Toscana

I costi della politica, anche in Toscana un esercito di poltrone

di Simone Pitossi

Diciannove presidenti di Regione e due presidenti di Province autonome (Trento e Bolzano). Alle loro spalle un esercito di 233 assessori, 1.118 consiglieri e diverse migliaia di addetti, capi di gabinetto, assistenti, segretarie, esperti in comunicazione. I costi minimi stimati per le indennità di presidenti, assessori e consiglieri sono intorno ai 220 milioni di euro all’anno. Le indennità sono parametrate a quelle dei parlamentari nazionali: in Toscana è al 65% dell’indennità del parlamentare. A questo c’è da aggiungere il costo di segreteria e gestione. In pratica un singolo consigliere costa in Toscana (dati della presidenza del Consiglio regionale) circa 210 mila euro all’anno. Tutto ciò va moltiplicato per 65, quanti sono i consiglieri. Alla somma vanno aggiunti anche gli attuali 12 assessori (è possibile arrivare fino a 14…) che percepiscono più o meno la stessa indennità dei consiglieri.

Ma i costi della Regione non sono solo questi. Infatti il presidente Claudio Martini ha proposto di ridurre enti, agenzie, fondazioni e aziende pubbliche da 90 a 63. Vuol tagliare 27 consigli di amministrazione, sfilare la poltrona ad altrettanti direttori e presidenti, riassorbendo 7 Ato per la gestione dei rifiuti, 3 per quella dell’acqua, 10 enti per il controllo del patrimonio immobiliare pubblico, due aziende per il diritto allo studio soltanto per fare qualche esempio, per un risparmio, a regime, di 10 milioni di euro l’anno. Un cura dimagrante intensiva. In Toscana c’è l’Arsia (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione nel settore agricolo forestale) che ha un amministratore che percepisce quasi 87 mila euro all’anno. Stessa cifra per l’amministratore dell’Azienda regionale di Alberese, per il direttore di Toscana Promozione e Artea (Agenzia regionale toscana per le erogazioni in agricoltura). Ma il record spetta al direttore generale dell’Arpat (Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana) con 135 mila euro annue che ha anche un direttore tecnico che ha un compenso di 94.500 euro. In buona posizione il direttore della Mediateca regionale che percepisce quasi 112 mila euro annue. Poi c’è il direttore del Parco regionale di Migliarino con 82 mila euro annue al quale va aggiunto il dirigente della tenuta che percepisce la retribuzione prevista dal contratto della dirigenza pari a 76.616 euro annue e il presidente del Consiglio d’amministrazione con «soli» 22.487 euro. Il direttore del Diritto allo studio universitario di Siena oltrepassa quota 95 mila euro mentre il suo collega di Pisa si ferma a 78.747 e quello fiorentino non arriva neanche a 45 mila. C’è poi la Fondazione Toscana Spettacolo il cui direttore tocca 68.397 euro e il presidente del Cda si ferma a 35 mila. E così si arriva al direttore dell’Ente Parco Apuane che supera quota 57 mila euro annue. Infine, il Difensore civico regionale che arriva a 72 mila euro annui.

Ma a questi dirigenti e presidenti di consigli d’amministrazione vanno aggiunti altri presidenti, vicepresidenti, semplici membri di Cda, presidenti e membri dei collegi dei revisori, presidenti del comitato tecnico-scientifico, amministratori, presidenti e membri del comitato consultivo (come si vede dalle tabelle in alto). Insomma, un elenco che non finisce più. Molti di questi saranno necessari ma di altri, forse, se ne potrebbe fare anche a meno. L’ultimo scandalo nel campo degli sprechi è rappresentato dai Consorzi di bonifica. Marco Carraresi, capogruppo Udc in Consiglio regionale, ha fatto notare a Martini che se «vuole ridurre le poltrone» potrebbe iniziare proprio da questi «carrozzoni» che si fanno vivi «una volta all’anno» per riscuotere «un tributo che assomiglia molto ad un sorta di seconda Ici camuffata».

