Toscana

«La Toscana? Al centro degli affari di mafia»

Guarda l’intervista video integrale a don Andrea Bigalli

Però – prima entrare nello specifico della nostra regione – non possiamo non parlare della «scomunica» pronunciata da Papa Francesco ai mafiosi nella sua visita recente visita in Calabria. «Stiamo parlando di un evento epocale – sottolinea don Bigalli –. Le mafie erano state già state condannate dai suoi predecessori. Ma qui si arriva ad una definizione precisa e determinata: in quei contesti di connivenza, purtroppo, tra mentalità mafiosa e la realtà che ruota intorno alla Chiesa e che vede coinvolti anche alcuni sacerdoti, questo linguaggio è molto espressivo, diretto e importante. Soprattutto si pone questo rapporto preciso tra identità di fede e tutela del bene comune. Non bisogna adorare il male, bisogna tutelare il bene comune: questo è il primo elemento di lotta alle mafie».

La Toscana non è un luogo tradizionale per la mafia. Si potrebbe pensare di essere immuni in particolare a livello culturale…

«In realtà tutti quei poteri che rinnegano il principio del bene comune e lavorano a favore della propria realtà personale e corporativa esercitano un’azione che può essere di prodromo alla cultura mafiosa. E poi purtroppo delineano degli ambiti dove le mafie fanno degli ottimi affari. Non esiste la mafia come controllo territoriale ma sicuramente esiste la mafiosità: quella dimensione per cui le tante attività illecite che ci sono in Toscana per esempio trovano connivenze a livello professionale, politico, sociale. Questo succede quando si dimentica che cercare il privilegio significa già in qualche modo enunciare un principio che lede gli altri e non necessariamente porta vantaggi a se stessi».

Quanto è profonda l’infiltrazione mafiosa sul territorio toscano? Ci sono dei territori più favorevoli?

«La penetrazione ormai è accertata da un punto di vista economico. Le mafie in Toscana hanno acquisito moltissimi esercizi commerciali, aziende di vario tipo, immobili. C’è una situazione preoccupante soprattutto per quanto riguarda la costa. In assoluto i territori più ricchi sono quelli più sensibili alle infiltrazioni mafiose. Inoltre dobbiamo ricordare un dato che spesso viene taciuto: Firenze è uno degli epicentri nazionali ed europei del consumo di cocaina. Questa sostanza stupefacente significa una presenza mafiosa ben precisa e determinata. A Firenze c’è una classe sociale medio-alta che dipende dai propri spacciatori. In questo momento dire cocaina significa parlare di ’Ndrangheta».

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Il rapporto annuale 2014 di Legambiente sulle ecomafie e sui reati ambientali, pone la Toscana a ridosso di Sicilia, Calabria, Campania e la Puglia.

«Purtroppo siamo al 5º posto in Italia per denunce di reati ambientali. Il pentito di Camorra Schiavone da tempo sta dicendo che se è vero che nelle discariche campane gestite dalla criminalità organizzata di stampo mafioso ci sono molti rifiuti toscani, adesso il percorso si è invertito. È il momento di attrezzarsi per cercare in Toscana le discariche abusive controllate dalle mafie».

Quali sono i casi più importanti di presenza mafiosa in Toscana?

«Gli Uffizi sono stati restaurati con due imprese edili che hanno sede in Valdarno e che sono da collegare alla Camorra campana. Questo significa che persino dove si dovrebbe tutelare uno dei beni più preziosi dello Stato il rischio dell’infiltrazione è presente. Un altro esempio: in piazza Pitti a Firenze c’è un bar sequestrato e confiscato alla mafia. Soprattutto il settore della ristorazione rischia in questo momento di passare sotto il controllo della criminalità organizzata: le pizzerie della catena “Don Chisciotte” erano ben 12 in Toscana e oggi sono aperte perché in amministrazione controllata. Ci sono ordini di sequestro quasi giornalieri da parte delle procure. Se poi aggiungiamo quanto succede in Calabria, Sicilia e Campania il quadro che abbiamo di fronte è davvero preoccupante».

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