Toscana

La scomparsa della Fallaci

Oriana Fallaci è stata sepolta domenica 17 settembre nel cimitero degli Allori a Firenze, accanto a quelle dei suoi genitori e della sorella Neera e al cippo in ricordo di Alessandro Panagoulis, suo grande amore. La cerimonia si è svolta in forma strettamente privata alla presenza di una ventina di persone tra familiari e amici, tra i quali il regista Franco Zeffirelli che ha deposto nella tomba il Fiorino d’oro ricevuto dal Comune di Firenze.

La morte in una clinica fiorentina Oriana Fallaci è morta nella notte di giovedì 14 settembre in un ospedale di Firenze. Aveva 77 anni. Soffriva di un male incurabile. La scrittrice era ricoverata in una casa di cura fiorentina, a seguito del peggioramento del suo stato di salute. Qui è stata assistita dalla sorella Paola e da un nipote Edoardo (arrivato con lei da New York lo scorso 4 settembre) ed è stata seguita fino all’ultimo momento da un medico di fiducia. Pochi altri avevano accesso alla sua stanza durante il ricovero. Pochi intimi, oltre alla ristretta cerchia dei parenti, erano a conoscenza del ricovero, del progressivo peggioramento delle sue condizioni di salute e del suo rientro in Italia dagli Stati Uniti dove la Fallaci risiedeva stabilmente. Tra le disposizioni da lei impartite, anche quella di togliere il nominativo dalla cartella clinica.

Monsignor Rino Fisichella, rettore della Pontificia Università Lateranense e cappellano di Montecitorio, sarebbe stato una delle ultime persone a visitare, due giorni fa, la scrittrice. I due erano legati da tempo da rapporti di amicizia.

Le esequie della scrittrice, per sua espressa volontà, si svolgeranno in forma strettamente privata e non sarà allestita alcuna camera ardente. Lo hanno reso noto i familiari.

Sarà sepoltà nel cimitero evangelico accanto al cippo per Panagulis Sarà il cimitero evangelico degli Allori, in via Senese a Firenze, dove si trova la tomba di famiglia, il luogo dove verrà sepolta Oriana Fallaci. Il cimitero è amministrato da sei chiese evangeliche fiorentine e fu fondato nel 1877, quando il cimitero degli Inglesi di Piazzale Donatello fu chiuso alle inumazioni. Tra le circa 7 mila tombe si trovano anche quelle dello storico Giorgio Spini, del collezionista di opere d’arte e armi antiche Frederick Stibbert e del nobile mecenate inglese Harold Acton.

La salma riposerà davanti al cippo che ricorda Alekos Panagulis, l’eroe della resistenza greca nel regime dei colonnelli, che fu anche il grande e unico amore della sua vita. E’ questa una delle volontà della scrittrice che fece installare il marmo su Panagulis nello stesso cimitero dove riposano i suoi familiari non potendo riavere dalla Grecia il corpo dell’amato. In vista delle esequie, inservienti del cimitero evangelico agli Allori stanno predisponendo la sepoltura anche nel rispetto di questa sua volontà. E’ simile alle altre nella struttura, ossia una camera di cemento interrata dove verrà calata la bara. Vicino vi sono le tombe del padre Edoardo e degli altri familiari.

Panagulis, eroe della resistenza greca nel regime dei Colonnelli e poi deputato al Parlamento, morì in un incidente automobilistico dai contorni rimasti dubbi. Fu disertore dopo il colpo di stato di Papadopulos e tentò un attentato contro di lui per il quale fu arrestato, seviziato e condannato a morte. La sentenza non venne eseguita, ma lui rimase incarcerato per cinque anni e la sua vicenda ispirò alla scrittrice il romanzo “Un uomo”. La loro storia d’ amore, per un periodo, ebbe come scenario anche Firenze. Vissero, infatti, insieme in una casa sulla collina di Bellosguardo. Dopo la morte di Panagulis Oriana Fallaci non è più tornata in Grecia.

Rodolfo Doni: «Efficace e impertinente nella sua sincerità» “Tanto efficace quanto impertinente nella sua sincerità. Chiare doti di fiorentinità che ho sempre apprezzato, ma non certe sue convinzioni”. A ricordare al Sir Oriana Fallaci è Rodolfo Doni, considerato da molti il maggior scrittore cattolico vivente. “La sua natura e la sua collocazione mentale – afferma Doni – l’hanno sempre posta, in qualche modo, all’esterno dell’establishment culturale italiano. Di lei ho sempre molto apprezzato la capacità di riportare le sue origini di giornalista inviata-speciale e corrispondente di guerra nei suoi testi. Per le sue idee è sempre stata sinceramente in prima linea. Mi piaceva il suo carattere combattente ma non condividevo alcune sue idee”.

