Toscana

Strage di Stazzema, dopo 61 anni dieci ergastoli

Dopo 61 anni è arrivato il conto della giustizia per la strage di Sant’Anna di Stazzema, dove il 12 agosto 1944 furono trucidati dalle SS della 16/a Divisione Panzergrenadier 560 civili inermi, tra i quali 116 bambini sotto i dieci anni. I dieci tedeschi imputati, tutti contumaci, sono stati condannati all’ergastolo. Hanno dagli 82 agli 86 anni, risiedono in Germania e probabilmente non sconteranno mai la pena. Ma il significato simbolico della sentenza del tribunale militare della Spezia è grande. «Tutti gli imputati contumaci – ha esordito il presidente del tribunale, Francesco Ufilugelli – sono stati giudicati colpevoli…». La gente di Sant’Anna, il popolo dei superstiti, dei familiari delle vittime, ha trattenuto il fiato: «Il tribunale condanna Ludwig Goering, Ludwig Sonntag, Gerard Sommer, Alfred Schoneberg, Alfred Concina, Karl Gropler, Horst Richter, Werner Bruss, Georg Rauch, Heinrich Schendel …». I nomi dei soldati, dei sottufficiali, dell’unico sottotenente, Sommer, sono risuonati ancora una volta nell’aula: «Per tutti – è andato avanti Ufilugelli – sono state ritenute sussistenti le aggravanti contestate, e per il solo Goering l’attenuante 58 comma 1. La condanna è all’ergastolo, e al pagamento delle spese processuali, e dei risarcimenti…». Il dispositivo è andato avanti nei dettagli, mentre la gente si guardava con gli occhi spalancati. Gli imputati sono stati condannati al pagamento in solido anche dei risarcimenti: 6.202 euro alla presidenza del consiglio dei ministri, 9.730 euro alla Regione Toscana, 9.730 alla Provincia di Lucca, 15.162 al Comune di Stazzema, 4.000 euro a Maria Augusta Baldassari, 4.000 euro a Giampaolo Baldassari, 4.000 euro ad Antonio Augusto Baldassari. Schoneberg, Sommer e Sonntag sono stati condannati a risarcire in solido anche Ilde e Alice Guadagnucci: 2.452 euro a ciascuna. Bruss, Rauch e Schendel, sono stati condannati a risarcire anche le spese sostenute – per il primo proscioglimento in base al giudizio di non luogo a procedere – dalle parti civili: 1.551 euro alla Regione Toscana, 1.551 euro alla Provincia di Lucca, 2.643 euro al Comune di Stazzema. In aula, appena il giudice Ufilugelli, con la voce velata dall’emozione, ha concluso la lettura del dispositivo, è scoppiato un applauso liberatorio, da parte della folla dei parenti delle vittime. Occhi lucidi, sguardi increduli, la gente si è abbracciata con commozione, piangendo senza pudore: «Oggi qui in aula con noi ci sono anche quei 560 morti», hanno commentato, stringendosi l’un l’altro come fossero finalmente usciti da un lunghissimo incubo. «Avevo sette anni appena, e riuscii a salvarmi sfilando davanti al lanciafiamme, ma quanti non ce l’hanno fatta…» ha mormorato, affranto e al tempo stesso soddisfatto della sentenza, Renato Bonucelli, che oggi ha 68 anni, ed è uno dei superstiti più giovani. «Dopo 61 anni abbiamo avuto giustizia. Non volevamo vendetta, ma solo giustizia. Fu una strage premeditata». Questo il primo commento del sindaco di Sant’Anna di Stazzema, Michele Sillicani , alla lettura della sentenza. Espressa gratitudine, a nome del comune di Stazzema, al tribunale della Spezia, al pubblico ministero Marco De Paolis e agli avvocati difensori, Sillicani ha detto: «Oggi è stata una giornata estenuante. Dopo 61 anni abbiamo avuto giustizia». «Era stata una strage premeditata – ha continuato il sindaco – non vogliamo nessuna vendetta, non è con questo spirito che siamo qui. Volevamo giustizia, guardiamo avanti». «Anzi con il governo tedesco stiamo lavorando in modo sinergico – ha detto il sindaco – perché le nuove generazioni mettano alle spalle queste bruttissime esperienze. Dico di più: se avessero fatto in Italia sentenze simili anche per i fascisti e non solo per i nazisti l’Italia sarebbe stata diversa».«È stata resa giustizia, anche se tardiva, alle 560 vittime di S. Anna», ha commentato il presidente della giunta regionale toscana Claudio Martini . «La sentenza, arrivata dopo oltre 60 anni – ha proseguito Martini – rende finalmente giustizia alle 560 vittime di quell’orrendo crimine, ai loro familiari, ai sopravvissuti di una delle stragi più atroci in assoluto di cui si sono macchiati per sempre nazisti e fascisti». Soddisfazione è stata espressa anche dal presidente della Provincia di Lucca Andrea Tagliasacchi e dal vice Antonio Torre hanno espresso. «Siamo soddisfatti per l’esito del processo – commentano Tagliasacchi e Torre – non per spirito di vendetta, ma per amore e dovere di giustizia, seppure resa con colpevole ritardo, verso i familiari, la memoria delle 560 vittime e più in generale per l’accertamento della verità su uno degli eccidi più sanguinosi della seconda Guerra mondiale. L’esito del processo costituisce, inoltre, il riconoscimento del ruolo di parte civile assunto dalle istituzioni, Provincia in primis, in merito ad una strage che ha inciso in maniera forte sull’identità del nostro territorio. Ma questo atto è anche la testimonianza della volontà di trasmettere alle nuove generazioni il senso della moralità e dei valori della resistenza, una sorta di coronamento dell’eredità etica della guerra di liberazione e degli ideali di libertà, giustizia sociale e pace da essa tramandatici». Tagliasacchi e Torre, infine, hanno auspicato che «l’ottimo lavoro svolto dalla Procura militare di La Spezia possa proseguire speditamente per fare luce sugli altri eccidi che hanno insanguinato il nostro territorio».I commenti dei superstiti «Non può esserci riparazione al male, ma poteva esserci giustizia. Posso solo scusarmi, per essere arrivato così tardi, sessant’anni dopo». Anche dopo la vittoria il pubblico ministero Marco De Paolis non è trionfante e continua a mantenere il basso profilo con cui aveva concluso la sua requisitoria: «Se anche la giuria non condividesse la teoria che questo Pm ha perseguito con passione ed impegno, non ci saranno vincitori nè vinti, perché già con questo processo stiamo dando onore ai nostri morti». E adesso?, gli ha chiesto qualcuno. «Adesso sotto con il resto», ha risposto De Paolis, trovando un sorriso: perché il Tribunale militare della Spezia ha sulle spalle il peso di centinaia di indagini rimaste interrotte sessant’anni fa, quando i fascicoli con i nomi dei responsabili delle più gravi stragi naziste vennero sepolti in un armadio romano, oggi noto come armadio della vergogna. Incapace di pronunciare una sola parola è la medaglia d’oro Milena Bernabò : ragazzina, aveva salvato dalla morte tre bambini piccoli, rimasti intrappolati con lei nel rogo della sua casa, bruciata dai nazisti dopo la strage dei genitori, dei parenti. Era riuscita a strisciare fuori, allora. Per sessant’anni ha aspettato il processo, e oggi spalanca gli occhi e tace: «Non so che cosa dire. Sono contenta, sì, ma è una gioia che si vela di dolore, di orrore, perché quanto è accaduto è vivo oggi come allora. Mi spiace, io non riesco a dire davvero di più…». Marisa Pieri, figlia di due superstiti di Sant’Anna, riesce a esprimere un sorriso radioso: «Non c’è gioia che nasce dal dolore, ma siamo soddisfatti. La giustizia è arrivata. Gli imputati per anni hanno vissuto come persone rispettabili. Ora devono pagare. Qui non può esserci perdono, non in un’aula di tribunale. Uccisero donne e bambini. Non fu guerra. Fu strage, senza possibili altre definizioni. Mio padre, morendo, mi disse: non dimenticare mai. Io sono qui per lui, e per mia madre, che ebbero la vita sconvolta da quell’eccidio». Soddisfazione viene espressa dagli avvocati di parte civile: «Dieci ergastoli non ce li aspettavamo nemmeno noi – ammette Giammario Rocchitta, dell’avvocatura dello Stato – È stato giusto così. Siamo felici, oggi, soprattutto per chi ha aspettato sessant’anni, e potrà continuare a credere nella giustizia».

