Toscana

Piano sociale, attenti alla cittadinanza bonsai

DI SIMONE PITOSSIValorizzazione della famiglia, riconoscimento della natalità e dei diritti dei minori, interventi per gli anziani , azioni contro la povertà, interventi per l’handicap e per gli immigrati. Questi e tanti altri ancora gli obiettivi che si pongono le linee guida per la formazione del Piano integrato sociale regionale (Pisr) già approvate dal Consiglio. Per discutere di come trasformare in realtà questi principi e delle opportunità da cogliere da parte del mondo ecclesiale l’Osservatorio giuridico legislativo della Cet ha organizzato, mercoledì scorso, un incontro a Firenze. Presenti molte delle associazioni che operano nel campo sociale. C’erano le Misericordie e le Caritas, erano rappresentati gli uffici per la pastorale sociale e del lavoro e quelli per la pastorale sanitaria, c’erano alcuni reponsabili di opere e servizi collegati alla Chiesa quali fondazioni, istituti religiosi e cooperative sociali.

L’illustrazione del Pisr è toccata a Tiziano Vecchiato, direttore scientifico della Fondazione Zancan. All’incontro – presieduto dal vescovo delegato mons. Gastone Simoni, moderato dal direttore di TOSCANAoggi Alberto Migone e coordinato dal direttore dell’Osservatorio mons. Antonio Cecconi – ha partecipato anche Alessandro Martini, vicesindaco del Comune di Sesto Fiorentino.

«Le linee guida del Piano sociale integrato regionale – osserva Tiziano Vecchiato – definiscono quelli che sono i pilastri fondamentali del nuovo sistema di welfare. Non è nuovo nella sostanza perché da sempre la Toscana investe in una cittadinanza sociale responsabile e in particolare una grande accelerazione è stata data dalla legge 72 del 97. Proprio in ragione di questo capitale di cultura e poi anche di risposte e di risorse che via via si sono sviluppate sul territorio le linee guida danno ulteriori traguardi di crescita di un sistema di welfare regionale basato su livelli essenziali di assistenza e di cittadinanza sociale indicando poi anche i percorsi». Ma ci sono ancora ampi margini di manovra per poter lavorare sul Piano. «In questa fase – continua – alle linee guida dovrà seguire e sta seguendo una eleborazione del nuovo Piano regionale che è strettamente collegato al Piano sanitario appena approvato. Questa è un’unica azione programmatoria. È importante quindi che il mondo della solidarietà e il mondo ecclesiali partecipino a questa fase cosicché la programmazione si arricchisca dei diversi punti di vista. È questa la stagione di una programmazione partecipata nuova e va agita responsabilmente».

Le conclusioni dell’incontro spettano a mons. Antonio Cecconi. «Importante – sottolinea – è aver preso consapevolezza che le future strutture dei servizi alla persona integreranno in maniera sempre più organica il sanitario e il sociale. Queste strutture verranno strutturate sul territorio e non le faranno da sola l’istituzione pubblica ma verranno coinvolte tutte le forze della solidarietà. E su questo terreno il mondo ecclesiale ha molto frecce al suo arco. Ci sono infatti presenze tradizionali, presenze nuove di vario tipo dal volontariato alle cooperative sociali, alle fondazioni storiche».

Ma per fare tutto ciò il mondo ecclesiale deve interagire. «Come Chiesa – spiega mons. Cecconi – bisogna sempre più unire le forze non tanto per fare lobby ma per essere armonicamente una componente della costruzione di questo modello di welfare toscano che mira al bene comune di tutti i cittadini. Si sente spesso parlare in maniera allarmata di crescenti bisogni, dell’aumento del numero degli anziani, della maggiore aspettativa di vita dei disabili, delle nuove possibilità di cura che allungano la vita. E la riposta che viene data è questa: non ce la faremo a rispondere a questi bisogni, dovremo tagliare qualcosa. L’orizzonte deve essere diverso: ci sono nuove problematiche, ma ci sono anche nuove metodologie che danno speranza a tante persone che prima non l’avevano. Tutto ciò chiede un surplus di solidarietà. Anche nel Piano sociale si parla di carta dei diritti ma affinché i diritti non diventino fonte di frustrazione nei confronti di coloro che non li vedono esauditi è necessario coltivare una cultura dei doveri, cioè una cultura del bene comune».

