Toscana

Il vino toscano del 2004? Buono e abbondante

di Simone PitossiLe previsioni sono positive. La vendemmia sarà di quantità superiore al 2003. Con un incremento produttivo nella regione del 10–15% (2,6 milioni di ettolitri contro i 2,3 mln del 2003). A dirlo sono le associazioni di categoria, Coldiretti e Cia. In particolare la Confederazione italiana degli agricoltori fa osservare che «la gradazione delle uve sarà leggermente inferiore a quella del 2003, con attese sulla qualità molto favorevoli. Il ritardo nella vegetazione complicherà le fasi di raccolta con almeno un paio di settimane di ritardo». Alcune grandinate hanno invece danneggiato la coltura nelle province di Pisa e Massa. In qualche parte del Pisano i danni limiteranno la produzione del 25%. La maturazione delle uve procede ancora in modo graduale, senza fattori di stress grazie anche alle abbondanti precipitazioni piovose della fine di maggio e che hanno consentito ai terreni di incamerare una buona riserva di acqua per i mesi estivi.

Intanto il Chianti Classico ha deciso per l’anno in corso una riduzione del 20% delle rese massime. L’obiettivo è duplice: affermare la qualità del prodotto con una scelta delle uve migliori e riequilibrare il mercato in una fase congiunturale difficile per tutto il settore vitivinicolo nazionale. E i produttori cosa pensano della vendemmia? «In Toscana, siamo in ritardo sulla passata vendemmia di una decina di giorni – dichiara Francesco Mazzei del Castello di Fonterutoli – ma le uve del nostro Chianti Classico sono belle e sane e ci sono tutti i presupposti per fare una bellissima vendemmia. Cominceremo a raccogliere il Merlot verso il 10–15 di settembre e poi, tra il 20 e il 25 settembre, toccherà al Sangiovese».

Anche Stefano Campatelli, direttore del Consorzio del Brunello di Montalcino, spiega che «per ora tutto è andato molto bene e le uve sono bellissime. La vendemmia sarà effettuata con 10/15 giorni di ritardo, sul 2003, ma è’ difficile prevedere una data certa, questo anche per le differenti dimensioni delle aziende e per i loro diversi microclimi. Comunque il Sangiovese non sarà vendemmiato che dopo il 20 settembre».La storiaTutte le etichette di SimonettaTutti pazzi per Simonetta. Non è il titolo dell’ultimo film uscito nei cinema ma quanto sta accadendo ad una splendida signora fiorentina divenuta una celebrità grazie alla sua professione: designer di etichette di vini. Dove ci sono i grandi marchi c’è anche lei. Dall’etichetta, ovvero un messaggio grafico di 15 centimetri o poco più, può infatti dipendere il destino di un vino, di anni di investimenti, di uno chateau, di un’economia familiare. Eppure per ogni bottiglia Simonetta azzecca sempre il messaggio giusto segnando in qualche modo il successo personale di quel prodotto. Per questo è «corteggiatissima», in Italia come in Australia, in Francia come negli Stati Uniti o in Cile. E molti, compresi i vigneron più noti, sono suoi clienti: Antinori, Frescobaldi, Ricasoli, Banfi, Donnafugata, Buxy, Kendall, Jackson, Sella & Mosca e tantissimi altri più o meno di nicchia e blasonati. Fiorentina doc (questa volta è proprio il caso di dirlo) abita in via Guelfa dove ha pure lo studio (Doni & Associati). Capelli raccolti, jeans, raffinata camicia a quadretti, segni particolari affascinante (non sveliamo l’età, come si conviene ad una signora), Simonetta ci riceve proprio,come dice lei, in «quel che resta dello studio», interessato in questo periodo da lavori di ampliamento e ristrutturazione. «Fare il designer di etichette – ci spiega – significa vestire il vino, dare un’immagine al prodotto. Quello che conta è sì l’idea geniale da comunicare ma anche la consapevolezza di avere a che fare con un gioiello unico, con quel nettare che faceva impazzire persino gli dei».

Liceo artistico, accademia di Belle arti, all’inizio Simonetta si dedica ai cataloghi d’arte, poi, nel 1977 apre lo studio orientandosi sulle etichette (vino ma anche olio e grappe), settore in cui poi si è specializzata realizzandone fino ad ora alcune centinaia. Ma come nasce un’etichetta? «È l’azienda vinicola – spiega Simonetta – a fornire tutta una serie di informazioni utili: mi dice che vino sarà o che vino è, se già esiste, quello per cui dovrò lavorare, mi dà le caratteristiche più importanti e mi dice anche dove verrà venduto e quale messaggio vorrebbe far passare. Io, stando all’interno di questo percorso, devo cercare attraverso la mia sensibilità di trasmettere i valori dell’azienda e del prodotto in questione. Non c’è una regola fissa: ogni volta si tratta di cucire un vestito su misura».

L’immagine grafica, spiega in sostanza Simonetta, ha un obiettivo: deve colpire emotivamente il consumatore, creare suggestioni, dialogare, raccontare con l’immediatezza del colpo d’occhio, genuinità, carattere, prestigio e valore di ogni specifico vino. «In realtà – aggiunge – l’etichetta risponde anche ad esigenze più complesse, ossia deve interpretare al meglio qualità e personalità del produttore. In sintesi, l’etichetta è un ambasciatore in attività permanente nel tempo e nello spazio. Deve svolgere la sua funzione per anni e deve essere efficace nelle campagne pubblicitarie e sugli scaffali di enoteche al supermercato così come al ristorante o a casa».

