Toscana

La Toscana e la crisi/8: intervista a Enrico Rossi

di Antonio Lovascio

A settembre tutti si aspettavano misure concrete del Governo per far ripartire la crescita, invece abbiamo registrato un’altra impennata della cassa integrazione. A conferma che le imprese stanno scoppiando od hanno il fiato corto. Di sviluppo per rilanciare l’occupazione si continua a discutere stancamente. Berlusconi annunciando interventi alza le mani, quasi in segno di resa, confessando che non ci sono soldi per riaccendere il motore dell’economia. Quindi, nonostante i continui ultimatum della Ue, dal cantiere sempre aperto di Palazzo Chigi – dopo il lungo braccio di ferro con la Lega sulle pensioni – sta per uscire un «pacchetto» fatto di piani speciali, promesse di mutui per giovani coppie, di dismissioni immobiliari, semplificazioni e liberalizzazioni di difficile attuazione e probabilmente anche dei soliti condoni e sanatorie.

Purtroppo pure qui in Toscana si parla troppo e si combina poco. Certo non serve a premere il piede sull’acceleratore il dibattito, a volte sterile, in corso da settimane sui nuovi insediamenti produttivi, di cui ne è emblema il caso dello stabilimento Laika a San Casciano Val di Pesa: lo scontro ha fatto emergere un’asprezza che mal si concilia con la necessità di orientare positivamente una riflessione senza pregiudizi sul tema combinato dello sviluppo e della tutela del paesaggio. Importante sì, in una terra come la nostra straordinariamente bella ed al tempo stesso desiderosa di crescere armonicamente e di creare nuovi posti di lavoro. Ecco perché Confindustria e Sindacati hanno chiesto alla politica di dare risposte credibili e possibilmente veloci sul dilemma passato-futuro ma anche sulla strategia complessiva per affrontare la crisi e delineare un nuovo modello di espansione. Si attendono risposte immediate e concrete, soprattutto da parte della Regione.

Anche per questo, a conclusione della nostra inchiesta, abbiamo voluto sentire il Governatore della Toscana Enrico Rossi (nella foto, con la sua giunta). Nell’intervista concessa a Toscana Oggi il presidente risponde a molti interrogativi, alle proposte ed ai rilievi formulati nelle precedenti puntate dai nostri qualificati interlocutori: il presidente della Fondazione Monte dei Paschi di Siena, Gabriello Mancini (clicca qui), il direttore dell’Irpet professor Stefano Casini Benvenuti (clicca qui), la presidente di Confindustria Toscana Antonella Mansi (clicca qui), l’economista professor Ivano Paci, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia (clicca qui), il segretario regionale della Cisl Toscana, Riccardo Cerza (clicca qui), il Rettore dell’Università di Firenze professor Alberto Tesi (clicca qui), il presidente di Banca Etruria ingegner Giuseppe Fornasari (clicca qui).

Governatore Rossi, questa crisi – che sta bruciando il futuro dei giovani – spinge in giù la clessidra di Berlusconi. Il governo non sembra in grado di affrontare i problemi della crescita. Lasciando da parte polemiche e contrapposizioni, come si allontana lo spettro della recessione?

«La crisi rischia di bruciare il futuro di tutti se non viene colta l’opportunità di regolamentare meglio il funzionamento dei mercati finanziari e le responsabilità degli investitori istituzionali. L’Italia è un paese ricco, con fondamentali economici positivi, che non merita un declino mortificante a cui è spinta da una politica miope, che si illude di poter dettare i tempi ai mercati: prima solo austerità e poi la crescita. Manovre prive di rilancio dello sviluppo trasformano inevitabilmente il debito sovrano da una misura relativa dello stato di salute di un paese, ad una misura assoluta che comporta il rischio di default finanziario nazionale. Per questo serve intervenire sulle disuguaglianze interne, sul deficit strutturale di competitività. Occorre un rigoroso controllo della spesa, chiedere a tutti in proporzione alle proprie possibilità, ridurre il costo della politica e delle istituzioni, adottare misure di ripresa degli investimenti, intensificare la lotta all’evasione fiscale, ridurre l’imposizione fiscale sul lavoro per rilanciare i consumi, sostenere una diversa qualità dello sviluppo dal punto di vista ambientale e sociale».

Qui in Toscana molte piccole e medie aziende non riescono più a pagare fornitori e dipendenti, stanno per chiudere. Le banche sono in difficoltà, il «rischio Paese» ha fatto declassare il loro rating, con effetti immediati sulla liquidità. Non arrivano più finanziamenti alle imprese. Cosa può fare la Regione per allentare la stretta creditizia?

