Toscana

Termovalorizzatore, sì o no? A Campi Bisenzio si vota

di Riccardo Bigi

Termovalorizzatore, sì o no? Questa domenica i cittadini di Campi Bisenzio, alle porte di Firenze, sono chiamati a esprimere il loro parere in un referendum sulla costruzione dell’impianto che, di qui a qualche anno, dovrebbe risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti per tutta la provincia fiorentina. Un referendum che, per la verità, non sembra avere valore decisivo: primo, perché non ha carattere istituzionale ma solo di consultazione informale. E poi perché il territorio su cui l’impianto sarebbe costruito (la zona di Case Passerini, dove attualmente sorge una discarica) pur essendo molto vicina al centro abitato di Campi, in realtà fa parte del comune di Sesto. Il Presidente della Provincia Matteo Renzi è stato abbastanza chiaro in questo senso: «I nostri referendum si chiamano elezioni, è lì che ci misuriamo con la volontà dei cittadini. Quando ci troviamo di fronte ai problemi poi, come istituzioni, abbiamo due alternative: o continuiamo a discutere all’infinito un problema, oppure scegliamo una soluzione. Sui rifiuti, abbiamo deciso di decidere». E per spiegare le ragioni di questa decisione, la Provincia di Firenze ha realizzato anche una campagna di manifesti che non passano davvero inosservati. Quello affisso in questi giorni mostra due mani alzate che emergono da un liquido scuro, e la frase: «Problema: se ogni famiglia produce 5,7 kg di rifiuti al giorno e solo il 50% è riciclabile, tra quanto tempo saremo nella cacca?» Il messaggio è chiaro: il termovalorizzatore come soluzione finale di un problema, quello dei rifiuti, che pur aumentando al massimo la raccolta differenziata, alla fine richiederà sempre una qualche forma di smaltimento.

Dall’altra parte, la vicenda del termovalorizzatore vede attivi ormai da alcuni anni i Comitati cittadini che manifestano la loro contrarietà alla costruzione di un impianto simile nella Piana fiorentina, una vasta area già provata a livello di infrastrutture e inquinamento. Sono stati loro a promuovere il referendum, superando tutte le difficoltà legali e burocratiche. «Un termovalorizzatore nella Piana – dice Franco Galli, portavoce del Comitato per il no – alla luce di tutti gli studi scientifici effettuati, dell’impatto ambientale e paesaggistico e dei problemi che le nano-polveri possono generare sulla salute dell’uomo, può costituire un elemento di pericolosità ambientale. Ci stupisce che dopo la “certificazione” della Procura della Repubblica che la Piana fiorentina è malata di smog e inquinamento, le istituzioni continuino a pensare all’inceneritore». Sulla questione si è costituito addirittura un comitato di «Medici per la Salute della Piana», guidato dal dottor Gianluca Garetti, con lo scopo di mettere in guardia dai rischi legati alle emissioni inquinanti che sarebbero portate dal nuovo impianto. «Il nostro – spiega Garetti – è un principio di precauzione: anche su impianti nuovi, come sarebbe quello di Case Passerini, non ci sono studi che dimostrino la non tossicità. Soltanto tra una decina di anni potremo sapere se i metalli pesanti prodotti (cadmio, mercurio, arsenio) e le polveri ultrasottili, che sfuggono ai filtri e finiscono nell’aria che respiriamo, porteranno un aumento di malattie come ictus, ischemie, tumori. Intanto, perché rischiare?» Garetti indica anche vie alternative: «Spingere al massimo la raccolta differenziata, e per i residui secchi non riciclabili prevedere trattamenti a freddo, senza combustione, che non hanno emissioni nocive».

Di parere opposto è Ennio Carnevale, docente al dipartimento di energetica dell’Università di Firenze. «Dobbiamo guardare a paesi più avanzati del nostro, dove impianti di termolavorizzazione di nuova generazione vivono all’interno di grandi città, senza nessun problema. Le nuove tecnologie prevedono un pretrattamento dei rifiuti, e poi varie tecniche per ridurre al minimo le emissioni». Niente a che vedere, ad esempio, con il vecchio inceneritore di San Donnino (poco lontano da Case Passerini) che fu chiuso anche perché ritenuto troppo inquinante: «Era un impianto obsoleto, quelli attuali producono meno inquinamento rispetto al traffico automobilistico o al riscaldamento domestico. È giusto dire che si deve diminuire alla fonte la produzione dei rifiuti, e aumentare al massimo il riciclaggio, ma per quella parte di rifiuti che rimane da smaltire l’impianto di termovalorizzazione è ad oggi la soluzione migliore».

Ambientalisti: «In Toscana ci sono troppi inceneritori»Per un inceneritore, quello di Case Passerini, che fa discutere ma ancora non c’è, in Toscana ce ne sono già altri 19, di varie dimensioni, attivi o in fase di ristrutturazione. Una delle situazioni più «calde» è quella di Montale, in Provincia di Pistoia, per il quale è previsto un amplimento che porterà l’impianto a smaltire 120 tonnellate giornaliere di rifiuti. Proprio la settimana scorsa, una manifestazione di protesta ha bloccato l’ingresso ad alcuni camion di rifiuti. Un ampliamento è previsto anche per gli impianti di San Zeno, in provincia di Arezzo, e di Scarlino, in provincia di Grosseto. In provincia di Pisa, sembra tramontato per ora il progetto di costruire un nuovo termovalorizzatore nella zona di Pontedera, mentre è previsto l’amplimento di quello di Ospedaletto. Tornando in provincia di Firenze, sarà ampliato il termovalorizzatore di Selvapiana, in val di Sieve, mentre vicino a Greve in Chianti l’impianto di gassificazione di Testi, che non ha mai funzionato, dovrebbe essere sostituito da un normale impianto di termovalorizzazione.«Siamo consapevoli – afferma il presidente regionale di Legambiente, Piero Baronti – che per quanto si riducano i rifiuti e si aumenti la raccolta differenziata, gli inceneritori per ora rimangono un “male necessario”. Il numero degli impianti però, in Toscana, deve essere drasticamente ridotto». In questo senso, Legambiente guarda con fiducia alla nuova legge regionale, approvata pochi giorni fa, che divide la Toscana in tre grandi aree (area costiera, area metropolitana Firenze-Prato-Pistoia e area sud, Siena-Arezzo-Grosseto). «Rispetto alla attuale gestione dei rifiuti, organizzata su base provinciale – afferma Baronti – ci dovrebbe essere una semplificazione e una razionalizzazione, evitando la corsa a costruirsi ognuno il proprio impianto».