Toscana

Profughi, cristiani poco solidali

DI GIANNI ROSSI«La guerra in Afghanistan sta segnando un grande passo indietro da parte della Chiesa sulla cultura della pace». Monsignor Giuseppe Pasini non ha timori nel dire pubblicamente quello che pensa da tempo. L’ex direttore della Caritas italiana e attuale presidente della Fondazione «Zancan» è una delle personalità più ascoltate del mondo della solidarietà in Italia. Sabato 2 dicembre era a Prato per il seminario organizzato dalla diocesi in occasione del venticinquesimo della locale Caritas.

«Negli ultimi anni la comunità cristiana – spiega Pasini – aveva gradualmente acquisito la consapevolezza che la guerra è sempre sbagliata. Ora, invece, dopo i fatti dell’11 settembre, si tende a giustificarla, anche moralmente. Questo è inaccettabile nella logica del Vangelo».

Terminato il seminario, che affrontava il tema «Domenica e carità», lo abbiamo avvicinato per qualche domanda. Pasini non cerca giri di parole: «Assistiamo ad una pericoloso divaricazione tra i messaggi del Papa e quelli che provengono invece da altre fonti della comunità cristiana. Il Papa si è fatto ancora una volta voce profetica; le altre fonti, invece, sono per giustificare pienamente l’intervento militare».

Il riferimento, per quanto velato, è ad alti esponenti della gerarchia. Per Pasini anche molti cristiani «pensanti», come li chiama lui, si sono lasciati subito assorbire dal contesto politico e culturale che si è venuto a creare dopo gli attentati negli Stati Uniti. Davanti ad un fronte compatto e trasversale di interventisti, molti cristiani non se la sono sentiti di andare controcorrente.

E allora forse non è un caso che anche la mobilitazione della solidarietà – che in altri casi è stata larga e spontanea – nel caso dell’Afghanistan non si sia praticamente vista. Ne sono sintomo evidente le raccolte in favore dei profughi della guerra, che ovunque stanno avendo ben poco successo. Due anni fa, per la guerra in Kosovo, la risposta fu ben diversa. Per l’Afghanistan invece no.

«Probabilmente – afferma Pasini – la gente è un po’ satura di raccolte e così gli appelli rischiano di essere logori. Ma credo che il problema sia un altro: l’opinione pubblica dominante ha più o meno subdolamente convinto tutti che occorreva fermare il terrorismo in tutti i modi, facendo passare in secondo piano tutto il resto». Per Pasini la recente strage nel carcere di Mazar-e-Sharif, consumatasi nell’indifferenza dei contingenti europei e dell’opinione pubblica internazionale, è la conferma più evidente di questo atteggiamento.

«Tutta l’attenzione – prosegue il presidente della “Zancan” – è concentrata sul nemico da combattere. Come combatterlo e cosa succede intorno non interessa». In fondo c’è un altro ragionamento che la gente è portata a fare: «Si spendono miliardi per la guerra, cosa andiamo a spendere altri soldi? La contraddizione tra il distruggere per ricostruire appare chiara a tutti, che lo si voglia o no». Così la distinzione, tanto sbandierata, tra il lancio di bombe ai terroristi e aiuti alla popolazione, resta solo sulla carta.

E così, tra gli effetti del crollo delle Torri gemelle, Pasini parla anche dei cristiani che sono diventati un po’ machiavellici: «Non ci si pone più il problema se il fine giustifica i mezzi».