Toscana

Patriarca (Cnv): «Questo Paese ha bisogno di liberare nuove energie»

Abruzzese di nascita ed emiliano di adozione, 60 anni compiuti lo scorso ottobre, laureato in chimica con un passato di insegnante nelle scuole di Carpi e una lunga militanza nell’Agesci, Edoardo Patriarca – Edo per gli amici – presiede da quasi due anni il Centro nazionale del volontariato fondato a Lucca da Maria Eletta Martini. Al suo attivo sono da ricordare anche la partecipazione al tavolo per il terzo settore della Cei, la collaborazione con il Forum delle associazioni familiari nonché il suo contributo ad Avvenire come editorialista. Nel Cnv, in precedenza, era stato membro del comitato d’indirizzo indicato dalla Caritas Italiana. Nel febbraio 2013 è stato eletto deputato nelle liste del Partito democratico. Alla vigilia del Festival lucchese, parliamo con lui dell’iniziativa oltre a fare il punto sulla situazione del volontariato in Italia.

Onorevole Patriarca, torna il Festival del Volontariato e tema di quest’anno saranno le «energie da liberare». Di quali energie si tratta e perché «da liberare»?

«Credo che dalle crisi che viviamo potremo uscire solamente se sapremo cambiare il modo di partecipare alla vita civile del Paese. L’Italia ha necessità di nuova linfa vitale, di energie rinnovate: ne ha bisogno la politica, ridotta troppo spesso ad inutile scontro ed incapace di generare cambiamento; ne ha bisogno l’economia, prigioniera di troppa burocrazia e poca innovazione; ne ha bisogno anche il terzo settore non sempre all’altezza di quello che rappresenta per il Paese e dei suoi valori. Il nostro Paese vive una crisi forse senza precedenti, ma esiste un’imprescindibile spina dorsale di valori e di impegno civile. È rappresentata da coloro che si rimboccano le maniche, che non si lamentano e basta, ma lavorano quotidianamente per immettere nel circuito sociale energie nuove e costruire coesione sociale. Queste energie non devono essere frustrate, ma valorizzate in ogni campo. Nei momenti di discussione e approfondimento del Festival del Volontariato discuteremo come sia possibile farlo».

Il volontariato, soprattutto in tempo di crisi, rappresenta una ricchezza che non si può ignorare ma che chiede appunto solo di essere sempre più riconosciuta e valorizzata. Vediamo però la questione anche dall’altra parte del tavolo. Cosa vi chiede in questo momento il Paese, sia dal versante dei cittadini che delle istituzioni?

«Da una parte il volontariato è e rimane quel mondo che in Italia gode di maggiore stima e fiducia. È dimostrato in continuazione da studi e ricerche. Questo sentimento di fiducia, che è un segnale di speranza, si nutre anche in negativo della sfiducia che i cittadini vivono nei confronti della politica a tutti i livelli. Un’indagine svolta dalla Fondazione Volontariato e Partecipazione e dal Centro Nazionale per il Volontariato guarda alla questione anche da un altro punto di vista: il volontariato stesso ha poca fiducia nella politica nazionale, ma la fiducia cresce rispetto a quella locale con la quale condivide ogni giorno la propria azione. Spesso le istituzioni chiedono troppo al volontariato e altrettanto spesso fanno i cittadini perché la crisi è arrivata a toccare aspetti importanti della vita quotidiana: ma se guardiamo al volontariato come un bene comune, un patrimonio di tutti, allora è possibile rispettare e riconoscere il suo ruolo che è prima di tutto educativo. In altre parole voglio dire che il volontariato riguarda ciascuno di noi in ogni ruolo che ricopriamo».

Dove sono i nodi che impediscono un’ulteriore valorizzazione? Nella politica o nella burocrazia? Mi riferisco anche alla recente vicenda della disdetta dell’esenzione del telepass per i mezzi di soccorso… Il volontariato non chiede l’impossibile alle istituzioni.

«Le richieste più sentite sono quelle che un minimo di buon senso imporrebbe ad un Paese che investe sul suo tessuto civile: la stabilizzazione del cinque per mille, per rispettare la scelta dei cittadini che conferiscono parte della propria tassazione sul reddito alle associazioni, la possibilità di contare sull’energia dei giovani del servizio civile, di poter avere una dignitosa detrazione sulle donazioni, di partecipare alla progettazione delle risposte sociali che le istituzioni stesse disegnano. Queste solo per fare qualche esempio. L’esenzione del telepass per i mezzi di soccorso è un esempio emblematico: basterebbe poco per non frustrare le energie che il volontariato esprime. In questo senso c’è ancora molto da lavorare e il Festival del Volontariato è un laboratorio aperto all’apporto di tutti».

Quest’anno il festival si annuncia ancora più ricco e partecipato, segno che evidentemente la crisi non si ripercuote negativamente sulla partecipazione e la generosità dei cittadini nelle associazioni di volontariato. Gli stessi dati toscani forniti dal Cesvot sono più che confortanti…

«È vero. Le ricerche sul volontariato dimostrano in modo evidente che ci sono diverse tendenze in atto: da una parte questo mondo continua a fare la propria parte e attinge anche a risorse proprie e dei cittadini per poter operare nell’opera di sana sussidiarietà che ogni giorno porta avanti. E continua ad essere un presidio educativo fondamentale per i giovani. Dall’altra vive una crescente fatica a fare fronte a tutte le necessità che si presentano. Lo stato di salute è quindi confortante, perché il volontariato è solido, ma non deve ingannare: per liberare veramente tutte le energie del volontariato è necessario che venga riconosciuto e valorizzato a tutti i livelli».

In chiusura ci sarà la partecipazione di Matteo Renzi. Cosa chiede principalmente il Cnv al governo e particolarmente al nuovo presidente del Consiglio? C’è magari un progetto, un’iniziativa, una legge particolare su cui puntare?

«Con il presidente del Consiglio condivideremo prima di tutto quello che emergerà dai giorni del Festival e ribadiremo quelle che sono le richieste che il mondo del terzo settore porta avanti da anni. Quella del Cnv non è solo né tanto un’opera corporativa di rivendicazione di singoli punti programmatici. Non difendiamo gli interessi di una corporazione dal nome “volontariato”, ma lavoriamo per diffondere la cultura della gratuità, della solidarietà, della generosità in tutto il Paese. Per questo prima di tutto al presidente del Consiglio, che conosce in profondità il terzo settore e le sue problematiche, racconteremo quello che continuiamo ad essere e rappresentare per l’Italia. Da questo dialogo può e deve nascere una maggiore attenzione da parte del governo a questo mondo».