Toscana

I nonni? Sono una risorsa

In Toscana sono oltre 800mila gli over 65, quasi un quarto della popolazione: 86mila necessitano di aiuto «saltuario», 61mila di aiuto quotidiano e 28mila di aiuto costante. La Toscana è al di sopra della media nazionale: con il 23,3% si colloca, dopo Liguria e Umbria, al secondo posto tra le regioni con più anziani (dati Istat). Le province con più anziani sono (in ordine decrescente): Firenze, Pisa, Lucca, Livorno. Quella con la percentuale minore è Prato. Ad una fotografia aggiornata sulla terza età in Toscana, realizzata dal Cesvot (Centro servizi volontariato Toscana), è dedicato il numero monografico della rivista «Plurali», dal titolo «Non solo nonni». Accanto ai dati e ad esperienze di volontariato, gli interventi di Michele Mangano presidente nazionale Auser, di Gianni Salvadori assessore regionale alle politiche sociali e un’intervista a Fabio Ferroni, responsabile del progetto «Città sicura» del Comune di Livorno.

Le strutture residenziali per anziani in Toscana sono 429: ospitano 13.586 persone ultra 65enni, dei quali 9.110 non autosufficienti. 105 strutture sono gestite dal privato sociale e da onlus (dati Regione Toscana).

Dal monitoraggio sui servizi residenziali per anziani in Toscana condotto dalla Fondazione Michelucci appare però chiaro che l’istituzionalizzazione degli anziani, autosufficienti e non, in strutture residenziali non risolve la questione dell’invecchiamento della popolazione. Secondo la Fondazione gran parte degli anziani, con adeguato supporto, possono prolungare la permanenza nella propria casa e nel proprio quartiere. Ed è proprio in questo ambito che si segnalano i progetti più innovativi delle oltre 300 associazioni di volontariato che ogni giorno in Toscana sono impegnate in attività a sostegno degli anziani (dati Cesvot). Un microcosmo che, oltre a grandi organizzazioni come Auser, Antea, Uisp, Misericordie e Pubbliche Assistenze, conta tante associazioni di piccola e media grandezza che, anche grazie ai finanziamenti del bando Percorsi di Innovazione di Cesvot, portano avanti ogni giorno interventi sociali e culturali.

Tra i progetti più innovativi quelli che puntano a ridurre la solitudine e l’esclusione sociale delle persone anziane, come Vicinanze della Humanitas di Scandicci che, formalizzando i rapporti amicali e di vicinato, mira a creare reti di sostegno tra condomini anziani. E poi Mai più soli della Pubblica Assistenza Valdera di Capannoli che offre servizi di trasporto e aiuto per le attività quotidiane.

La narrazione e la scrittura di sé sono invece gli strumenti scelti da Auser per promuovere l’invecchiamento attivo e valorizzare la memoria storica di cui sono depositarie le persone anziane: Scaffali della memoria e racconti di lavoro e di vita nel tempo di Auser Prato e La memoria. Impronta del passato, progetto del futuro di Auser Massa Carrara.

Molti infine i progetti che offrono assistenza socio-sanitaria e misure di accompagnamento per anziani malati e non autosufficienti. Tra i più recenti e innovativi, Alzheimer Caffè di Arci Solidarietà Arezzo. Riprendendo un’esperienza nata in Olanda nel 1997, il progetto offre ad anziani malati di alzheimer e ai loro familiari un luogo di svago con  laboratori di arteterapia e musicoterapia, in cui è possibile incontrare in modo informale psicologi e operatori.

Una società più longeva non significa però solo anziani bisognosi di cure e assistenza ma anche più anziani in buona salute, attivi e autonomi, una risorsa fondamentale per famiglie e comunità. Senza i nonni molte famiglie con bambini farebbero fatica a conciliare tempi di vita e di lavoro e anche buona parte del volontariato organizzato rischierebbe di sparire: in Italia un terzo degli anziani è iscritto ad un’associazione e il 25,6% svolge regolarmente attività di volontariato (dati Censis).

La gran parte degli anziani volontari sono uomini, nella maggior parte dei casi coniugati (61,5%), sebbene una parte non trascurabile (22,2%) si compone di vedovi (dati Istat). Svolgono soprattutto attività di sostegno nei confronti di altri anziani ma anche servizi per la comunità: cura di aree verdi, vigilanza davanti scuole e parchi, trasporto sociale, sorveglianza di strutture pubbliche, di impianti sportivi e musei.