Cardini: «Ha voluto scuotere l’Occidente in decadenza»“Oriana Fallaci ha voluto scuotere l’ Occidente decadente e dimentico dei suoi valori, ha voluto infondere passione a chi non ne ha più”. Così lo storico Franco Cardini, che sull’islamismo ha sempre manifestato idee distanti dalla Fallaci, ricorda la scrittrice nel giorno della morte. “Oriana Fallaci, che conoscevo personalmente – dice Cardini – è stata per lungo tempo il simbolo, il vessillo della sinistra radicale e libertaria fino all’anticlericalismo, fino all’anticattolicesimo. Poi, vivendo a New York, ha scoperto che il legame che unisce Europa ed America, il cosiddetto Occidente, é oggi ben poca cosa. La gente pensa al consumo, al tirare a guadagnare, non ha più passione per nulla. E allora ha voluto dare una scossa, rimettendo sugli scudi i valori occidentali, simpatizzando perfino per il cattolicesimo”.

“E’ stata – prosegue lo storico nel suo ricordo – pertanto una grande scrittrice, di grande livello dotata di una vitalità e di una passionalità che lasceranno un senso di vuoto. Nessuno la rimpiazzerà”. “Però è anche riduttivo definirla giornalista, perché il giornalista cerca la verità, mentre il giornalista che ha il talento dello scrittore come Oriana Fallaci la verità la interpreta, offrendone una che magari sembra più vera”.

Cardini, per concludere, fa un esempio: “Se voglio conoscere la storia di Khomeini non leggerei mai l’intervista della Fallaci a Khomeini, perché lì si vuole trasmettere il punto di vista su una cultura”. Detto questo, lo storico si è detto “molto dispiaciuto di non averla incontrata un’ultima volta”. “Ero a New York nei mesi scorsi e volevo andarla a trovare. Provai a farmi dare l’indirizzo, ma non rintracciai, per chiederglielo, il professor Sartori, e così lasciai correre pensando di avere un’occasione successiva che purtroppo non c’è stata”.(ANSA).

QUEL LEGAME MAI RECISO CON FIRENZE Oriana Fallaci ha scelto di morire a Firenze dopo aver vissuto stabilmente negli Stati Uniti per decenni. Firenze è la città che le fa conoscere la vita pubblica fin da bambina, negli anni del Fascismo. Lei stessa ha raccontato più volte di quando, adolescente, assiste all’incontro di Hitler e Mussolini avvenuto nel 1938 descrivendo il clima di quella visita in libri e interviste. I sommovimenti provocati dalla dittatura e dalla guerra non la lasciano indifferente, lei che proviene da una famiglia liberale che può, tra l’altro, vantare un avo che ha partecipato al Risorgimento. Così, ancora studentessa al ginnasio, aiuta il padre Edoardo – che fu anche catturato e torturato per la sua attività clandestina di opposizione al regime – a distribuire giornali antifascisti.

Poi, quando la città viene occupata dalle truppe naziste nelle vicende del secondo conflitto mondiale, si prodiga come staffetta partigiana nelle formazioni di Giustizia e Libertà.

Nei giorni della Liberazione di Firenze (11-13 agosto 1944), si evince dai suoi racconti, Oriana Fallaci trasportava munizioni da una parte all’ altra dell’ Arno attraversando il fiume nel punto di secca dal momento che i ponti erano stati distrutti dai tedeschi e rischiando la vita sotto gli spari dei cecchini. L’Esercito italiano le assegnò un riconoscimento d’ onore per il suo attivismo. Nel dopoguerra Oriana Fallaci completa il liceo al ‘Galileo’ di Firenze e poi si iscrive alla facoltà di medicina che lasciò presto per dedicarsi al giornalismo. Comincia a scrivere per “Il Mattino dell’Italia centrale” ma velocemente si trasferisce a Milano dove passa al settimanale “Epoca” di Mondadori e, non ancora trentenne, all'”Europeo”, prima come inviato speciale e poi corrispondente dagli Stati Uniti.

Anche se non vive più nella città di origine, la cultura e l’ambiente fiorentino di primo ‘900 che Oriana Fallaci aveva assorbito da giovanissima rimangono un bagaglio imprescindibile che traspare dai suoi scritti per lessico, scansione delle argomentazioni, pervicacia con cui indaga concetti, personaggi, situazioni. Anche da questo – e lei lo sottolineava – nascono i suoi reportages documentati di inviata scritti da tutti i punti caldi del mondo degli anni ’60 e ’70, dal Vietnam al Medio Oriente. Benche’ distante, i legami con la città riaffioravano ovunque nel suo back-ground culturale. La produzione di libri, tutti editi da Rizzoli, è intensa fino a tutti gli anni ’80. Poi giungono gli anni in cui Oriana Fallaci si defila. E’ aggredita dalla malattia che la spinge a condurre una vita ritirata. Alterna la residenza nella sua casa newyorchese ai periodici e consueti soggiorni a Firenze cui si era abituata fin da giovane.