In Toscana sono attivi 13 consorzi di bonifica e 13 comunità montane che svolgono direttamente le funzioni di bonifica. Dei 13 Consorzi di bonifica quello della Valdichiana Aretina è ancora in fase di istituzione ed è presieduto da un commissario, l’attuale assessore all’ambiente della provincia di Arezzo. Anche il Consorzio Ufficio dei fiumi e fossi di Pisa è commissariato, a seguito di una sentenza che ha annullato le ultime elezioni dei rappresentanti dei consorziati. Le entrate annuali, costituite principalmente dalla contribuenza dei cittadini, ammontano a oltre 35 milioni di euro. Mentre, a fronte di circa 15 milioni di euro per spese di esercizio (funzionamento degli organi, personale, costi di esazione, costi per le elezioni, ecc.), le spese di investimento (manutenzione e esecuzione delle opere) si aggirano ogni anno intorno ai 45 milioni di euro. Le indennità per gli amministratori non sono simboliche, e oscillano tra i 1.200 euro lordi di indennità mensile per il presidente del consorzio di Osa Albegna fino ai 5.400 euro del consorzio Grossetana. Mentre il compenso annuo per un presidente dei Revisori dei Conti può sfiorare i 15 mila euro. E per ogni seduta i «deputati» ottengono un gettone da 60 a 142 euro, e anche i gettoni di presenza dei consiglieri sono consistenti, da 55 euro fino a 130 euro. Una evidente sperequazione se si considera che il consigliere di un piccolo comune che fa parte del comprensorio di bonifica, con evidenti maggiori oneri e responsabilità, in un anno può arrivare a percepire neanche 150 euro di gettoni di presenza. Anche perché alle spese per gli amministratori dei consorzi vanno aggiunti alcuni benefit (anche telefoni cellulari), rimborsi di vario genere e, soprattutto, indennità chilometriche, quasi sempre calcolate in base alle tabelle Aci. Un sistema di indennità e di rimborsi spese che consente anche ai semplici consiglieri, dedicando a questo incarico solo poche ore settimanali, di ricavare un ulteriore vero e proprio stipendio anche di oltre mille euro mensili.

I Consorzi dovrebbero in pratica essere Enti esattori che attraverso la tassazione dei contribuenti si fanno carico soprattutto della realizzazione e della manutenzione delle opere idrauliche. In realtà svolgono unicamente la funzione di «struttura appaltante», senza essere quasi mai il soggetto che si occupa della realizzazione diretta. Se è vero che le opere idrauliche sono necessarie, è anche vero che il soggetto che riscuote le tasse e appalta i lavori potrebbe benissimo essere un altro già esistente (Provincia, Comunità montana, ecc.), evitando una inutile e dispendiosa duplicazione amministrativa ed istituzionale. Non a caso gli operai dipendenti dai consorzi di bonifica sono solo poco più di un centinaio. Ma il vero grande paradosso è che i Consorzi sono gli unici Enti che in Toscana possono vantare una quasi esatta corrispondenza fra dipendenti (345) e amministratori (323 consiglieri e 36 sindaci revisori).

La «strambata» del Consiglio: «Torniamo ai cinquanta eletti»

Il 26 giugno prossimo si discuterà in Consiglio regionale un’iniziativa che rischia di azzerare una riforma che solo tre anni fa sembrava necessaria. Arriva in aula infatti la proposta di legge di Luciano Ghelli (Pdci) che chiede il ritorno a 50 consiglieri regionali. E a rilanciare sulla proposta Ghelli è il capogruppo dei Ds Paolo Cocchi, proprio uno degli artefici dell’accordo sottobanco con Forza Italia e An che portò all’aumento dei consiglieri e all’abolizione delle preferenze. «Dobbiamo ridurre subito il numero dei consiglieri regionali, raccogliendo l’invito fatto dal ministro Vannino Chiti alle Regioni – ha detto Cocchi –. Bisogna farlo subito perché non credo che sia necessario ridiscutere complessivamente sugli Statuti per apportare un semplice taglio. Questo dibattito, tra l’altro, in Toscana è già iniziato: sarebbe un errore rimandare a un futuro indefinito questa discussione, la gente non capirebbe. Sono convinto che potremmo presto decidere sul numero dei consiglieri apportando un drastico taglio rispetto a quanto fissato nella scorsa legislatura, riducendo anche il numero degli assessori per poi affrontare le altre questioni che le forze politiche hanno posto. Come pure è utile che l’indennità dei consiglieri regionali sia fissata, uguale per tutti, dal livello nazionale». Una «strambata» – ovvero il cambio di direzione con il vento in poppa – del genere sarebbe degna di Luna Rossa. E sarebbe entusiasmante se avvenisse nel campo di regata di Valencia dove si sta svolgendo la Coppa America. Invece il «teatro» di questa conversione è il palazzo del Consiglio regionale. Solo tre anni fa, nel 2004, la Toscana non poteva fare a meno di aggiungere 15 consiglieri regionali ai 50 già presenti, per un totale di 65. E prevedere fino a 14 assessori esterni al Consiglio (oggi sono 12, dopo le dimissioni di Mariella Zoppi). Tutto ciò previsto dal nuovo Statuto regionale. E nella legge elettorale, anch’essa «nuova» e collegata allo Statuto, si pensò bene di togliere le preferenze. Sull’aumento dei consiglieri a 65 e sull’abolizione del voto di preferenza «Toscana Oggi» lanciò una durissima campagna.

