Toscana

La Quercia che genera vita e aiuta le «madri coraggio»

Hanno scelto di portare avanti la gravidanza, nonostante abbiano ricevuto la notizia che il figlio che portano in grembo presenta malformazioni, nei casi più gravi incompatibili con la vita. Adesso le madri coraggio avranno a Pisa una camera riservata, dove potranno gustare ogni minuto, ogni ora, ogni giorno di vita del loro bambino, anche quando terminale.

Tutto questo grazie al perinatal hospice, inaugurato nei giorni scorsi all’ospedale «Santa Chiara» e che fungerà anche da sede dall’associazione «Quercia Millenaria». Le madri coraggio saranno seguite, durante la gravidanza, prima, durante e dopo il parto da la volontaria Bianca De Pascalis, coordinatrice del ramo toscano di quella associazione, la ginecologa Lorella Battini, la neonatologa Laura Guerrini, la psicologa Francesca Bray.

Il perinatal hospice guarda all’esperienza del Perinatal caring, il servizio offerto dalla «Quercia Millenaria» alle donne che portano avanti gravidanze difficili all’interno del policlinico «Agostino Gemelli» a Roma. E al modello di cura ed assistenza di madri di bambini terminali ormai collaudato in 71 hospice degli Stati Uniti. «Qui – ricorda Sabrina Pietrangeli, presidente nazionale della “Quercia Millenaria” – le coppie hanno la possibilità di battezzare il piccolo subito dopo la nascita – nel caso in cui egli sia in pericolo di vita – scattargli foto quando è ancora vivo, conservare la copertina che lo ha avvolto al momento della nascita, l’impronta delle manine e dei piedini: tutti oggetti raccolti in una memory life box. L’85% delle coppie accompagnate e supportate nell’exitus naturale del figlio, si riaprono alla genitorialità in un tempo variabile tra i 12 ed i 18 mesi dalla morte del loro bambino».

Non tutte le diagnosi infauste si rivelano esatte. È quanto emerso dal convegno che ha accompagnato la presentazione del perinatal hospice pisano. Ad oggi – hanno ammesso gli esperti – ecografie morfologiche e markers ecografici non danno certezze. La stessa traslucenza nucale, esame non invasivo che può far nascere il sospetto di una malformazione cromosomica – ha osservato il ginecologo Carlo Luchi – ha una predittività fino al 97%. Ma deve fare i conti con il  5% di falsi positivi e il 3% di falsi negativi.

Una diagnosi infausta la ricevette la stessa Sabrina Pietrangeli. Era il 2003 quando Sabrina e il marito Carlo Paluzzi stavano aspettando il loro terzo figlio ed i medici comunicarono alla coppia che loro figlio Giona presentava una patologia incompatibile con la vita. Papà e mamma decisero, comunque, di portare avanti la gravidanza. La loro scelta fu sostenuta dal professor Giuseppe Noia, ginecologo e docente in Medicina dell’età prenatale all’Università cattolica del Sacro Cuore a Roma. Il ginecologo affibbiò a Sabrina, madre coraggio, il nomignolo di «La Quercia millenaria».

Oggi Giona, il bambino che doveva morire forse ancor prima di nascere, ha nove anni ed è la gioia di Carlo, Sabrina e delle due sorelle maggiori. E «La Quercia millenaria» è divenuto il nome dell’associazione che assiste quelle mamme che portano in grembo embrioni con ogni tipo di malformazione.

In sette anni di servizio, i volontari dell’associazione hanno seguito centinaia di famiglie ed hanno visto nascere molti bambini ritenuti terminali. Diversi bambini con diagnosi infausta sono stati operati al policlinico Gemelli quando erano ancora in utero o appena sono venuti alla luce. Diversi altri sono morti, nell’abbraccio di mamma e babbo.

