Toscana

La Toscana e la crisi economica

di Antonio Lovascio

Frena anche qui in Toscana l’ottovolante della ripresa economica. E la crescita, dopo il buon avvio dei primi mesi del 2011, è quasi impercettibile, mentre si temono gli effetti dell’ultima manovra finanziaria, che comunque colpirà pesantemente le famiglie, i servizi sociali, la Cultura. I consumi sono già scesi al livello di dieci anni fa, la disoccupazione è salita al 6,1 per cento. Il rapporto tra giovani e lavoro è sempre deludente, anche se la nostra regione è molto al di sotto della media nazionale (29,2%). Sono poche le imprese disposte a puntare sulla competitività seguendo l’esempio di una intelligente politica di reclutamento di nuove professionalità fatta dalla General  Electric negli stabilimenti di Firenze e Massa. Più di 150 aziende nei mesi  scorsi hanno fatto ricorso alla cassa integrazione.  E sull’altalena dell’incertezza oscillano grandi fabbriche come la Piaggio di Pontedera (finite le ferie ha ripreso a scartamento ridotto per il fallimento della Tecnocontrol) e l’Ansaldo Breda, la storica azienda ferroviaria di Pistoia messa in vendita da Finmeccanica.

Questa la fotografia del preoccupante inciampo: parla da sola! Imprenditori e sindacati hanno provato a fornire alcune chiavi di lettura e ricette per il rilancio del territorio. E ora si attendono che la Regione assuma un ruolo più incisivo in cabina di regia per sopire i campanilismi. Le aziende non vogliono aiuti ma infrastrutture: premono perché siano potenziati rapidamente porti, interporti ed aeroporti; sollecitano collegamenti veloci tra il cuore della Toscana e la costa.  La grande scommessa per il futuro della Toscana e di tutta l’Italia Centrale è quindi rappresentata dal completamento della Due Mari, dall’impegno di nuovi primi attori finanziari come stanno facendo  il Monte dei Paschi per la Tirrenica, oppure Intesa e Unicredito per le Autostrade.

Toscana Oggi vuol cercare di capire la portata di questa brusca frenata e di individuare le strade per uscire dal tunnel della crisi attraverso una serie di interviste ad esponenti del mondo del credito, del lavoro, dell’imprenditoria, della ricerca, al Governatore della Regione Toscana, Enrico Rossi. La nostra inchiesta parte questa settimana con Gabriello Mancini, presidente della Fondazione Monte dei Paschi di Siena e vicepresidente nazionale dell’Acri.

Presidente, anche per la Toscana si preannuncia un autunno caldo. I sindacati stanno addirittura prefigurando scenari a tinte fosche: nuove fabbriche destinate a chiudere, disoccupazione in aumento, famiglie più povere e messe a dura prova anche dalla manovra finanziaria.  Che segnali arrivano al fronte delle Fondazioni bancarie?

«Che l’economia in generale e quindi anche il settore imprenditoriale stenti a riprendersi è un dato di fatto e la Toscana non fa eccezione. Si è di fronte ad una situazione di difficoltà generale e non è facile porvi rimedio. Ad una Fondazione come la nostra, le istanze arrivano soprattutto mediate dagli enti locali e le priorità che vengono indicate sono quelle di indirizzare le pur limitate risorse verso lo sviluppo ed il sociale proprio per far fronte ai problemi ed alle conseguenze legate alla crisi».

Come si può allora fronteggiare questa crisi nella nostra regione? Quali sono i settori e le imprese che soffrono di più?

«Facendo sistema, creando sinergie ed opportunità nuove. Le difficoltà sono piuttosto generalizzate, ma certo ad avvertire maggiormente gli effetti della crisi sono quelle imprese che non hanno saputo rinnovarsi, creare vero valore aggiunto, diversificare la produzione, oppure che agiscono in settori come quello dei beni durevoli che risentono maggiormente del calo degli acquisti».

Durante tutta l’estate le Banche sono state poste sotto attacco da parte della speculazione finanziaria. Sapranno far ripartire una politica del credito che non sia da supermercato? Torneranno a riassumere e dare speranza ai giovani?

