Toscana

Minori: ecco come nascevano gli affidi al Forteto

Casi specifici di minori affidati a persone all’interno del Forteto, in particolare alcuni ancora in corso, sono stati oggetto dei lavori della Commissione regionale d’inchiesta sull’attività di affidamento dei minori a comunità e centri di accoglienza. La commissione presieduta da Stefano Mugnai (Pdl), vicepresidente Paolo Bambagioni (Pd), ha sentito responsabili e operatori delle Società della Salute dell’area pratese, della Valdinievole e di Livorno. In particolare, l’area pratese e la Valdinievole per cinque bambini, figli della stessa madre, dati in affidamento al Forteto o a coppie che sono poi uscite da quella comunità. Cinzia Badiani, coordinatrice della Società della Salute dell’area pratese, ha raccontato alla commissione l’occasione di contatto con Il Forteto: «La prima collocazione di un bambino a famiglie del Forteto da parte della nostra area risale al 2006. Incontrammo Luigi Goffredi alla presentazione di un suo libro. Fu lui a proporci la possibilità di accogliere minori in affido e a presentarci i nomi di coppie interessate all’interno di quella comunità». La procedura, secondo quanto illustrato in commissione, fu di due incontri prima dell’affidamento deciso dal Tribunale, poi, successivi all’affido, altri incontri e visite domiciliari che sono continuati nel tempo. «Le coppie si sono presentate come coppie di fatto, qualcuna era anche sposata». La natura di coppie funzionali «emerse poi», le coppie incontrate «vivevano in unità abitative con tutte le caratteristiche dell’abitazione per una famiglia».

«Ho conosciuto Rodolfo Fiesoli al Tribunale per i minorenni di Firenze nel 1987», ha precisato in risposta a ripetute domande Susanna Malfanti, coordinatrice sociale territoriale del Comune di Livorno e dirigente della Società della salute di Livorno, dopo un primo generico riferimento ad un incontro al Forteto, «in una occasione in cui Fiesoli presentava la propria comunità». «Mi viene presentato in tribunale nel 1987 – ribadisce Susanna Malfanti –. Forse mi venne fatto incontrare da qualche giudice o dalla segreteria di qualche giudice. Oggetto dell’incontro era la collocazione di un bambino con gravi difficoltà. L’incontro era stato organizzato dal tribunale». La responsabile dei servizi sociali della società della salute della Valdinievole, Lorena Paganelli, ha aggiunto in proposito che «spesso, nel passato, quando c’erano situazioni particolarmente complicate, per le quali non si trovavano altre soluzioni, il tribunale presentava come esperienza positiva e come soluzione della problematica, l’esperienza del Forteto».

«La decisione di procedere agli affidamenti – ha osservato Cinzia Badiani – si è fondata certo sulle nostre relazioni, ma anche sulle audizioni delle altre parti svolte dal Tribunale per i minorenni. Nei nostri casi c’era anche un carattere di urgenza per i comportamenti messi in atto dalla madre naturale». Della «vicenda giudiziaria», risalente agli anni Ottanta, «che riguardava la figura del responsabile del Forteto eravamo a conoscenza», ha spiegato ancora la dottoressa Badiani. Ma, ha spiegato sollecitata dalle domande dei commissari, «per noi il Tribunale per i minorenni era elemento di garanzia. Nel nostro operare siamo sempre passati da lì e prima dalla Procura».

«A nostre precise domande sulle procedure che di solito si utilizzano per le coppie che intendano essere inserite nella banca dati del centro affidi dell’area – rileva Stefano Mugnai – le risposte hanno chiarito che si segue un iter preciso e più accurato e che se non fosse stato per la risonanza e la buona fama di cui godeva il Forteto, anche quegli affidi avrebbero seguito gli standard più rigorosi delle normali procedure».

A tale proposito, Cinzia Badiani ha rilevato come «forse nel nostro operare scontiamo alcune incompletezze della normativa sugli affidi, che non è esauriente e completa». Sempre in risposta alle domande dei commissari – hanno partecipato alla seduta la consigliera Maria Luisa Chincarini (Idv) e anche il consigliere Giovanni Donzelli (Pdl), che non è membro della commissione – la dottoressa Badiani ha risposto che visite a sorpresa sono state effettuate anche dopo che i fatti erano cominciati ad emergere. Una operatrice dell’area pratese aveva raccolto «le confidenza di una coppia che stava uscendo dal Forteto». Confidenze nelle quali «non si raccontava di fatti così gravi come gli abusi sessuali oggetto delle indagini, ma emergevano forti elementi di dissonanza», di quella coppia rispetto ai comportamenti tenuti all’interno della comunità. «La coppia ci aveva anche informato di essersi rivolta ai carabinieri».

I servizi dell’area pratese, ha detto ancora Badiani, avevano dato «comunicazione al procuratore della repubblica presso il Tribunale per i minorenni e al Tribunale stesso», in relazione alla situazione dei bambini da loro seguiti all’interno del Forteto. Una successiva richiesta, giunta dal Forteto, «per l’affidamento di due bambini che avevano appena perduto i genitori», non venne presa in considerazione. Gli operatori della società della salute della Valdinievole, anch’essi interessati agli stessi bambini attualmente all’interno del Forteto, hanno spiegato come «le valutazioni che ci hanno portato a prendere in considerazione il Forteto sono state tutte legate alla necessità di favorire il ricongiungimento con gli altri fratelli che già si trovavano in quella comunità». I servizi hanno continuato a seguire il caso con verifiche mensili e favorendo gli incontri tra i minori in affido e la madre naturale all’esterno della comunità del Forteto.

«Sono andata al Forteto quando cominciavano ad emergere i fatti oggetto d’inchiesta – ha raccontato Paola Marini, responsabile del consultorio della Valdinievole –. Come operatore devo dire che ho avuto l’impressione di una situazione molto anomala, una situazione sicuramente da risolvere. Come cittadina e madre, mi sono fatta l’opinione che se certe cose si sapevano già dal 1985, non avrebbero dovuto succedere di nuovo».