Toscana

LA TOSCANA RICORDA NISSIM: SALVÒ ALMENO 800 EBREI DALLA DEPORTAZIONE

La Toscana ha reso onore alla memoria di Giorgio Nissim, il ragioniere pisano di fede israelita che tra il ’43 ed il ’45 salvò almeno ottocento ebrei dalla deportazione allestendo un centro clandestino per la stampa di documenti falsi e agendo in collaborazione con il mondo cattolico. In Palazzo Panciatichi, sede del consiglio regionale toscano, il presidente dell’assemblea, Riccardo Nencini ha insignito del Gonfalone d’argento i tre figli di Giorgio Nissim, Piero, Lidia e Simona che, in collaborazione con le studiose di storia Paola Lemmi e Silvia Angelici, hanno ricostruito le vicende che portarono il padre a salvare tanti ebrei ma anche cristiani in pericolo per la loro attività di antifascisti.

Ha partecipato alla cerimonia l’anziano don Arturo Paoli, oggi 92 anni che, assieme ai sacerdoti degli Oblati di Lucca, aiutò Nissim a costruire la rete clandestina di soccorso agli ebrei e che è giunto apposta dal Brasile dove è missionario. Presenti anche l’ex parlamentare Dc Maria Eletta Martini, il cui padre, Ferdinando, primo sindaco di Lucca dopo la guerra, collaborò con Nissim nella rete clandestina; i presidenti delle Province di Firenze, Michele Gesualdi, e Lucca, Andrea TagliasacchiAndrea Bartali, figlio di Gino, il campione che in quegli anni collaborò per una organizzazione clandestina che agiva in parallelo a quella di Nissim.Alla cerimonia hanno preso parte anche il presidente della Regione Toscana, Claudio Martinimonsignor Alessandro Plotti, i vicepresidenti del consiglio regionale toscano, Enrico Cecchetti e Leopoldo Provenzali.

«Quante banconote abbiamo tagliato in due, assieme a Giorgio Nissim; uno stratagemma che ci ha permesso di salvare tanti ebrei». Ha ricordato il novantaduenne Fratel Arturo Paoli. «Avevamo messo a punto questo sistema – ha spiegato – per garantire la sicurezza delle persone da salvare e anche la nostra, affidata ad una rigidissima compartimentazione. Così decidemmo di tagliare in due una serie di banconote da cinquanta lire e io ne presi una metà, Giorgio l’altra. Quando una persona che chiedeva aiuto bussava alla sua porta, Giorgio gli consegnava la metà di una banconota. Con quella il fuggiasco veniva all’ex convento delle Oblate e se io avevo l’altra metà dello stesso biglietto, voleva dire che potevo stare tranquillo. In questo modo, poi – racconta ancora Fratel Paoli – non dovevo chiedere neanche il nome, l’indirizzo o qualsiasi altra cosa a quelle persone. Anche se mi avessero preso, non avrei potuto tradirle».

L’anziano sacerdote è stato nominato «Giusto delle Nazioni» dallo Stato d’Israele ed a lui, nel 1943, a Lucca l’arcivescovo Torrini aveva dato in uso l’ex Convento delle Oblate trasformato in Seminario, ma praticamente vuoto, per ospitare “chi fosse nella necessità». Alla domanda se conobbe a quel tempo Gino Bartali, che faceva la staffetta in bicicletta tra Assisi e Lucca per la stessa organizzazione, la ‘Delasem’ (Delegazione Assistenza Ebrei Migranti), Fratel Arturo Paoli ha risposto negativamente. «L’Arcivescovo – ha detto – teneva all’assoluta divisione in compartimenti stagni dell’organizzazione». Quanti biglietti da cinquanta lire tagliaste in due?, gli è stato chiesto. «Mah, almeno cento…», ha detto sorridendo. (Ansa)