ridere tutti. Al diavolo i conti. Mi tengo la moglie. E tifo per la Provvidenza.