«La speculazione ha indubbiamente colpito in maniera particolare il settore bancario. In generale le quotazioni delle principali banche italiane sono largamente sottostimate rispetto al loro patrimonio e alle potenzialità che hanno. Noi abbiamo chiesto che vengano valorizzate le specificità di Banca Monte dei Paschi, le professionalità esistenti al suo interno, i rapporti con la clientela a sostegno del territorio e che vengano date risposte in termini accettabili. L’istituto senese non ha mai smesso di assumere e di inserire forze fresche tra le sue fila anche per incrementare l’impegno sul front office. Il piano industriale presentato nei mesi scorsi indica buone prospettive di crescita. Non posso che essere fiducioso».

Quali sono i valori etici cui si ispira la vostra Fondazione?

«Negli anni è andato rafforzandosi il ruolo di ente no profit, diventando un soggetto attivo nell’ambito del terzo settore, al servizio della collettività. Obiettivo prioritario della nostra attività istituzionale è lo sviluppo sostenibile e solidale del territorio e della comunità senese, che rimane il primo e principale ambito di azione, con un’attenzione rivolta anche al territorio toscano e italiano. I valori che ispirano l’attività della Fondazione per il raggiungimento della nostra missione di utilità sociale sono i concetti di solidarietà e sostenibilità a cui devono ispirarsi i progetti e le azioni oggetto dei nostri interventi, e soprattutto la sussidiarietà, intesa come affiancamento agli enti, evitando di sostituirci ad essi».

Governo ed Istituzioni stanno facendo veramente quanto necessario per rilanciare la crescita? O hanno ragione Confindustria ed imprenditori a lamentarsi?

«La situazione è sicuramente ancora difficile ed ha sbagliato chi, nel tempo, ha cercato di minimizzarla. Occorrono provvedimenti non episodici ma strutturali, mirati ad eliminare il debito, a ridurre i costi, ma anche a stimolare la ripresa e la crescita. Provvedimenti che siano equi, non colpiscano in maniera indiscriminata e che tengano conto dei carichi familiari, delle categorie più deboli. Insomma chi ha di più, deve dare di più. Le recenti parole del presidente Napolitano sono state chiare ed illuminanti: vanno seriamente considerate e soprattutto attuate».

Anche per la Fondazione del Monte dei Paschi si sono ridotte negli ultimi anni le risorse da distribuire sul territorio. Nonostante i tagli, riuscirete a mantenere il vostro impegno a sostegno dell’Università e della ricerca scientifica?

«La ricerca scientifica è stato sempre uno dei settori a cui abbiamo rivolto la nostra attenzione convinti che costituisca un motore insostituibile di sviluppo per un Paese. E’ infatti con l’innovazione che è possibile competere sui mercati internazionali. Quindi il nostro sostegno rimane immutato anche per non compromettere progetti già avviati. Vedremo con quale consistenza finanziaria riusciremo ad intervenire».

Vivrà e si svilupperà quel «sistema» che avete creato a Siena e che, proprio perché coinvolge e valorizza giovani studiosi, è un po’ un fiore all’occhiello per tutta la Toscana?

«Proprio perché il sistema si fonda su basi solide è destinato a proseguire e ci sono le premesse perché vada avanti anche con gambe proprie. Le eccellenze scientifiche create sono capaci di attrarre l’attenzione di realtà nazionali ed internazionali e la stessa Regione punta molto su tale capacità di attrazione e sulle potenzialità che da un polo come il nostro possono svilupparsi».

Anche la Cultura, spesso penalizzata dallo Stato, bussa frequentemente alle vostre porte. Registriamo un sostegno determinante per alcune istituzioni toscane.

«Cerchiamo di sostenere la cultura a tutti i livelli, non solo intesa come momento di accrescimento di conoscenze e tutela dei grandi patrimoni di cui dispone il nostro territorio in questo settore, ma anche come volano di sviluppo, di valorizzazione, di spinta imprenditoriale. Il nostro sostegno dunque è ampio, rivolto alla tutela dell’esistente, alla crescita di strutture che possano favorire le attività nel settore, a far sì che enti ed istituzioni possano continuare ed incrementare la propria azione».