Prima di prendere carta e matita e mettersi disegnare, Simonetta – con l’aiuto di validi collaboratori – deve quindi raccogliere e valutare una quantità considerevole di notizie e magari assaggiare anche quel particolare vino che poi dovrà vestire. Ma la cosa curiosa è che fino a qualche tempo fa fra Simonetta e il vino non correva proprio buon sangue. «Il vino non mi piaceva per niente – racconta divertita – poi, a furia di sentirlo raccontare, l’ho assaggiato e mi sono in un certo senso convertita. Adesso mi piace anche se non posso dire di essere un’intenditrice. Certo è che so riconoscere i vini che più si addicono, oltre che al mio palato, anche alla mia personalità e carattere».

Una personalità davvero spiccata, quella di Simonetta Doni, anche quando si tratta di prendere decisioni importanti come quella di non «firmare» le proprie etichette. «Pur tenendo molto al mio stile – dice – credo che nel mio lavoro serva la neutralità. Non devo caratterizzare le etichette che faccio con la mia impronta. Il mio compito è quello di inventare uno stile diverso per ogni azienda in modo da soddisfare le richieste anche dei clienti più esigenti». Va bene, saranno pure esigenti, questi clienti, ma la «signora delle etichette» continua a conquistarne di nuovi. E tutti, prima o poi, sono destinati a diventare «pazzi per Simonetta».Lorella Pellis Coldiretti: se la burocrazia impegna più delle vitiChi vuol conoscere la storia del vino che sta bevendo, potrà far visita all’azienda che lo produce: in cantina troverà nero su bianco le risposte ad ogni curiosità. Il vino è forse il più tracciabile tra i prodotti agroalimentari, ma per il viticoltore la gestione dei registri impegna almeno quanto la vinificazione, i travasi e l’imbottigliamento. Un «mal di burocratese» che abbiamo provato a tracciare con Andrea Pruneti, funzionario della Coldiretti toscana. Gestione del vignetoOggi chi intende impiantare un vigneto, deve prima estirparne un altro della stessa dimensione. Le autorizzazioni vanno richieste alla Provincia, che dovrebbe fare accertamenti entro novanta giorni (ma a volte una pratica viene definita in diversi anni). «Così la Comunità europea ha imposto una schedario della superficie vitivinicola. Schedario – osserva Andrea Pruneti – che ancora oggi non è stato completato. Se una prima bozza è stata realizzata dall’Agea nella stagione 2000/2001, oggi l’aggiornamento spetta alle Regioni. Ma, in definitiva, agli stessi viticoltori, tenuti a denunciare identificazione catastale del vigneto, dimensione, a descrivere l’impianto ed il tipo di allevamento, la varietà delle viti…». Denunce non sempre facili… «Direi di no. Di recente le organizzazioni di categoria hanno ottenuto l’accesso, tramite Internet, all’archivio di foto aeree di cui dispone l’agenzia regionale Artea. Le foto possono agevolare la misurazione delle superfici a vigneto e la verifica dei riferimenti catastali. Ma gli accessi sono limitati ed il sistema è ancora in fase di sperimentazione». GiacenzeEntro il 10 settembre le aziende devono denunciare il vino in giacenza al 31 luglio in tutte le cantine di cui sono dotate. Distinguendo tra vino da tavola e vino a denominazione d’origine (Doc, Docg, Igt), spumante o tranquillo, liquoroso etc… Va comunicata la giacenza nei tini e del prodotto imbottigliato. ProduzioneA metà dicembre i viticoltori presentano la denuncia di produzione, in cui riportano i quantitativi di uva raccolta e vinificata, distinguendo le diverse tipologie di vino, anche al fine di poter utilizzare le denominazioni di origine. «Fino ad oggi – commenta Pruneti – le denunce di produzione e di giacenza erano compilate su carta ed erano inviate ai comuni: gli enti locali ne giravano una copia all’ufficio provinciale repressione frodi e alla Camera di Commercio. Adempimenti cui i comuni non sempre rispondevano solertemente. È sempre mancato poi un soggetto che tirasse le somme di tutta questa mole di dati, sì che, ai fini statistici, risultava difficile capire come fosse andata l’annata. Da quest’anno si sperimenta l’invio delle denunce per via informatica: in Toscana il sistema informatico è gestito dall’Artea, mentre a livello nazionale dal Sian (Sistema informativo agricolo nazionale)». E in caso di denunce errate? «Le multe sono salatissime. Le sanzioni vanno da 300 a 3mila euro e sono spesso commisurate alla quantità del prodotto per il quale la comunicazione è errata». Registro di cantinaNel registro di cantina il viticoltore annota tutte le movimentazioni del vino: dal grappolo all’imbottigliamento tutto è descritto su libri vidimati dall’ufficio repressione frodi. Un lavoro certosino che impegna molto tempo: «Un’azienda media con 5/7 ettari di vigneto capace di produrre 300/400 quintali di vino deve destinare una persona almeno un giorno a settimana per la tenuta dei registri. Quasi quanto si richiede per la gestione della cantina: vinificazione, travasi, imbottigliamento». Vini a denominazione di origineE gli adempimenti si fanno ancora più numerosi in caso di vini Doc, Docg e Igt. «Chi rivendica una denominazione di origine – spiega Pruneti – deve chiedere il prelevamento del campione, campioni che vengono inviati al laboratorio ed alle commissioni di assaggio perché si dia l’ok all’imbottigliamento del nuovo vino a denominazione di origine. Ed i costi del campionamento e delle analisi sono tutti a carico del viticoltore».Andrea Bernardini