Finché, proprio dall’America, non decide di tornare sulla scena del dibattito pubblico dopo gli attentati dell’11 settembre. Impegna la sua verve polemica nella condanna del filoislamismo, dell’antioccidentalismo, del falso pacifismo. Prende la difesa dei valori occidentali che considera minacciati dal terrorismo e dalla cultura islamica. Si definisce ateo-cristiana, correggendo una visione laica che l’aveva sempre contraddistinta. Incontra Papa Benedetto XVI. E’ un impegno vasto che la coinvolge appieno e che si traduce in articoli e ‘pamphlet’ che riscuotono un grosso successo editoriale. In questo nuovo agone, le invettive di Oriana Fallaci finiscono per coinvolgere anche personaggi e vicende fiorentine e toscane, che lei evoca a parametri e come riflessi concreti di una deriva generale delle coscienze dell’Occidente. Così accade, su questa scia, nel 2002, quando Oriana Fallaci si schiera contro la realizzazione del Global Social Forum tenutosi a Firenze. Successivamente prenderà posizione contro la costruzione di una moschea decisa a Colle Val d’ Elsa, in provincia di Siena minacciando – provocazione di pochi mesi fa – di farla saltare in aria con lo stesso esplosivo da cava usato dagli anarchici.

Nei suoi ultimi libri, nella trilogia partita con “La Rabbia e l’orgoglio”, non mancherà di criticare gli amministratori pubblici fiorentini per i fenomeni di degrado della città. Da New York alza la voce anche su queste vicende miscelandole alle questioni globali. In Italia e a Firenze continua a tornare, con sempre maggiore discrezione. Per lei viene decisa una scorta. Perfino la casa avita di Greve in Chianti, al centro di un podere aggraziato da terrazzamenti del ‘700, deve essere protetta.

IN ESTATE A FIRENZE PER RIVEDERE LUOGHI INFANZIA Oriana Fallaci ha trascorso gli ultimi giorni della sua vita assaporando per l’ultima volta la struggente bellezza della sua Firenze e discutendo, con mai domato vigore, le sue idee in difesa dell’ occidente con un’autorevole personalità della Chiesa quale è monsignor Rino Fisichella. Il vescovo ausiliario di Roma e rettore della Pontificia Università Lateranense accompagnò la scrittrice quando incontrò papa Benedetto XVI e ha incontrata l’ultima volta la Fallaci mercoledì scorso in clinica a Firenze.

Le poche persone che le sono state vicine raccontano di una Oriana fortemente sofferente che, nonostante il male la divorasse, è riuscita a trascorrere una ventina di giorni a Firenze, tra giugno e luglio, per rivedere la città della sua infanzia, Palazzo Vecchio, i ponti sull’Arno, ascoltare il suono delle campane del Campanile di Giotto e, soprattutto, passeggiare sotto la Torre Mannelli sul Ponte Vecchio da dove, da giovane, durante gli anni della guerra, svolse con passione il suo ruolo di staffetta del movimento di liberazione. Qui nascondeva le armi, affidatele dal padre Edoardo, comandante del movimento clandestino di resistenza, arrestato e torturato dai tedeschi. Per quella stessa sua attività di membro dei corpo dei volontari della libertà Oriana ricevette un riconoscimento d’onore dall’Esercito italiano.

Quindi, un ultimo ritorno a casa a New York (anche lei, come Pasolini, riteneva che gli Stati Uniti fossero un Paese rivoluzionario) per sistemare le sue cose e preparare, grazie all’affetto di alcuni amici, il suo definitivo rientro a Firenze dove ha potuto trascorrere gli ultimi giorni serenamente guardando la sua amata città. Perché, nonostante il dolore e la sofferenza, racconta chi gli è stato vicino fino alla fine, non ha mai smesso di discutere sui temi a lei più cari come la difesa dell’ identità dell’Occidente, la determinazione con cui si devono affrontare le altre culture, l’ assoluto rispetto “istituzionale” per la chiesa, accresciuto dopo l’ incontro col papa, che le è rimasto sempre vivo nel cuore. Eppure lei ha sempre mantenuto la sua posizione di laica totale, che però in gioventù si faceva leggere volentieri i testi di Sant’Agostino da Pier Paolo Pasolini. (ANSA).