Avete grandi progetti per eventi nel 2012? O dovrete anche voi agire al… risparmio?

«Stiamo predisponendo in questi giorni il documento programmatico previsionale e quindi è ancora presto per rispondere con la dovuta puntualità, anche per doveroso rispetto istituzionale verso gli Organi della Fondazione. Posso solo aggiungere che continuerà il nostro primario impegno nei settori dello sviluppo economico e del sociale, nonché nel polo biotecnologico e della cultura. Abbiamo comunque due progetti da seguire particolarmente importanti per Siena: il completamento del recupero del Santa Maria della Scala e le iniziative legate al riconoscimento di Siena quale capitale europea della cultura nel 2019. Sicuramente tutte le iniziative in cantiere dovranno fare i conti con le minori risorse disponibili e questo comporterà un’ancor più rigorosa selezione dei progetti. Dobbiamo comunque puntare a valorizzare sempre di più le eccellenze, così ricche ed importanti nella nostra regione».

Il rapporto con la Regione Toscana: state studiando altre iniziative in comune?

«Le azioni attuate con la Regione Toscana sono andate moltiplicandosi nel tempo. Oltre al sostegno a vari progetti dell’ente, penso all’accordo siglato anni fa su iniziative nell’ambito della cooperazione internazionale, ma soprattutto nel settore dell’innovazione con il varo di Toscana Innovazione, unitamente alle altre nove Fondazioni Toscane e Sici. Penso che esistano possibilità di ulteriore collaborazione, magari nel settore della ricerca scientifica con la nascita a Siena del polo biotecnologico, recentemente prescelto dalla Regione Toscana come distretto regionale per le biotecnologie. Penso inoltre alla tutela dei beni artistici, senza dimenticare il fondamentale settore delle infrastrutture, viarie e ferroviarie che, specie nel nostro territorio, presentano notevoli, storiche carenze.   Abbiamo, in più occasioni, già dato la nostra disponibilità a concorrere al finanziamento della progettazione per la messa in sicurezza e l’ampliamento della Siena – Firenze».

Con le diocesi toscane mi pare non manchi una proficua collaborazione per valorizzare o recuperare beni artistici. Ha qualche altra idea (o richiesta) nel cassetto?

«A livello locale posso citare l’intervento per la basilica di San Francesco a Siena, dove per i restauri in primo luogo del tetto è coinvolta anche Arcus, la società del Ministero per i Beni Ambientali destinata proprio a sostenere tali progetti e con la quale abbiamo stipulato da tempo un protocollo di intesa per individuare azioni comuni. Certo le richieste che ci vengono dalle diocesi toscane sono molte, e spesso hanno carattere di urgenza per strutture che rischiano il totale ed irreparabile degrado. Vedremo come farvi fronte».

Un’ultima domanda al politico di lungo corso e, se non mi sbaglio, di ispirazione morotea. Per molti commentatori questa Seconda Repubblica è fallita, ci vuole una grande Riforma strutturale, del Parlamento e delle Autonomie locali. Da dove partirebbe, per ridare fiducia ai cittadini?

«Per la verità provengo dalla Sinistra di Base Dc, poi confluita con Moro e Zaccagnini. Non ho mai creduto in questa seconda Repubblica, fatta prevalentemente di slogan, proclami, liti, spesso privi di sostanza e, soprattutto, di valori seri. Oggi si guarda solo all’effetto immagine e si dimentica la sostanza dei problemi rappresentata dalla centralità della persona umana e dal dovere – per chi è impegnato in politica – di ricercare unicamente il bene comune. Occorre ripartire da qui, cioè dalla politica fatta di confronto sui problemi, confronto leale ed anche aspro, ma sempre costruttivo. Occorre tornare a concepire la politica come servizio, come ci ha insegnato l’indimenticabile “Zac”. È necessario, poi, ridisegnare l’assetto istituzionale dello Stato senza, però, stravolgere la nostra bellissima Costituzione. A mio giudizio i punti essenziali potrebbero essere i seguenti: confermare la Repubblica parlamentare; ridurre il numero dei parlamentari; realizzare un effettivo decentramento che valorizzi le Autonomie locali, decidendo a livello regionale come ripartire i poteri sottostanti.. È infine necessario approvare una nuova legge elettorale che consenta di scegliere partiti e candidati. A tal proposito ritengo che il sistema proporzionale (con un leggero premio di maggioranza e con un idoneo sbarramento), con le preferenze, sia di gran lunga il sistema migliore».

