Toscana

Nuova legge elettorale, verso il bipartitismo

di Simone Pitossi

«Votanti 58, favorevoli 43, contrari 15. L’Aula approva». Si è concluso così, a fine luglio, il dibattito sulla nuova legge elettorale della Regione Toscana. Hanno votato a favore i gruppi Pd, Pdl, Ps. Contrari, invece, Prc, Sd, Pdci, Udc, Verdi. La votazione è giunta a conclusione di un lungo confronto, che ha visto nelle ultime battute respingere alcuni emendamenti per introdurre il voto di preferenza, presentati sia da Marco Carraresi (Udc) che da Alessia Petraglia (Sd). Per aggirare l’ostruzionismo dei partiti minori si è di nuovo usato – dopo la legge sull’immigrazione – l’«escamotage» del maxi emendamento che ha fatto decadere tutti gli emendamenti presentati. L’articolo approvato stabilisce che le liste provinciali siano formate da un massimo di cinque candidati, che cinque sia il numero massimo di candidati nelle liste per le candidature regionali, che i gruppi e le coalizioni possano accedere al riparto dei seggi se hanno ottenuto almeno il 4% dei voti, che la carica di assessore regionale sia incompatibile con quella di consigliere regionale. Nella stessa seduta è stata votata anche la proposta di legge statutaria per la riduzione del numero dei consiglieri: 53 voti a favore e 4 astenuti, su 57 votanti.La legge prevede che il Consiglio regionale sia composto da 53 consiglieri, fatti salvi gli effetti dell’applicazione della legge elettorale, e che gli assessori non siano superiori a dieci.

La legge che scaturisce dall’accordo Pd-Pdl, oltre a confermare alcuni aspetti fortemente maggioritari della legge attualmente vigente, introduce ulteriori meccanismi di sovra-rappresentazione dei due partiti maggiori, meccanismi che nessun altra regione prevede contemporaneamente nella propria legge elettorale.

Infatti: conferma l’abolizione del voto di preferenza (strumento fortemente utilizzato soprattutto dai partiti minori); conferma un forte premio di maggioranza per il partito/coalizione vincente; assegna automaticamente i seggi dei due migliori candidati presidenti ai due partiti maggiori; introduce una soglia di sbarramento del 4% per accedere alla ripartizione dei seggi; introduce il metodo «D’Hondt» – che favorisce i partiti maggiori – per l’assegnazione dei seggi.

Utilizzando i risultati elettorali delle recenti elezioni europee emerge un dato ulteriore: che per effetto del combinato delle novità introdotte, tutti i seggi che non venissero conquistati dai partiti che non raggiungono il 4% dei voti verrebbero di fatto assegnati ai due partiti maggiori. E i partiti presenti in Consiglio regionale si ridurrebbero a 6/7 con il Pd che si vedrebbe comunque garantita la maggioranza assoluta dei componenti dell’assemblea con 28 seggi più 1 (il presidente), il Pdl con 15 più 1 (il migliore candidato presidente perdente), l’Italia dei Valori con 4, Rifondazione comunista, Udc e Lega Nord con 2. Tutti gli altri fuori.

Ma sono possibili ancora dei colpi di scena, anche se poco probabili. Per le modifiche statutarie c’è bisogno di una «seconda lettura» del Consiglio regionale a fine settembre e per la legge elettorale è possibile intervenire fino ad almeno tutto dicembre. Alle proposte di legge di modifica della normativa elettorale sono collegate 3 proposte di legge di modifica statutaria per la riduzione del numero dei consiglieri. Nel caso della normativa elettorale si tratta di legge ordinaria che entra in vigore 15 giorni dopo la promulgazione da parte del presidente della Regione e la conseguente pubblicazione. Ma tale legge resterà in ogni caso non attuabile nel caso in cui preveda la riduzione del numero dei consiglieri. La procedura per le modifiche allo Statuto prevede infatti due letture a distanza di almeno due mesi l’una dall’altra. Dopo l’approvazione in seconda lettura, la legge viene pubblicata ma non diventa ancora immediatamente operativa. Lo Statuto prevede infatti la possibilità di un referendum abrogativo richiesto da almeno 40mila cittadini o da un quinto dei consiglieri (13) da indire entro tre mesi dalla pubblicazione della legge. Nel caso in cui fosse richiesto il referendum, tuttavia, cadendo esso a meno di sei mesi dalle nuove elezioni regionali, la procedura di svolgimento del referendum resterebbe sospesa fino allo svolgimento delle elezioni e quindi tanto la legge di modifica della normativa elettorale quanto quella di modifica statutaria non potranno essere applicate in quella votazione, ma avrebbero eventualmente validità solo per la successiva.

vai al sondaggio” style=”font-weight: bold;”>IL SONDAGGIO: Giusto o sbagliato non aver reintrodotto il voto di preferenza?

IL COMMENTO. Quando il rimedio è peggiore del male

Nel 2004 un accordo in Consiglio regionale tra Ds, Forza Italia e An portò a 79 il numero di consiglieri e assessori e cancellò il voto di preferenza portando di fatto più che all’elezione dei consiglieri ad una vera e propria «nomina» da parte delle segreterie dei partiti.

Cinque anni dopo, il rimedio sembra essere peggiore della malattia. Non c’è dubbio che l’ulteriore accordo Pd-Pdl sulla nuova legge elettorale – avvenuto a fine luglio scorso con l’approvazione dell’Aula – rischia di provocare in Toscana un bipartitismo forzato e di consegnare il futuro Consiglio regionale a due soli partiti o poco più.

La riproposizione di un listino regionale (composto da cinque candidati), lo sbarramento al 4% e l’introduzione del metodo «D’Hondt» per l’assegnazione dei seggi – più favorevole ai partiti maggiori – sono un tentativo di Pd e Pdl di cancellare qualsiasi voce fuori dal coro e di passare da un «bipolarismo» – anche condivisibile – ad un «bipartitismo» non rappresentativo delle varie espressioni del territorio e della cultura politica toscana.

Un sistema elettorale ancor più antidemocratico per la conferma della volontà di non ripristinare il voto di preferenza, unico mezzo davvero reale che hanno gli elettori per esprimere un candidato. Così, purtroppo, anche alle prossime elezioni regionali del 2010 gli elettori della Toscana – unica regione a livello nazionale – si troveranno davanti a liste bloccate, con l’elezione in ordine di lista che consegnerà ai vertici dei partiti il potere pressoché assoluto di predeterminare la scelta della classe dirigente.

Un discorso a parte meritano le primarie. Spesso si sente ripetere che il mezzo di selezione della classe politica da parte dei cittadini saranno proprio le elezioni primarie, tra l’altro previste in Statuto. Ma – a parte chi non ha nessuna intenzione di indirle – profondi dubbi ci sono sulle «regole del gioco» che si intendono adottare. L’ultima ipotesi nata in seno al centro-sinistra prevederebbe delle primarie di coalizione con un unico candidato del Pd. Ora, avendo il Partito democratico il maggiore consenso all’interno dell’alleanza, con un unico candidato si tornerebbe alla «nomina» del candidato vincitore, senza una reale elezione.

Insomma, anche in questo caso, un rimedio peggiore del male.

Il prossimo Consiglio regionalePartito democraticoseggi 28+1 (38,7 %)Popolo delle libertàseggi 15+1 (31,45%)Italia dei Valoriseggi 4 (6,78%)Rifondazione comunistaseggi 2 (5,13%)Udcseggi 2 (4,65%)Lega Nordseggi 2 (4,32%)* la simulazione è sulla base delle percentuali ottenute dai partiti alle ultime elezioni europee