La scheda PASSIONI E POLEMICHE TRA NARRATIVA E STORIA

di Massimo Sebastiani

Giornalista d’assalto, intervistatrice di ‘grandi firme’, polemista anti-Islam, scrittrice di best-seller: in un paese come l’Italia, che tiene ancora rigorosamente distinti letteratura e giornalismo e che solo in anni recenti ha visto il fiorire di figure di intellettuali-star, grazie alla diffusione dei talk-show televisivi, Oriana Fallaci ha rappresentato un ‘caso’. Toscana purosangue, con la sua forte personalità e i suoi modi spicci la Fallaci è stata la prima donna in Italia ad emergere in un terreno tradizionalmente occupato dagli uomini.

Esplicita e sincera fino all’esibizionismo, ha interpretato sia il giornalismo che la vita con forte spirito d’ avventura, documentando alcuni dei più importanti conflitti e insurrezioni tra gli anni ’60 e ’70, ma anche, benché dietro lo schermo della finzione letteraria, vicende personali. E quando è passata alla narrativa è diventata in breve tempo la scrittrice italiana contemporanea più letta nel mondo. Nata a Firenze nel 1930, la Fallaci esordì non ancora diciassettenne come cronista di un quotidiano fiorentino per poi passare all’Europeo. Qui si occupa di attualità e costume e a questa fase appartengono i suoi primi libri: I sette peccati di Hollywood (1957), Il sesso inutile, viaggio intorno alla donna (1961), il romanzo Penelope alla guerra (1962) e Gli antipatici (1963).

L’impegno nel giornalismo cresce negli anni successivi proporzionalmente all’importanza dei temi trattati. La Fallaci si misura con eventi come la conquista della Luna (tema del libro Se il Sole muore, 1965) e con la guerra in Vietnam: ‘Niente e cosi’ sià, 1969, è il libro con cui vince il suo primo premio Bancarella e rivela le sua qualità di corrispondente consolidando la sua fama internazionale. Negli anni seguenti continua a recarsi in Vietnam, seguendo le battaglie più sanguinose e distinguendosi per il coraggio. Si occupa anche, sempre per L’Europeo e poi per Il Corriere della sera, dei conflitti indopakistani e mediorientali e delle insurrezioni in America Latina, rimanendo gravemente ferita nel massacro di Plaza Tlatelolco a Città del Messico (1968).

E’ questo anche il periodo delle sue celebri interviste con capi di stato e leader politici, da qualcuno giudicate a tratti insolenti, da altri fino troppo addomesticate, ma che restano comunque un modello nel genere più difficile del giornalismo: particolarmente noti e riusciti i suoi “faccia a faccia” con Henry Kissinger, Nguyen Van Giap, Golda Meir, Ghedafi, Khomeini, Deng Xiao Ping che confluiscono nel libro “Intervista con la Storia” (1974).

Il suo passaggio alla narrativa, la cui vocazione covava chiaramente anche nello stile dei reportage, viene premiata dal pubblico di tutto il mondo. I suoi romanzi (Lettera ad un bambino mai nato, 1975, 40 edizioni solo in Italia; Un uomo, 1979, premio Viareggio; Insciallah, 1990, superpremio Bancarella) vengono tradotti in 30 paesi (tra cui Giappone, Cina, Thailandia, paesi arabi), vendono milioni di copie e scatenano puntualmente polemiche culturali e non solo. Che sono solo l’antipasto di quello che accadrà per l’ultima, colossale battaglia della Fallaci, quella contro l’Islam inaugurata dal caso editoriale italiano degli ultimi anni, La rabbia e l’orgoglio, rielaborazione di un intervento apparso sul Corriere della sera all’indomani dell’11 settembre, e proseguita con altri due libri.

Il suo stile, enfatico e magniloquente secondo i critici più spietati, piace al pubblico e d’altra parte corrisponde, nel bene e nel male, ai tratti della sua personalità. Il pubblico apprezza gli accenti sinceri delle sue confessioni anche quando il confine della retorica sembra essere superato, ma i critici di professione non le conferiscono mai la definitiva patente di ‘scrittrice’. Lei se ne rammarica, ma lo fa senza conveniente diplomazia: ancora qualche anno fa, ricevendo un premio in Francia, aveva detto: “In Italia la gente mi ama, ma quelli che pretendono di dire cosa deve o non deve piacere mi amano molto meno”. Qualcuno le aveva rimproverato anche l’eccessivo gusto per la spettacolarizzazione dei propri casi personali: gli incidenti in guerra, l’amore per Panagulis, la malattia. Ma era inevitabile che un carattere indomabile come il suo ‘personificasse’ anche la sfida dell’ultimo, tragico ‘faccia a faccia’. (ANSA).

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