I volontari della Quercia Millenaria hanno anche organizzato decine di convegni nazionali, pubblicato due libri e numerosi articoli, hanno partecipato a programmi televisivi, presentato relazioni in occasione di numerosi seminari, portato la loro testimonianza nelle scuole del Lazio, dell’Abruzzo e della Calabria, conducono un corso di formazione permanente in counseling all’Università cattolica del Sacro Cuore. Intorno alla Quercia Millenaria ruota una rete di medici e di famiglie, alcuni dei quali prestano servizio all’interno del Policlinico Agostino Gemelli di Roma, dove vengono offerte diagnosi prenatali di terzo livello, consulenze, ecografie, terapia fetale e materna in convenzione con il Servizio sanitario nazionale. Adesso questo nuovo servizio nato a Pisa, portato avanti (e questa è di per sé una notizia) da una livornese, Bianca De Pascalis insieme al marito Alessandro Lumetta.Avviso agli internauti: sul sito www.laquerciamillenaria.org potrete trovare informazioni e riferimenti della Quercia.

LA STORIA: Il piccolo Gabriele non doveva nascere ma…

Alessandro Lumetta e Bianca De Pascalis sono oggi i coordinatori del ramo toscano de «La Quercia millenaria». Ai tempi del nostro racconto erano già genitori di Vanessa, una bambina di tre anni, e stavano aspettando il loro secondo pupo.Ricordano ancora quel giorno – il 10 aprile 2007 – in cui si recarono in ospedale per l’ecografia morfologica, ricevendo dal ginecologo la diagnosi infausta: «il feto ha l’ascite fetale, è una patologia incompatibile con la vita». «Quelle quattro parole, “incompatibile” “con” “la” “vita” – racconta Bianca – furono per noi devastanti». Bianca fu invitata ad abortire. Ma né lei né il marito se la sentivano di fare un passo del genere. Finalmente un’amica trovò su Internet il numero de «La Quercia millenaria». Si fecero coraggio, provarono a telefonare. Una voce «amica», quella della presidente nazionale dell’associazione, Sabrina Pietrangeli, accolse e si fece carico del loro dolore e delle loro preoccupazioni. Sabrina indirizzò Alessandro e Bianca da un medico di fiducia, il professor Giuseppe Noia di Roma.

L’incontro con lo specialista dette speranza alla coppia livornese. Appena appoggiato l’ecografo sulla pancia di Bianca, il professor Noia chiese alla mamma: «Avete già dato un nome a questo bambino?». Chissà cosa frullo in mente a Bianca in quel momento. Proviamo ad immaginarlo: «Un nome? Ma allora questo esserino che tutti vorrebbero morto potremo vederlo nascere». Bianca De Pascalis, con un filo di voce, rispose: «Sì, Gabriele».

La nostra fu ricoverata al policlinico Gemelli di Roma per due mesi, mentre papà Alessandro e la primogenita Vanessa furono ospitati gratuitamente al Centro aiuto per il feto terminale, un appartamento che l’associazione «La Quercia Millenaria» offre a tutte le coppie che abitano fuori Roma e non hanno la possibilità di alloggiare altrove. Il piccolo Gabriele nacque pre-termine, al settimo mese di gravidanza. E subito fu intubato, messo in coma farmacologico e trasferito al Bambin Gesù.I genitori poterono vederlo solo tre giorni dopo. Racconta la mamma: «Incoraggiata da Alessandro, mi avvicinai a quell’esserino su cui penzolavano fili attaccati a macchinari. Detti a Gabriele la manina e lui subito me la strinse». Bianca e Alessandro giudicano quella «reazione» come un gesto di ringraziamento: «Era come se lui ci stesse dicendo: “Grazie per avermi fatto nascere”». Il piccolo fu battezzato dopo una settimana. Ogni giorno che lo andavano a trovare, i genitori gli cantavano la ninna nanna, gli raccontavano un po’ di loro e della sorella maggiore. Però tutto finì. L’ascite proveniva da alcuni micro-buchi dell’addome, da cui usciva liquido linfatico. Era la sera del 27 luglio 2007, quando arrivò una telefonata dal reparto di rianimazione: «Venite, Gabriele ci sta lasciando…».Alessandro e Bianca arrivarono in tempo per parlare ancora un po’ al piccolo. Ed abbracciarlo per l’ultima volta.

Sono passati cinque anni. Ma per Bianca, Alessandro e Vanessa, è ancora vivo il ricordo di Gabriele. Il 25 dicembre del 2010 Alessandro e Bianca hanno dato a Vanessa un altro fratellino. Si chiama Michele. Ma se chiedi loro «Quanti figli avete?» loro vi risponderanno «tre». Perché Gabriele resterà sempre il loro figlio. Per tutta la loro vita.