Proprio a questo proposito Vecchiato ha sottolineato che è necessario evitare che la «cittadinanza diventi un “bonsai” dove i diritti vegono tagliati e ridotti proprio a partire dai soggetti deboli». «Oggi possono essere gli anziani – ha concluso – domani potrebbero essere i disabili e poi avanti di questo passo potrebbe diventare difficili stabilire il confine».

Infine l’Osservatorio della Conferenza episcopale toscana chiede che nel Piano sociale «all’interno della grande famiglia del Terzo settore venga distinto il volontariato dall’impresa sociale. «L’impresa sociale – spiega il direttore dell’Osservatorio – si organizza attraverso persone regolate da un normale contratto di lavoro per erogare servizi non perseguendo fini di lucro e partendo da motivazioni solidaristiche. Il volontariato è e deve restare il servizio gratuito che delle persone danno per migliorare la qualità della vita delle altre persone, per renderle più consapevoli dei loro diritti, per accompagnarle dove non arriverebbero da sole». Insomma questo mondo sta cambiando pelle. «Cresce l’idea – conclude mons. Cecconi – di un volontariato capace di fare l’“avvocato” dei poveri, di far sì che le persone abbiano maggiori opportunità. Se il volontariato si muoverà in questo senso potrà diventare il soggetto che di fronte ai servizi resi, di fronte ai piani elaborati dalla Regione potrà valutare il tipo di risultati e di risposte date ai bisogni del territorio e delle persone».

Il Pisr punto per punto• INTEGRATOSi definisce «integrato» sia con riferimento alla sanità (non è un caso che le sue «linee guida» siano state approvate insieme al nuovo Piano Sanitario 2002-2004) sia per quanto riguarda i rapporti con l’insieme delle politiche che incidono sulla qualità della vita dei cittadini (abitazione, formazione, lavoro). È il Piano Integrato Sociale Regionale (Pisr) che l’assessore Angelo Passaleva sta completando in vista della approvazione in Giunta e del varo definitivo in Consiglio. • TRIENNALELa durata – triennale – del Pisr è identica a quella del Piano Sanitario mentre gli obiettivi specifici sono articolati su due livelli: il primo riguarda l’efficacia degli interventi sui bisogni dei cittadini, il secondo attiene alla qualificazione del sistema di offerta. • MODELLO TOSCANOCon il suo Pisr la Regione Toscana intende riaffermare un sistema «a rete» nel quale la protezione sociale sia garantita dalla partecipazione di tutti i soggetti: pubblici, privati, del privato sociale. Il principio è quello, molto caro alla dottrina sociale della Chiesa, della «welfare community» in modo da rafforzare solidarietà e sussidiarietà, universalità e giustizia. È il modello toscano, caratterizzato da una natura «solidaristica e universalistica». • OBIETTIVILe «linee guida» evidenziano ciò che ci si deve attendere dal PISR: valorizzazione delle responsabilità familiari, riconoscimento della natalità e dei diritti dei minori, interventi per le persone anziane , azioni di contrasto della povertà, interventi per favorire l’inclusione delle fasce più deboli, interventi per l’handicap (con particolare attenzione per le forme gravi), per gli immigrati, per le dipendenze, per i soggetti sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria. In ciascun settore il Pisr indica obiettivi e risultati attesi, ruolo degli enti locali e della comunità, rapporti con il volontariato, politiche fiscali e tariffarie. • INDICAZIONINavigando fra le «linee guida» si scoprono ulteriori indicazioni: la sperimentazione di mutualità integrativa nell’assistenza socio–sanitaria; un’attenzione particolare alla qualità dei servizi erogati; la scelta verso specifici strumenti di tutela e partecipazione dei cittadini (le «carte di cittadinanza»); l’importanza della comunicazione sociale; l’individuazione di nuovi profili professionali; la sinergia con il sistema delle università toscane.