Toscana

#Renzirispettiilsindacato: dalla Cisl di Pisa una lettera al presidente della Repubblica Napolitano

Parte da un sindacato di una provincia di medie dimensioni – la Cisl di Pisa conta circa 25mila iscritti –  una singolare iniziativa per restituire luce ad un servizio, quello del sindacalista, divenuto forse scomodo e per questo attaccato.

«Lo confessiamo – si legge nella missiva scritta a 44 mani (tante quelle dei membri dell’esecutivo della Cisl di Pisa) – molti di noi, quando abbiamo firmato per la prima volta un contratto di lavoro, in un’azienda piccola o grande, pubblica o privata, nemmeno sapevamo cosa fosse un sindacato. E forse anche immaginavamo che se ne potesse fare a meno. Accarezzavamo l’idea di luoghi di lavoro in cui il dipendente è percepito come collaboratore dal suo datore di lavoro, rispettato, sostenuto nelle fasi difficili della vita. Coltivavamo la convinzione che le regole di ingaggio per questo o quel posto di lavoro fossero chiare e trasparenti. Ci pareva naturale che in Italia un giovane, completati gli studi, potessespendere le competenze acquisite al servizio della comunità. E che un anziano, dopo aver lavorato per molti anni, potesse godere di una equa pensione.

Ci sbagliavamo. Quando abbiamo fatto il salto della staccionata e abbiamo messo piede per la prima volta nella sede del sindacato, abbiamo incontrato decine di uomini e donne, giovani ed anziani, che ci hanno fatto toccare con mano una realtà diversa.

Donne costrette a dimissioni in bianco, che sarebbero scattate all’annuncio della prima gravidanza. Uomini pagati al nero, al servizio – a loro rischio e pericolo – di questo o quell’imprenditore. Oppure sottopagati, oppure vessati fino alle dimissioni. O ancora impossibilitati a lasciare il lavoro quando un loro caro era in pericolo di vita.

Quando oggi il ministro della pubblica amministrazione annuncia il taglio del 50% dei permessi sindacali, alimenta nell’opinione pubblica la percezione di sindacalisti inerti. Mentre le scriviamo questa lettera, al piano inferiore del nostro palazzo, uno stuolo di insegnanti attende pazientemente il suo turno per chiedere consulenza alla nostra sindacalista, sposata e madre di tre figli: ha avuto il taglio del 50% dei permessi sindacali, ma continua a prestar servizio fino al tardo pomeriggio trottando tra tutte le sedi della provincia, riservandosi nelle ore successive l’insegnamento in una scuola serale. Come lei, le assicuriamo, molti colleghi di altri settori girano da mattina a sera su tutto il territorio provinciale, trattano fino a notte tarda con gli imprenditori, rubano tempo a loro stessi e alla loro famiglia. Per costruire una società più giusta».

Il segretario provinciale Gianluca Federici, a dimostrazione di questo, ha raccontato la storia di alcuni sindacalisti che dedicano la loro vita al sindacato. Come Vittorio Salsedo, 58 anni, sposato e padre di tre figli, dipendente di Camp Darby e segretario di Fisascat, protagonista di estenuanti trattative con aziende del territorio, andate avanti «anche oltre dodici ore fino a tarda sera senza interruzione di sorta». Una, storica, con i vertici dei comandi americani «conclusa  alle quattro del mattino». O della sua collega Claudia Vargiu, 42 anni, sposata e madre di un figlioche negli scorsi anni fu urtata a Camp Darby da una jeep il cui conducente intendeva farsi largo tra i manifestanti. Gabriello Cima, 64 anni, sposato e padre di due figli, è da pochi mesi il nuovo segretario dei pensionati della Cisl. Già dipendente della Piaggio di Pontedera, ricorda una trattativa record di 72 ore a Roma con i vertici della Piaggio insieme a tutti i colleghi della Rsu («allora ministro del lavoro era Pierluigi Bersani»): «il lavoro del sindacalista? Non ha orari – commenta Gabriello Cima – il nostro servizio va ben al di là dei permessi sindacali».