Toscana
Natale in carcere
I problemi del sovraffollamento nelle carceri si respirano anche a Livorno (i detenuti sono quasi il doppio della capienza), considerato un carcere duro, a volte una detenzione punitiva, spesso un casa di reclusione di passaggio, dove si resta pochi giorni prima di essere destinati ad altre città.
Una condizione non facile anche per chi in carcere offre il suo servizio di assistenza: Wally Seller Sgherri, responsabile della Commissione Caritas per il carcere dedica a quest’opera di ascolto e aiuto molto del suo tempo da molti anni. «Non sempre le persone conoscono la realtà carceraria. C’è molta ignoranza sulle condizioni dei detenuti e sulla possibilità di aiutarli. L’opera di volontariato, sia di ispirazione laica che cattolica, è importantissima ed in crescente considerazione da parte dei responsabili delle case di reclusione. Il volontario ha un colloquio diretto con il detenuto (spesso viene preferito ad un educatore perché viene visto come persona disinteressata), fa da tramite con il mondo esterno, ha voce in capitolo nelle richieste di misure alternative, a volte è l’unica persona a cui rivolgersi per un qualsiasi bisogno, soprattutto per gli stranieri che non hanno alcun familiare in città o addirittura in Italia. Adesso siamo un bel gruppo e lavoriamo bene insieme. Ci aiuta anche la solidarietà di chi è sensibile a questi problemi».
Tra i volontari c’è anche suor Teresa Caterina delle sorelle Domenicane di S. Tommaso. Sono ormai 11 anni che visita i detenuti alle Sughere. Si occupa in particolare della sezione femminile. «Le ragazze sono moltissime racconta prima erano solo una trentina adesso sono sempre più di quaranta. Mi occupo dei colloqui e di un gruppo bricolage due volte alla settimana. Insieme ad un’altra suora, che cura l’aspetto spirituale, preparo anche i detenuti ai sacramenti e per il resto aiuto come posso. I problemi più gravi del carcere sono tre: la convivenza (a volte sono quattro in una stessa cella!), che non è facile tra chi si sceglie, figuriamoci tra persone così diverse come quelle che si incontrano in carcere; il dopo- carcere che riserva l’espulsione per la maggior parte degli stranieri e gravi problemi al rientro nei loro paesi di origine e per gli italiani un futuro incerto e quasi impossibile da costruire ed il lavoro: c’è ancora pochissima sensibilità in questo ambito, mentre un impiego potrebbe rappresentare la possibilità di uscire dal carcere, magari con misure alternative, ed un’opportunità di reinserimento a fine pena».
«Con il gruppo bricolage continua ogni anno, soprattutto a Natale allestiamo dei veri e propri mercatini: i lavori fatti durante l’anno vengono venduti ed il ricavato viene ricevuto dalla persona che ha realizzato l’opera: un piccolo contributo che potrà esserle utile una volta fuori. Si iscrivono quasi tutte le ragazze al corso ed è un modo per combattere l’ozio che opprime l’anima e le fa sentire inutili. Molte di loro arrivano al carcere perché vittime di situazioni familiari allucinanti, oppure perché sono finite nel giro delle organizzazioni internazionali di droga e fanno da pedine per il trasporto degli stupefacenti. Se non partecipano alle diverse attività che vengono proposte passano le giornate davanti alla televisione che hanno in cella e questo le abbrutisce. Per alcuni detenuti il non far niente è stato il motivo che li ha condotti al suicidio e quando capita un evento del genere ha un effetto devastante sugli altri».
«Anche la fede aiuta continua suor Teresa durante il corso non parlo mai di Gesù, non tutte le ragazze sono cristiane, ma quando capita l’occasione ne approfitto! Sembra quasi impossibile a dirsi, ma ho ricevuto delle grandi lezioni dai detenuti. Qualcuno è arrivato a dirmi: è stata una grazia finire in carcere sennò non avrei incontrato Cristo!».
Il cappellano delle Sughere, padre Bleve, celebra quattro Messe settimanali: tre per i settori maschili ed una per quello femminile, quando non può venire delega suor Teresa per la Liturgia. «Vorrei che in questo Natale confessa suor Teresa qualcuno si ricordasse anche di chi vive la realtà del carcere: ogni preghiera è sempre un grande aiuto per chi soffre».
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