«Gli anziani non sono tutti uguali – dichiara Michele Mangano presidente nazionale di Auser – e la vita che si allunga sempre di più crea senz’altro opportunità, necessità e nuovi bisogni che vanno individuati, affrontati e risolti. Insomma il cosiddetto “universo anziani” aspetta delle risposte. Speriamo che non si facciano attendere».

Esiste ancora il «vicino» su cui poter contareIl «vicino», quello su cui contare specie quando si è anziani e soli, c’è ancora, anche in una grande città come Firenze. È quanto emerge da un’indagine presentata sabato scorso alla biblioteca delle Oblate, a Firenze. L’indagine è stata svolta su un campione di 800 fiorentini divisi per genere e per fasce d’età: tra i 65 e i 74 anni e dai 75 agli 85 anni.

In tema di rapporti con il vicinato il primo dato da rilevare è che 8 intervistati su 10 hanno dichiarato di conoscere i propri vicini, in particolare le femmine (84,2%) e i meno anziani (88,6%). La figura del «vicino» è vissuta come un «amico» per il 29,0% del campione, come un «conoscente» per il 41,3% e solo come un «vicino» per il 25,4%. Le femmine sono lievemente più inclini a rappresentare il proprio vicino come un «amico» (il 33,2% contro 27,2%).

In tema di aspettative dal vicinato, le femmine (70,2% contro il 63,0% dei maschi) indicano «sostegno in caso di aiuto». I più anziani si aspetterebbero di poter trascorrere del tempo insieme (6,7%) ed è ciò che gli stessi farebbero con i propri vicini (7,3%). I meno anziani si aspetterebbero «sostegno in caso di bisogno» (81,8% contro il 65,6% dei più anziani). Per genere, l’unica differenza degna di essere evidenziata è costituita dalle specificazioni contenute nella modalità di risposta «altro», dove i maschi, dai vicini, si aspettano «cortesia» (12,3% contro il 7,2%) mentre le femmine dichiarano di aspettarsi «nulla» (4,6%).

Riguardo ai rapporti con la comunità (terza sezione) il primo dato è quello concernente i punti di riferimento del quartiere. Otto intervistati su dieci indicano i negozi, il 33,6% circa la parrocchia, il 16,1% i circoli e centri di socializzazione, il 10,1% il supermercato e, altro dato che osserviamo, il fatto che un anziano su quattro non ha alcun punto di riferimento nel proprio quartiere. Sono i negozi i primi luoghi di riferimento territoriale: l’84% per le femmine indicano e il 71,3% per i maschi, mentre un maschio su quattro si attesta sulla modalità «altro», evidenziando in particolare bar e circoli e parrocchie. Per età, la fascia due (74-85 anni) indica i negozi (84,6% contro il 73,8% della fascia1), mentre i meno anziani vivono il proprio quartiere avendo come punti di riferimento le parrocchie, i bar e i circoli.

Per quanto riguarda le attività di volontariato, più di 9 intervistati su 10 ha dichiarato di non svolgerle e solo il 7,2% sarebbe interessato ad intraprenderle. Sono i meno anziani a svolgere attività di volontariato: 10,7% contro il 5,4% dei più anziani, e sono sempre loro i più interessati al fenomeno 9,1% contro il 5,2%.Se per genere non si rilevano differenze degne di nota, per età notiamo che sono i meno anziani a conoscere le Reti di Solidarietà, mentre la metà circa dei più anziani non le conosce e di conseguenza non ne ha mai fatto uso.

L’ultima sezione del questionario prendeva in considerazione i rapporti e la disponibilità del vicinato, i rapporti con le altre persone e la disponibilità degli inquilini del proprio palazzo. Poco meno della metà del campione giudica i rapporti con i vicini buoni, il 48,1%, e solo il 2,3% dichiara di avere dei rapporti pessimi. Un dato confortante è che gli anziani sembrano essere soddisfatti dei propri rapporti interpersonali. Nello specifico sono i maschi tendenzialmente a esprimere giudizi più positivi attestandosi sulla categoria modale «buono»: 52,0% contro il 45,4% delle femmine.