«La situazione è complessa ma variabile per settore; il costo del credito sta aumentando, ma occorre evitare allarmismi indifferenziati. La Regione, dal 2008 in poi, è intervenuta a più riprese a sostegno delle aziende in difficoltà, per rendere più “scorrevole” il flusso del credito. Fidi Toscana, con un contributo da parte della Regione intorno a 100 milioni, ha consentito di concedere garanzie ad oltre 10mila aziende per un finanziamento di circa 1,6 miliardi. Sul versante investimenti sono state concesse garanzie a 4mila imprese che hanno attivato investimenti per 700 milioni. È stato istituito un fondo di rotazione, usato soprattutto da artigiani e piccole imprese, per le Pmi e le Cooperative di 200 milioni, a partire dal 2005, per concedere prestiti da restituire in 7 anni a tasso zero. Sosteniamo i Confidi e proprio questi giorni abbiamo siglato un accordo con il mondo bancario per assicurare anticipi più facili e meno costosi sui pagamenti bloccati dal patto di stabilità».

Guardando alla cause della mancata crescita, non sarà forse il caso di rivedere il modello toscano di sviluppo?

«Stiamo già invertendo la rotta. Il programma regionale di sviluppo 2011-2015 è incentrato su “identità competitiva e sviluppo responsabile”. Nel primo anno di legislatura abbiamo affrontato una sfida: è possibile coniugare rigore amministrativo con rilancio dello sviluppo economico? In quest’ottica la pubblica amministrazione regionale ha iniziato un percorso di razionalizzazione complessiva, le politiche per la crescita stanno diventando più selettive ed orientate a risultati produttivi ed occupazionali».

Intanto come si può accelerare la ripresa e ricreare occupazione?

«La Regione continuerà a sostenere le imprese, l’accesso al credito e la competitività dei territori. Stiamo monitorando le opere strategiche pubbliche e quelle private di interesse generale, pronti a intervenire anche con poteri sostitutivi in caso di ritardi o intoppi. Poi semplificazione delle procedure ed assistenza attiva per spalancare le porte a chi vuole investire in Toscana. Una svolta nelle politiche energetiche, per mettere a frutto le potenzialità della green economy e del cosiddetto “oro toscano”, la geotermia. E infine misure per aiutare i giovani».

L’export fortunatamente tira, ma le nostre aziende nel loro complesso sono veramente competitive ? Come le aiutate a rinnovarsi tecnologicamente?

«I dati ci dicono che l’export dei distretti della moda, calzature, abbigliamento, pelletteria, sta andando molto bene. Complessivamente il made in Tuscany ha conquistato un +12,1% di export nel primo semestre 2011 rispetto allo stesso periodo del 2008: oltre 5 miliardi di export in 6 mesi. I livelli pre-crisi vengono superati assai più rapidamente da quanto previsto. Accanto a questo dobbiamo considerare l’andamento del turismo, l’altro grande “prodotto” toscano che ha dato analoghi segni di ripresa, con un più 3,2%. I morsi della crisi hanno fatto emergere qualità e competitività. Solo per ricerca e innovazione delle imprese abbiamo finanziati in tre anni progetti per 350 milioni. Entro quest’anno, investiremo per la ricerca altri 130 milioni, che con il cofinanziamento delle banche raddoppieranno».

Per favorire l’innovazione va incrementata la ricerca, utilizzando le risorse umane delle nostre tre Università. Ma queste, pur eccellenti, sono accusate di fare poco sistema…

«Sono convinto che mettendo in rete università, centri di ricerca autonomi e filiere industriali sia possibile rilanciare lo sviluppo sia in settori tradizionali che innovativi. Con le università toscane, anche alla luce dell’atto di indirizzo pluriennale in materia di ricerca ed innovazione 2011-2015, stiamo portando a regime diversi meccanismi di coordinamento per rendere più conveniente “fare sistema”. A breve presenteremo il sistema della ricerca toscano a livello europeo. Inoltre stiamo anche lanciando 5 distretti tecnologici regionali, per settori come le scienze della vita, le tecnologie informatiche, le energie rinnovabili, il sistema dei trasporti ferroviari ed i beni culturali».

Molti sono convinti che i nostri industriali rischino poco. È vero?

«Ho conosciuto artigiani e imprenditori che hanno ipotecato le loro proprietà pur di garantire alla propria impresa la necessaria liquidità per pagamenti, investimenti e stipendi. Ma se è giusto chiedere di più al sistema creditizio e all’istituzione regionale, lo stesso impegno è richiesto anche in termini di responsabilità sociale all’impresa e all’imprenditore. Proprio per questo ritengo necessario che sia costruito un sistema di regole che, nella concessione del credito alle imprese, quando interviene il sostegno pubblico con il denaro di tutti, tenga conto anche dei patrimoni mobiliari e immobiliari dell’imprenditore o dei soci di una società. Un sistema che tenga conto anche del pieno coinvolgimento dell’imprenditore a salvaguardia della propria azienda, fermo restando la ragionevole e legittima tutela verso la propria persona e la propria famiglia».