Non solo. Un mese e mezzo prima delle elezioni dell’aprile 2005 che elessero il nuovo Consiglio regionale lanciammo un nostro «gioco»: il «Seggiolotto». Ovvero provammo a indovinare quali sarebbero stati i futuri consiglieri regionali. Le previsioni si avverarono e il merito non fu nostro. Ma della legge elettorale: abolito il voto di preferenza, la facoltà di scegliere i propri rappresentati era passata dai cittadini nelle mani delle segreterie dei partiti. Oggi anche questo viene rimesso in discussione. Il capogruppo della Margherita Alberto Monaci si è detto d’accordo «sul processo di revisione del numero dei Consiglieri regionali contestualmente al recupero del modello elettorale proporzionale con espressione del voto di preferenza». Anche l’Udc – da sempre contraria sia all’aumento sia all’esclusione delle preferenze – per bocca del vicesegretario regionale Franco Banchi ha messo in guardia da una «correzione ibrida e pasticciata». Secondo l’Udc sarebbe infatti «estremamente negativo tornare a 50 consiglieri senza contestualmente restituire ai cittadini il diritto di scegliere i propri candidati attraverso il voto di preferenza».

Consorzi di bonifica stesso numero di dipendenti e amministratoriI «consorzi di bonifica» hanno origini ottocentesche, quando erano ancora diffuse zone paludose o insalubri da bonificare. La normativa nazionale, ancora in vigore, risale al 1933. Ma è stata la legge regionale n. 34 del 5 maggio 1994 a riordinare la materia, classificando come «di bonifica» l’intero territorio toscano, suddiviso in 41 comprensori. La sua attuazione è stata piuttosto complessa e lunga. Attualmente sono attivi 13 consorzi regionali di bonifica, che si occupano di uno o più comprensori: Val di Chiana Aretina (ancora in fase di istituzione); Area FiorentinaBientinaColline LivornesiColline del ChiantiFiumi e Fossi (Pianura pisana); GrossetanaOmbrone P.se BisenzioOsa AlbegnaPadule di FucecchioVal d’EraVal di CorniaVersilia Massacciuccoli. Parte del territorio di confine, fa parte di otto consorzi interregionali con l’Emilia Romagna, a nord (Bentivoglio EnzaBurana-Leo-Scoltenna-PanaroRenanaReno PalataRomagna CentraleRomagna Occidentale) o con l’Umbria, a sud-est (V. di Chiana Romana V. di PagliaVal di Paglia Superiore).

I comprensori rimasti sono di competenza delle 13 Comunità montane. Le entrate annuali, costituite principalmente da tributi dei cittadini (ricadono su tutti i proprietari di immobili sia terreni che fabbricati), ammontano a circa 35 milioni di euro. Le sue funzioni sono assicurare la difesa idraulica (soprattutto la regimazione dei corsi d’acqua) e la tutela ambientale del territorio e adeguare, completare e mantenere le opere di bonifica già realizzate, progettarne e realizzarne di nuove, collaborare con gli Enti locali sull’assetto del territorio. Dodici di questi consorzi di bonifica sono associati nell’Urbat (Unione regionale per le bonifiche, l’irrigazione e l’ambiente della Toscana), che ha un proprio sito (www.urbat.it). Questi dodici consorzi coprono circa il 50% del territorio regionale e riguardano 900 mila toscani. Gestiscono 7.513 km di reticolo di fiumi, canali e torrenti.

Nei tredici Consorzi di bonifica toscani vi sono complessivamente 345 dipendenti, di cui 69 laureati, 104 tecnici, 108 operai e 5 stagionali. Il più alto numero di dipendenti (50) è quello del Consorzio Grossetano, il più basso lo si trova nel consorzio di Osa Albegna e della Val d’Era (13 dipendenti ciascuno). I Consorzi di bonifica hanno organi «abbondanti», e perfino i «deputati» (che corrispondono agli assessori di un’amministrazione comunale): ogni ente ha quindi un presidente, un consiglio dei delegati, una deputazione amministrativa e il collegio dei revisori dei conti. Complessivamente gli amministratori (323 consiglieri e 36 sindaci revisori) sono pari ai dipendenti. Sono organi del Consorzio:a) il Consiglio dei Delegati;b) la Deputazione Amministrativa;c) il Presidente;d) il Collegio dei Revisori dei Conti. Non manca neppure un Direttore (retribuito spesso oltre 100 mila euro l’anno).

L’incredibile è che il Consiglio dei delegati funziona praticamente come una sorta di consiglio comunale. Ovviamente con tanto di gettone e di rimborso spese.

