Toscana

Infanzia «zero-sei»: «modello Toscana», numeri e caratteristiche

Esiste un “modello Toscana” (Touscan Approach) nel governo e nelle scelte per l’educazione nell’infanzia, da zero a sei anni. Un modello noto e riconoscibile, forte di un tasso elevato di integrazione tra pubblico e privato sociale e di un orientamento nelle politiche di settore confermato nel tempo. Da parte della Regione, dell’Assemblea elettiva toscana, degli stessi Comuni alle prese con un settore fondamentale per la vita quotidiana delle famiglie e delle donne, e soprattutto per lo sviluppo dei cittadini di domani, con ricadute certe dal punto di vista economico e sociale.

Alla giornata di studi promossa dalla commissione Cultura in palazzo Bastogi – L’educazione da zero e sei anni: Regioni a confronto – il “modello toscana” si sostanzia nelle osservazioni di Alessandra Maggi, presidente dell’Istituto degli Innocenti – seguite dall’intervento del ricercatore dello stesso Istituto, Maurizio Parente – e nella relazione di Sara Mele, Responsabile settore infanzia della Giunta regionale toscana.

Dopo i saluti del presidente della commissione Cultura, Nicola Danti e l’introduzione di Gianluca Parrini (Pd), segretario della commissione, Daniela Lastri, dell’Ufficio di presidenza del Consiglio, presenta gli interventi che centrano l’importanza della continuità educativa 0-6 anni, ormai acquisita a livello europeo e supportata delle neuro scienze.

Maggi muove dal monitoraggio che l’Istituto degli Innocenti svolge sia a livello nazionale che regionale con il Centro di documentazione sull’infanzia e l’adolescenza. Il quadro toscano è alto: “Grazie all’impegno del governo regionale abbiamo un livello della qualità del servizio che ha superato gli obiettivi di Lisbona, e grazie alle sezioni Pegaso oltre 3mila bambini hanno la scuola dell’infanzia malgrado la contrazione dei finanziamenti statali”. Ancora: è fondamentale, in Toscana, “l’integrazione con il privato sociale, che è di alta qualità”. La stessa politica regionale è intervenuto sulla regolamentazione dei servizi e l’accreditamento, ed anche grazie al privato sociale, in sinergia con l’offerta degli enti locali, che i servizi per l’infanzia sono presenti sul territorio. Ora però serve un passo avanti: “l’impegno perché una legge trasformi i nidi da servizi a domanda individuale a servizi educativi”, perché qui si parla di diritti.

Anche nella relazione di Sara Mele c’è la “coerenza assoluta della prospettiva politica assunta dalla Regione nel corso del tempo”, la presenza di alcuni nodi che attendono di essere sciolti (in primis la sostenibilità finanziaria e il ruolo dello Stato), il riconoscimento di un contesto che, per quanto riguarda la prima infanzia, è comunque “forte e privilegiato”. Una condizione che per la Toscana è confermata da numeri e nel raffronto con il quadro nazionale: potenzialità di copertura al 34 per cento, complessivamente distinta in 27 per cento per i nidi; 4,3 per cento per i servizi integrativi; 3 per cento per gli accessi anticipati alla scuola dell’infanzia. Nel quadro poi degli obiettivi di Lisbona, la Toscana mostra una complessiva tenuta del sistema e un posizionamento ai vertici del quadro nazionale: i bambini accolti nei servizi educativi per l’infanzia nel 2012/2013 erano 25.782 (28.640 calcolando anche i 2858 anticipatari accolti nelle scuole dell’infanzia), su un numero complessivo di bambini residenti nella fascia 3-36 mesi di 86.177.

Si consolidano inoltre, quest’anno, i dati che già nel biennio precedente mostravano una presenza maggioritaria dei servizi a titolarità privata rispetto a quelli a titolarità pubblica: secondo Mele, in effetti, “lo scarto fra potenzialità ricettiva e accoglienza effettiva deve essere oggetto di riflessione”.

Le nuove normative muovono da alcuni punti cardine, quali l’innalzamento degli standard nella sostenibilità finanziaria: anche per quest’anno si conferma lo stanziamento di 8 milioni di euro per favorire il sostegno e lo sviluppo del sistema integrato (Pez Infanzia), nonché l’erogazione dei buoni servizio per il supporto alla domanda delle famiglie presso strutture private accreditate, per 4 milioni di euro.

Restano alcuni importanti punti di riflessione, per esempio sulle sezioni primavera (sono un’ opportunità per i territori privi di servizi o un rischio di scolarizzazione per la prima infanzia?) e sul sostegno statale (fondo straordinario per le politiche della famiglia)”. Si conferma la necessità di un’effettiva generalizzazione della scuola dell’infanzia, favorendo la sinergia tra pubblico e privato: in questo senso, i 3,7 milioni quali contributi alle scuole paritarie comunali e private, accanto ai 6 per le sezioni Pegaso e le liste di attesa nella scuola statale.