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KENYA: ANCHE DUE PRETI COSTRETTI ALLA FUGA. APPELLO ALLA PACE DI TUTTE LE CHIESE E RELIGIONI

In Kenya anche due preti cattolici sono stati costretti a fuggire dopo aver visto le loro chiese bruciare, lasciando le rispettive comunità senza sacerdoti. Al tempo stesso tutte le Chiese cristiane, insieme ai musulmani e agli indù, hanno diffuso ieri, tramite tutte le radio e le tv locali un invito ad un’ora di preghiera collettiva per la pace nel Paese. A raccontarlo oggi al SIR è padre Martin Wanyoike, portavoce del Catholic Secretariat (la segreteria della Conferenza episcopale del Kenya) e direttore della radio cattolica Waumini. “Gli scontri non coinvolgono solo i civili ma anche i preti, accusati di sostenere il presidente Kibaki. Quindi anche i preti sono obbligati a fuggire e le comunità rimangono senza sacerdoti”, dice padre Wanyoike, che racconta di due sacerdoti, un prete diocesano di Eldoret e un missionario di Kericho della Congregazione africana “Apostoli di Gesù”, entrambi di etnia kikuyu, vittime di aggressioni il 31 dicembre scorso: “Hanno detto loro che non li avrebbero uccisi a patto di andarsene – racconta -. Poi hanno bruciato le loro chiese e case parrocchiali. Ora sono nascosti a Nairobi. Uno di loro mi ha raccontato che due giorni prima aveva celebrato il matrimonio di uno degli aggressori. E’ stata una vicenda molto triste. Allora ci si chiede: dove sono i cristiani in tutto ciò?”.

“Non ci sono campi profughi ufficiali – spiega padre Wanyoike -, le persone sono alloggiate presso parrocchie o commissariati di polizia”. Tramite la radio cattolica e le parrocchie, precisa, “stiamo lanciando appelli a donare cibo, coperte e materassi per gli sfollati, e soldi per comprare medicine”. Un prete benedettino, aggiunge, “mi ha detto che accoglie nella sua parrocchia 200 famiglie kikuyo, luo e di altre tribù e hanno urgente bisogno di cibo e medicine. E quando sono in questa situazione non si combattono tra di loro”. “Stiamo facendo una campagna di aiuti a nome dei vescovi ma coordinata da Caritas Kenya – spiega -. Quando arriva cibo, indumenti e denaro diamo alla Caritas, che sa come destinarlo. Tutte le donazioni (Croce Rossa, Wfp, Caritas) agli sfollati sono sotto scorta della polizia”. A livello locale, continua, “i leader cristiani hanno organizzato iniziative per riconciliare le persone, spiegando che presidenza e opposizione si parleranno. Ieri c’è stata un ora di preghiera ecumenica e interreligiosa, con un appello alla pace diffuso da tutte le radio e tv del Kenya”.

Sabato scorso il Papa, tramite il segretario di Stato card.Tarcisio Bertone, ha inviato ai vescovi del Kenya una lettera di solidarietà alle vittime della crisi politica in corso dalle elezioni del 27 dicembre (che ha provocato oltre 600 morti e 250.000 sfollati), chiedendo che “cessino subito le violenze e le lotte fratricide” e unendosi all’appello alla pace dei vescovi keniani (2 gennaio). “Il messaggio del Papa – dice padre Wanyoike – è stato pubblicato oggi su tutti i principali giornali. E’ stato molto apprezzato dalla Chiesa e dalla popolazione del Kenya, ma ancora non ci sono state dichiarazioni da parte degli esponenti politici. Forse oggi o domani ci saranno delle reazioni”. Padre Wanyoike conferma la diminuzione degli scontri a Nairobi, Eldoret, Nakuru e nelle diocesi più coinvolte: “Ci sono meno uccisioni, ma è cresciuto il numero degli sfollati in tutte le zone colpite”. “La situazione sta migliorando anche negli slums di Nairobi – dice padre Wanyoike – ma non sappiamo ancora cosa ci riserva il futuro. Ci auguriamo che i due leader politici (il presidente Mwai Kibaki e Raila Odinga, dell’opposizione) smettano di porre condizioni e dialoghino tra di loro”. (pca)

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