Forse bisognerebbe puntare sulle nuove generazioni. Ma ci sono incentivi per sostenere i giovani imprenditori?

«Il nostro progetto “Giovani Sì” per l’autonomia dei giovani attiverà a breve una serie di opportunità per facilitare l’avviamento d’impresa e l’attività imprenditoriale dei giovani. Pensiamo a prestiti d’onore per la formazione in Italia e all’estero, a un fondo-giovani di Fidi per agevolare il finanziamento di progetti imprenditoriali sulla base della nuova legge regionale 21/2011 per l’imprenditoria giovanile, femminile ed i lavoratori già destinatari di ammortizzatori sociali. Rispetto alla versione precedente, la nuova norma amplia la sfera di attività per cui è possibile chiedere il finanziamento e la platea dei soggetti beneficiari. L’altra novità sta nel metodo di finanziamento: non più contributi in conto capitale, ma nuove tipologie, fra loro cumulabili per l’abbattimento di interessi o garanzie su finanziamenti e operazioni di leasing».

Un occhio di riguardo dovreste averlo per tutti i giovani. Il vostro piano specifico ha creato molte attese, ma avete offerto concrete occasioni di lavoro non precario?

«Quest’occhio di riguardo, già lo abbiamo. Il piano offre ai giovani concrete opportunità per raggiungere l’autonomia in tempi un po’ più vicini alle medie europee. Abbiamo avviato l’attività dei tirocini retribuiti con 400 euro al mese (200 a carico del datore di lavoro, 200 della Regione). La misura prevede buoni incentivi per le aziende che a conclusione del tirocinio decidono di assumere il giovane. Proprio nei giorni scorsi abbiamo dato il via alle agevolazione per l’affitto della casa. Circa 2000 giovani, il doppio rispetto agli anni precedenti, hanno risposto ai nostri bandi per il servizio civile. Mi sembra un buon inizio».

La Toscana, bella a vedersi e tutta da godere, richiama però pochi investimenti. Come se lo spiega? È possibile invertire questa tendenza?

«Spesso è un problema di vincoli e lentezze burocratiche, quello che gli investitori stranieri si trovano davanti. Basta pensare, ad esempio alla vicenda dell’insediamento dell’Ikea sulla costa, fortunatamente risolta proprio in questi giorni. Noi stiamo provando a cambiare. Se ci crediamo, possiamo essere attrattivi come dimostrano alcuni casi recenti. General Electric ha deciso un nuovo investimento produttivo del Nuovo Pignone a Massa-Carrara, la multinazionale giapponese Yanmar ha inaugurato a Firenze il proprio centro di ricerca europeo, il Gruppo Lionstone sta investendo nel recupero della villa medicea di Cafaggiolo».

Non si rilancia la crescita senza affrontare con determinazione il problema delle grandi infrastrutture. Con il Ministro Matteoli avete creato un tavolo di confronto, ma purtroppo registriamo sempre imperdonabili ritardi. Ci sono colpe del Governo, ma pure da parte della Regione. Può darci almeno qualche buona notizia?

«La nostra finanziaria prevede l’impegno della Giunta regionale a monitorare le procedure di realizzazione delle opere di potenziamento e messa in sicurezza dell’Autostrada del sole A1, dell’Autostrada Firenze-Mare A11, dell’Autostrada Tirrenica A12, della Due Mari Grosseto-Fano (itinerario europeo E 78), del raccordo autostradale Siena-Firenze e della strada regionale Firenze-Pisa-Livorno integrata con la realizzazione della Bretella Lastra a Signa-Prato. In merito all’autostrada Tirrenica è previsto l’impegno della Giunta regionale per giungere all’approvazione da parte del Cipe del progetto definitivo. Sulla Firenze-Pisa-Livorno la Giunta intende invece procedere alla predisposizione del bando di gara per lo studio di fattibilità entro novembre 2011. Quanto al raccordo Siena-Firenze è prevista la pubblicazione del bando di gara entro settembre 2012».

Veniamo alle Ferrovie: che tempi si prevedono per la realizzazione dell’Alta velocità regionale sulla rotta Firenze-Pisa-Livorno?

«Una recente indagine di gradimento realizzata da Trenitalia ha dimostrato che il servizio di alta velocità regionale Regiostar tra Firenze e Pisa, iniziato meno di un anno fa, ha conquistato il cuore degli utenti e che il trasporto su ferro, quando diventa competitivo, può rappresentare una valida alternativa a mezzi più inquinanti. Ora il nostro obiettivo è raggiungere con i treni veloci anche le altre città della Toscana: dopo Pisa, Arezzo, Livorno e Grosseto sarà la volta di Pistoia, Prato e Siena».