Una giornalista tedesca stringe la mano ad una anziana donna, che ha perduto tutta la famiglia nella strage: «E adesso facciamo giustizia a Stoccarda», le dice. Perché prossimamente, in Germania dovrebbe tenersi un processo analogo a quello appena concluso, a carico degli stessi imputati. «Anche in Germania c’è voglia di fare chiarezza», spiegano in italiano gli inviati. Simbolicamente, il processo di Sant’Anna ha assunto un significato di condanna morale del nazismo. Ma questa interpretazione della sentenza viene contestata dall’avvocato difensore di Gerard Sommer, Andrea Amati, del Foro della Spezia: «Ha vinto un teorema. Sono stati assegnati dieci ergastoli, perché tutti gli imputati in qualche modo appartenevano alla 16/a divisione dei Panzergrenadier SS. Il fatto che fossero del battaglione li ha condannati. Per me questo è un teorema inaccettabile. Ci sarà l’opportunità di impugnare la sentenza in corte d’appello. Consiglierò in questo modo il mio cliente. Gli imputati hanno avuto fiducia nella giustizia italiana, hanno pagato avvocati italiani: il risultato è una sentenza che presenta molti elementi di nullità. Penso sia prevalso l’orientamento emerso nel processo Priebke. Il tribunale ha sempre ragione, ma per la difesa ci saranno spunti per un ricorso».(ANSA).