In libreria: Tutti i privilegi di una «casta»

di Ennio Cicali

Il destino della seconda Repubblica potrebbe essere racchiuso nelle trecento pagine di un libro. Sembra un paradosso ma il volume La casta di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella (Mondadori editore) ha ridestato l’attenzione degli italiani sulla politica, i suoi riti stantii, ma soprattutto sul cumulo di benefici di cui godono i politici e il loro contorno. Un libro corrosivo e documentatissimo con una corposa appendice, che spiega come la classe dirigente del Paese ha invaso l’intera società italiana. Storie stupefacenti, al limite dell’inverosimile, nel libro dei due giornalisti del Corriere della sera.

Ha fatto scalpore il raffronto fra i costi del Quirinale, Buckingham Palace, residenza della regina d’Inghilterra, e l’Eliseo, dimora del presidente francese. I cittadini inglesi possono conoscere tutto sui bilanci della Corona, collegandosi su Internet. In Italia, no. Oggi, grazie a Rizzo e Stella si può sapere ancora qualcosa di più, ma non tanto. Perché tutto è segreto: segreto il bilancio del Quirinale, segreti i bilanci di Camera e Senato. Misteri sui quali neppure la Corte dei conti può mettere il naso. I privilegi non sono prerogativa di pochi: si parte dai gradi più alti e giù a scendere. Paradossalmente, il capo dello Stato è tra quelli che guadagna di meno.

A tutti i livelli, le sorprese non mancano. L’immagine che ne esce non è edificante: una foto di gruppo con deputati e senatori, regioni, province, comuni, circoscrizioni comunali, enti vari. Un’immagine fatta di sprechi, sperperi, regali, poco improntata ai valori etici della Costituzione che ci è costantemente richiamata.Senza guardare in faccia nessuno, Rizzo e Stella ci raccontano storie stupefacenti: dagli aerei di Stato che volano 37 ore al giorno alle oltre 500 mila auto blu, un record mondiale. Affitti di palazzi parlamentari a peso d’oro. Finanziamenti pubblici quadruplicati, nonostante il referendum. Rimborsi elettorali 180 volte più alti delle spese sostenute. Organici di presidenza delle Regioni moltiplicati in venti anni. Province che continuano a crescere nonostante siano considerate inutili. Ex onorevoli e candidati trombati, «consolati» con qualche presidenza. Tante scorte, per qualcuno necessarie, per tanti solo uno status symbol. L’elenco è lunghissimo, non c’è che l’imbarazzo della scelta.

Non c’è solo l’oggi nel libro di Rizzo e Stella, la prima parte è dedicata a quelli che la Repubblica l’hanno fatta nascere: quelli che «dormivano in convento». Tutta un’altra storia ed ecco uscire i paltò di La Pira, la comunità del Porcellino, politici che pensavano che il pubblico denaro dovesse essere «rispettato». Figure che forse susciteranno l’ironia di chi pensa che la politica sia un «mestiere».

Di costi della politica non si parla solo da oggi. Finora erano solo sussurri. Si è ricominciato a parlarne nell’estate 2005 grazie a Cesare Salvi e Massimo Villone, due senatori Ds, che nel consiglio nazionale del loro partito presentarono un documento per richiamare gli amministratori del centro-sinistra al rigore politico e amministrativo. Il documento è approvato all’unanimità, ma nei corridoi prevalgono silenzio e stizza. Qualcuno definisce il documento «comico» e reagisce come se fosse stato commesso un delitto di lesa maestà, come raccontano i due senatori ds nel loro libro Il costo della democrazia, uscito alla fine del 2005 da Mondadori, ottenendo un discreto successo di pubblico. Oggi il libro di Rizzo e Stella ha venduto finora oltre trecentomila copie. Non è solo un successo letterario, ma anche il sintomo di un malessere progressivo che pervade l’intera società italiana e del quale si dovrà tenere conto.

Per saperne di più

Sono numerosi i libri dedicati al costo e alle vicende della politica, oltre ai volumi di Rizzo – Stella e Salvi – Villone. Tra i più recenti altri volumi di Gian Antonio Stella: «Tribù – foto di gruppo con cavaliere» (Mondadori). «Avanti popolo -foto di gruppo con professore» (Rizzoli) e «Lo spreco» (Baldini & Castoldi). «Soldi & partiti» (Ponte alle Grazie) di Massimo Teodori è dedicato al finanziamento pubblico. Raffaele Costa è l’autore de «L’Italia degli sprechi – Dalla A alla Z – enciclopedia delle spese assurde a carico del contribuente» e «L’Italia dei privilegi – Dalla A alla Z – Dizionario delle persone e delle categorie trattate meglio dei comuni cittadini», editi da Mondadori.