La Regione sta investendo molto su Peretola, nell’ottica di creare un sistema aeroportuale con Pisa. Ma i progetti sono purtroppo frenati da forti beghe di campanile all’interno del Centrosinistra. Le state superando o lo sviluppo turistico e commerciale di Firenze deve ancora attendere?

«Noi siamo al lavoro per risolvere a breve un problema che si trascina da quarant’anni. Il consiglio regionale sta analizzando il lavoro della giunta sulla variante al Pit e le norme di salvaguardia per il parco della piana e lo sviluppo dell’aeroporto fiorentino. Sempre il consiglio regionale ha approvato la delibera che ci permetterà di acquisire quote, dal 5 al 15% (da realizzarsi anche in maniera progressiva), della società Aeroporto di Firenze (Adf) da parte della Regione Toscana, fino a un massimo di 15 milioni di euro di spesa. Vogliamo esercitare una funzione di garanzia pubblica ed integrare il sistema aeroportuale toscano e i due principali scali, Pisa e Firenze, fatte salve le loro specificità. Questa è la sfida. Perderla significherebbe condannare Peretola al declassamento. Per questo sto cercando di trovare una soluzione tecnica e politica, la soluzione tecnica migliore che sia anche condivisa e che abbia consenso. Ma la Regione non può decidere da sola: la politica tutta e le istituzioni ora si facciano carico della ricerca di una soluzione». (8-Fine)

Da Pontedera alla Regione, passando per la sanitàLa Toscana felix è finita». Tuona l’opposizione di centrodestra guidata da Alberto Magnolfi, che almeno a parole si dichiara pronta ad aprirsi al confronto con il Governatore Enrico Rossi e la maggioranza di centrosinistra per riformare la (pessima) legge elettorale votata con un nefasto accordo trasversale quando capogruppo era Denis Verdini; disponibile a riconsiderare alcuni aspetti dello Statuto; a lavorare per snellire il governo regionale e la sua macchina organizzativa (l’organico è di 2.282 dipendenti, di cui 131 dirigenti), ad intervenire sui meccanismi forse un po’ obsoleti della programmazione. Ma soprattutto a Rossi le minoranze non perdonano quel «buco» di 270 milioni di euro emerso lo scorso anno all’Asl di Massa Carrara, che tuttora condiziona il bilancio e le scelte della sanità toscana, fiore all’occhiello e campo operativo del Presidente nei dieci anni in cui ha fatto l’assessore quando  la sua politica si è imposta come modello nel Servizio sanitario nazionale.

Ma nonostante gli strali pidiellini e dell’Udc, Rossi vanta credito e stima a livello romano per il suo pragmatismo riformatore, tanto che un sondaggio di Datamedia lo ha collocato al terzo posto per popolarità (dopo Formigoni e Zaia) nella hit-parade dei governatori. Nato a Bientina nel 1958, da una famiglia operaia, laureato in filosofia (con una tesi sull’ungherese Agnes Heller teorica del dissenso marxista), dopo una breve esperienza giornalistica si è tuffato fin da giovane nella politica, come amministratore a Pontedera, la città della Piaggio, diventandone sindaco nel 1990. E proprio per l’azienda delle «due ruote» Rossi ha dovuto fare una dura battaglia per impedirne il trasferimento in Campania, che avrebbe significato la perdita del posto di lavoro per gli allora diecimila dipendenti toscani.

Accanto alla Piaggio, in quegli anni, con il «Progetto Pontedera» sono cresciute nuove attività: dal Polo Tecnologico collegato alla Scuola Superiore San Anna di Pisa, al Museo Piaggio (dedicato alla memoria del suo ideatore, il compianto «Giovannino» Agnelli, nipote dell’Avvocato) fino alle nuove officine e alla moderna zona industriale. Con questo biglietto da visita  Enrico Rossi nel duemila è approdato in Regione ed ha dedicato tutto se stesso alle politiche della salute. Diventato Presidente,  ha dovuto allargare il suo raggio d’azione: continua ovviamente a tenere l’occhio vigile sulla Sanità, ma da quando è esplosa la crisi ha voluto porre al centro del suo impegno la difesa del welfare, il rilancio dell’economia con particolare attenzione ai progetti per i giovani. Cosa farà da «grande»? Per ora spende energie non marginali per il rinnovamento del Pd e – anche attraverso gli strumenti mediatici –  contende al sindaco di Firenze Matteo Renzi il ruolo di «rottamatore» della vecchia classe dirigente. Ma la sua sembra essere una «rottamazione» diversa, più morbida e per vie istituzionali. Anche se, con il suo appello a lasciare il campo «a chi dal 1990 svolge ruoli di direzione politica»,  ha in pratica invitato i vari D’Alema, Veltroni, Chiti e diversi parlamentari toscani a farsi da parte.