La schedaManager cattolico alla guida di Fondazione MpsUn politico di lungo corso, cattolico impegnato, con alle spalle una solida esperienza manageriale. Così può essere definito Gabriello Mancini (nato San Gimignano il 7 agosto 1946) dal 2006 alla guida – dopo esserne stato consigliere dal 2001 e poi vicepresidente – della Fondazione del Monte dei Paschi di Siena, la più importante delle undici fondazioni bancarie toscane e soprattutto maggior azionista della Banca Mps Spa, che ha ormai consolidato la sua posizione tra le cinque «regine» del credito in Italia. Per il ruolo e per la sua esperienza è stato chiamato alla vicepresidenza dell’Acri, l’associazione delle Fondazioni bancarie e Casse di Risparmio spa) Dal 2010 è presidente di «Vernice Progetti Culturali srl», società strumentale della Fondazione Mps, attiva nell’organizzazione di eventi artistici e di mostre nel territorio locale e nazionale; dopo aver fatto parte dei consigli di amministrazione dell’Università di Siena e dell’Accademia Chigiana.

Se per 40 anni ha esercitato la sua passione politica nel consiglio comunale di San Gimignano e poi nel Consiglio regionale della Toscana (dal 1991 al 1995), come manager ha speso le sue migliori energie in campo sanitario quale direttore amministrativo dell’ospedale di San Gimignano, della Usl di Poggibonsi e poi dell’Asl 7 di Siena, con varie mansioni dirigenziali, prima di diventare dal 2006 al 2001 Provveditore del servizio gestione risorse presso gli uffici del Consiglio regionale. Con questo bagaglio di conoscenze da più di dieci anni Gabriello Mancini si è messo al servizio delle Fondazioni bancarie: ha visto crescere a livello nazionale quella del Mps ed il suo Gruppo di credito, che oggi ha ai vertici l’avvocato Giuseppe Mussari (è pure presidente dell’Abi) ed il maggior costruttore italiano, Francesco Gaetano Caltagirone, editore di importanti quotidiani.

Ma Mancini ha pure seguito passo per passo la trasformazione di questi enti in soggetti no profit, privati ed autonomi, nati agli inizi degli anni ’90 con la «legge Amato»  e poi riordinati con la «legge Ciampi» nel 1998. Fino ad allora le Casse di Risparmio e le Banche del Monte avevano svolto le attività di beneficienza assieme a quella creditizia. Dopo il conferimento dell’esercizio bancario alle sole «spa», le Fondazioni ora si occupano delle esigenze emergenti nei loro territori di riferimento. Le erogazioni, attraverso bandi annuali, riguardano diversi campi, a seconda degli statuti. In genere la tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e artistico, la ricerca e l’innovazione, la protezione ambientale e la beneficienza. In Toscana le Fondazioni di origine bancaria sono attualmente 11 e nel 2009 hanno erogato contributi per ben 300 milioni di euro. Ben 180 milioni sono usciti dalla cassaforte di Siena. Quest’anno, per la necessità di accantonamenti dovuti all’adesione dell’aumento di capitale della Banca Mps, saranno forse disponibili una cinquantina di milioni, fra progetti propri e di terzi (erano stati 109 lo scorso anno) principalmente nei settori dello sviluppo e del sociale, e limitati probabilmente a progetti degli enti istituzionali soprattutto del territorio senese, di Grosseto e della Toscana.